Si riacutizza la crisi in Burundi

Mentre gli occhi sono puntati sullo Zimbawe per commentare l’uccisione del leone Cecil, ignorando la situazione del paese che ha visto la rielezione del presidente Robert Mugabe, in carica da ben 28 anni e i cui crimini riempiono i rapporti di Amnesty International, la situazione del piccolo stato del Burundi, considerato il più povero al mondo, sta per precipitare. Il clima di questi ultimi tre mesi è stato caratterizzato da numerose proteste e scontri che hanno fatto seguito alla candidatura per un terzo mandato presidenziale dell’uscente Pierre Nkurunziza. La presidenza se l’è portata a casa ma le elezioni sono state fortemente contestate da più fronti.
A sorpresa la nomina alla vice presidenza dell’Assemblea Nazionale di Agathon Rwasa, leader dell’opposizione, nonché uno dei fautori del boicottaggio dell’appuntamento elettorale. Rwasa dichiara di avere deciso di fare parte del governo perché aveva invano contato sull’intervento delle comunità internazionali per cambiare le carte in tavola e quindi cambiare il processo elettorale. “Qualunque siano state le condizioni in cui si sono svolte le elezioni – ha dichiarato – bisogna occupare seggi nell’Assemblea Nazionale per evitare che vadano a chi non li merita”. Rwasa è convinto che all’interno dell’Assemblea possa dialogare meglio con il partito al potere. Di dialogo parla anche l’accordo raggiunto dall’opposizione burundese durante un summit di due giorni tenutosi ad Addis Abeba in Etiopia. In quell’occasione è stata costituita una grande coalizione (CNARED) con a capo lo storico oppositore di Nkurunziza, Leonard Nyangoma, ora in esilio.
Il dopo elezioni è stato quindi all’insegna del dialogo e della negoziazione, ma l’uccisione nella capitale Bujumbura  domenica 2 agosto del generale Adolphe Nshimirimana ( nella foto) , a capo del servizio informazioni nazionale (SNR) e braccio destro del presidente, ha fatto decisamente precipitare la situazione. Nshimirimana faceva parte dei ribelli hutu durante la guerra civile ed era diventato capo di stato maggiore del movimento ribelle CNDD-FDD, passato poi partito politico nel 2003. Era sospettato di avere preso parte a numerosi crimini, tra cui il triplice assassinio nel 2014 delle suore italiane del convento del quartiere Kamenge della capitale, completamente sotto il suo controllo.
Dito inevitabilmente puntato contro le forze di opposizione considerate  mandante dell’assassinio di Nshimirimana, ma fonti non ufficiali parlano anche di dissensi, sorti nelle ultime settimane, tra il Generale e il Presidente. Stupisce un po’ il fatto che il generale sia stato colpito proprio nel suo feudo e che qualcuno abbia potuto entrarci armato. Il presidente Nkurunziza durante un discorso rivolto alla nazione ha richiamato alla calma “per non cadere nella trappola della vendetta, ciò che i nemici della pace sperano”. Ha anche precisato che entro una settimana gli aguzzini di Nshimirimana saranno presi. Parole che vorrebbero essere rassicuranti ma  negate parzialmente  dai fatti. Erano da subito scattate perquisizioni nel quartiere vicino all’attentato, cui sono seguiti arresti, tra cui quelli di giornalisti di RFI e AFP, rilasciati dopo essere stati malmenati. Per tutta la notte di domenica sono stati sentiti colpi da fuoco nella capitale di Bujumbura e tre poliziotti sono stati uccisi nella provincia di Chibitoke, nel nordovest del paese. Intanto l’Unione Europea vuole richiamare il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, a fare da mediatore in Burundi, anche se il suo precedente intervento non aveva avuto successo visto fra l'altro che Museveni non rappresenta certamente un interlocutore affidabile vista la sua trentennale presidenza.

Danielle Maion