Sud Sudan, una guerra dimenticata

Con la firma dell’accordo di pace, lo scorso 26 agosto, tra il governo del Sud Sudan e le forze ribelli, si è finalmente ripreso a parlare di questo nuovissimo stato africano staccatosi dal Sudan e riconosciuto ufficialmente il 9 luglio 2011. Si tratta del primo caso di nascita di una nuova nazione, dopo l’Eritrea che si è resa indipendente dall’Etiopia nel 1993.

Da dicembre 2013, il Sud Sudan è stato tuttavia dilaniato da violentissimi scontri nei quali le forze leali al presidente Salva Kiir, di etnia dinka – la più numerosa del paese – si sono contrapposte a quelle fedeli all'ex vicepresidente, Riech Machar, di etnia nuer, esonerato dal suo incarico a causa dei forti contrasti con Kiir. Secondo i rapporti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, oltre un milione di persone sono state sfollate a causa del conflitto e più di 730.000 sono le persone fuggite nei paesi vicini. Solo l’Etiopia accoglie ogni giorno circa 200 profughi.

Dopo il fallimento di almeno otto tentativi di cessate il fuoco, il presidente del Sud Sudan ha quindi firmato, ma con una lunga lista di riserve, l’accordo rifiutato poco più di una settimana prima. Si registrano comunque scontri fortemente condannati dagli Stati Uniti che minacciano sanzioni verso il paese. E le minacce statunitensi hanno il loro peso, visto che già nel 2005 gli Stati Uniti avevano fornito aiuti allo stato africano prima dal suo distacco dalla regione del Nord i cui confini sembrano essere stati disegnati - come afferma ironicamente un giornalista americano - sul “retro di una busta”. Tutto ciò obbligando il Sud, di religione animistica cristiana, a convivere con un nord islamico che fin dall’indipendenza del paese nel1956 aveva tentato la carta dell’arabizzazione e islamizzazione del territorio meridionale. Una situazione di scontri che paiono finire nel 2005, quando vengono firmati gli accordi di pace tra il governo di Khartoum (il governo sudanese), e il Sudan People’s Liberation Army, che sarebbe diventato poi l’esercito del nuovo stato sud sudanese. Il territorio ottiene anche un’autonomia regionale e la possibilità di indire un referendum per decidere la sua eventuale secessione nel 2011. E così è stato. A gennaio 2011 ha stravinto l’opzione della secessione, sancita poi il 9 luglio 2011 con la nascita del nuovo stato.

I problemi di questo giovane stato non sono finiti con quest’ultimo accordo di pace. Pur essendo ricco di pozzi petroliferi, rimane infatti uno dei paesi meno sviluppati dell’Africa (in parte perché le tensioni con il Sudan rimangono ancora alte). Il Sud Sudan dipende infatti dalle strutture del nord per la commercializzazione del suo greggio e la controversia tra i due stati riguarda la spartizione dei profitti del petrolio, controversia che ha addirittura costretto per un periodo il Sud Sudan a rinunciare agli introiti del petrolio, aggravando notevolmente una situazione economica nazionale già molto grave.

A questi contrasti si aggiungono i numerosi scontri a carattere per lo più etnico presenti nelle zone di confine. Non dimentichiamo la tragedia del Darfur che ha visto contrapposti un gruppo di miliziani islamici, reclutati fra i membri delle locali tribù nomadi, e la popolazione della regione principalmente dedita all'agricoltura. Il governo sudanese, pur negando pubblicamente di supportare i miliziani, ha dato un sostanzioso supporto alle loro attività sfociata in massacri di massa e violenze di ogni tipo.

C’è poi il conflitto che si sta consumando nella regione delle montagne Nuba, nel Kordofan del Sud, dove l’esercito del Sudan sta bombardando la popolazione e impedisce agli aiuti di raggiungere le persone sfollate che si trovano in una situazione disperata. I monti Nuba sono geograficamente nel Nord, quindi sotto la giurisdizione di Khartoum, ma durante la guerra che ha opposto il regime del Nord alla guerriglia del Sud, la popolazione si è schierata con la guerriglia. Questa popolazione, largamente cristiana, è conosciuta nel mondo grazie alle fotografie della tedesca Leni Riefensthal che soggiornò per più di quindici anni nella terra dei Nuba, immortalati in tre libri e molti metri di pellicola.

È quindi innegabile che il ritorno “alla calma” nel giovanissimo paese africano sia di grande interesse per tutti, indipendentemente da eventuali interessi economici che paesi più sviluppati possono ricavare, ed è altrettanto fuori discussione che possa dare per ora un minimo di stabilità a questo territorio africano.

Danielle Maion