Siria, colpiti soldati turchi a Idlib, 33 i morti. Ankara si appella alla Nato e minaccia: “Non fermeremo più i migranti verso lʼEuropa”

Non solo di coravirus si muore nel mondo. Altissima tensione tra Siria e Turchia dopo un devastante raid aereo, che Ankara attribuisce all'esercito di Bashar al Assad, ha provocato la morte di 33 soldati turchi a Idlib. L'Onu ha lanciato l'allarme: "Si rischia l'escalation" dato che la Turchia ha già risposto sul territorio siriano lanciando razzi contro convogli governativi siriani e minaccia di non bloccare più i flussi migratori verso l'Europa.
"La comunità internazionale deve agire per proteggere i civili e imporre una no-fly zone" sulla regione di Idlib nel nord-ovest della Siria. Lo scrive su Twitter il capo della comunicazione della presidenza turca, Fahrettin Altun. "Una ripetizione dei genocidi del passato come in Ruanda e Bosnia non può essere permessa a Idlib", ha aggiunto. "Abbiamo risposto e continueremo a rispondere" agli attacchi contro i soldati turchi e i civili, ha detto Altun. "Milioni di civili vengono bombardati da mesi dal cielo. Le infrastrutture, comprese scuole e ospedali, vengono prese di mira sistematicamente dal regime. Un genocidio sta avvenendo lentamente sotto i nostri occhi", ha concluso.
Tace ovviamente che pochi mesi fa sono stati proprio i turchi ad avanzare militarmente in quei territori. Ma non si fermano ai tweet le richieste di Ankara che ha chiesto la convocazione del Consiglio del Nord Atlantico per avviare consultazioni sulla situazione in Siria, ai sensi dell'articolo 4 del Trattato di Washington. In base a tale articolo ogni alleato può richiedere consultazioni ogni volta che, a giudizio di uno di essi, ritenga sussistere una minaccia alla propria integrità territoriale, indipendenza politica o sicurezza.
A far scattare la richiesta turca è stato proprio l'attacco avvenuto giovedì sera a Idlib, la regione del nord-ovest della Siria dove in realtà da settimane sono in corso duri scontri tra le forze governative appoggiate dalla Russia e le milizie ribelli sostenute dalla Turchia. Un raid aereo che, come accennato in apertura, Ankara attribuisce all'esercito di Bashar al Assad ha provocato la morte di almeno 33 soldati turchi. Ma il bilancio potrebbe rivelarsi molto più grave, perché numerosi sono i militari portati d'urgenza negli ospedali turchi appena oltre il confine con ferite gravissime.
La reazione militare turca non si è fatta attendere, truppe di terra hanno lanciato diversi missili terra-terra contro un convoglio militare governativo siriano e miliziani lealisti nel nord-ovest del Paese. Intanto non è passato inosservato agli analisti della difesa che due fregate russe, la Ammiraglio Makarov e la Ammiraglio Grigorovich stanno entrando nel Mediterraneo "attraverso gli stretti turchi del Bosforo e del Dardanelli" e "si uniranno alla task force della Marina russa permanentemente di stanza nel Mediterraneo". L'annuncio è stato fatto da Aleksey Rulev, il portavoce della flotta russa sul Mar Nero, a cui appartengono le due fregate. Le due navi hanno in passato preso parte alle operazioni militari russe in Siria.
Dal canto loro gli Stati Uniti chiedono alla Siria e alla Russia di fermare "l'odiosa offensiva" contro le forze turche. "Noi siamo con il nostro alleato della Nato, la Turchia, e la sosterremo", ha affermato un portavoce del dipartimento di Stato statunitense. Che la situazione a Idlib sia gravissima e fuori controllo lo riferisce anche l'Ufficio Onu per il coordinamento umanitario (Ocha) nel suo ultimo aggiornamento sulla situazione nella martoriata regione stretta tra l'offensiva russo-governativa e il confine turco. Ocha spiega, infatti, che gli sfollati dal primo dicembre a oggi sono 948mila. E che di questi 569mila sono minori, 195mila sono donne. Donne e bambini compongono l'81% dell'intera comunità di sfollati siriani a Idlib.