Sousse considerata “vivaio” tunisino di volontari jihadisti

Uno degli attentatori della spiaggia di Sousse sarebbe uno studente tunisino incensurato. Secondo la rete satellitare Al-Jazeera, fonte decisamente autorevole quando si parla di mondo arabo e di nord Africa, il fascino  di Sousse città turistica tunisina nasconderebbe un'altra realtà ben più minacciosa: La città visitata da un milione di turisti l'anno, è anche una fonte di combattenti che vanno in Siria e Iraq. L'emittente ha ritrasmesso un suo servizio dell'anno scorso, che riporta dati ufficiali sui circa 3.000 tunisini che combattono con i jihadisti, un migliaio sarebbero proprio di Sousse. Infatti la Tunisia è il paese che finora ha fornito il più alto numero di 'foreign fighters' al sedicente Stato islamico e molti di loro sono originari proprio di Sousse.
Il servizio riportava testimonianze secondo cui a Sousse si sentono spesso storie di giovani che hanno aderito al "jihad" in Iraq o più comunemente in Siria.
All'interno di Sousse, quartieri specifici come Al Qalaa Al Kubra ("The Castle Grand"), Al Riyadh, Al Shabab e Hamam Soussa in realtà sono serbatoi di reclutamento per il flusso di potenziali combattenti, come anche alcune località come Herkalion, Sidi Abdelhamid, alcuni vengono individuati dalle autorità e arrestati prima di poter lasciare, e finiscono detenuti, ma la maggior parte riescono a partire ed evidentemente a volte.....ritornano. Questi volontari di Sousse, la maggioranza dei quali sono tra i 20 ei 30 anni di età, tendono a provenire dai quartieri popolari della città, zone note non solo per la loro povertà, ma per la loro privazione di istruzione, emarginazione sociale, ma, soprattutto, la mancanza di qualsiasi istituto di istruzione religiosa.
Questi quartieri sono stati in passati veri focolai di violenza tra i giovani islamisti e le autorità statali, basti ricordare la presa della stazione di polizia del Sud Sousse nel 2012, in cui due giovani salafiti sono stati uccisi, e un attentato suicida l'anno scorso. Anche i residenti di quei quartieri confermano la narrazione di gruppi di sei o sette giovani che scompaiono da una specifica zona che si riferisce ad una specifica moschea, le famiglie li cercano e poi giorni dopo scoprono che sono andati in Siria e in Iraq.
Tale fenomeno hanno messo in luce quello che un analista ha descritto come un “network” di giovani sparsi in città tunisine su qui i leader dei gruppi "jihadisti" possono contare nelle loro battaglie contro gli stranieri. Il metodo di reclutamento è basato sulla "retorica religiosa che combina prediche con storie sulla sofferenza dei musulmani di tutto il mondo" e le responsabilità occidentali in questo. Internet ovviamente è la principale fonte di queste “prediche”. A riprova di questo la Tv panaraba cita il caso narrato da Noureddine Belaid, un avvocato tunisino che racconta la storia del suo fratello minore 29enne che si è unito allo Stato Islamico nella città siriana di Raqqa nel mese di giugno del 2014. “La vita sociale di mio fratello non era eccezionale, spiega, l'avvocato. La maggior parte dei suoi amici non erano neppure religiosi” sono convinto, ha spiegato Belaid che mio fratello minore deve essere stato influenzato principalmente attraverso internet. "Poco prima di partire, è stato incollato allo schermo del suo computer."
La modalità di viaggio più comune è per questi giovani è volare dritto dalla Tunisia alla Turchia, paese in cui si può arrivare senza visto, prima di entrare in territorio siriano e iracheno.
Alcuni altri trascorrono anche lunghi periodi di tempo in fase di formazione militare in Libia prima di proseguire i loro viaggi verso Siria e Iraq. Ora è probabile che alcuni di quei giovani possano essere stati rispediti a casa in missione, o che ad alcuni non ancora partirti siaano stateasegnate missioni suicide in patria.