Sfida a colpi di stragi tra l’Isis e Al Qaeda

Covava sotto la cenere del risiko jihadista la sfida fra le due ‘anime’ del terrore, l’Isis di Al Baghdadi e Al Qaeda dell’erede di bin Laden, il medico egiziano Zawahiri. Il massacro a Sana’a, capitale dello Yemen (150 morti in 3 attacchi contro moschee sciite) ha reso ufficiale il contrasto e dichiarato aperto il confronto non soltanto per il potere nella galassia islamica, ma anche l’irriducibile odio fra le due ‘anime’ della stessa religione, la sciita sostenuta dall’Iran e Al Qaeda e la sunnita cui si appoggiano invece l’Iraq e i tagliagole. E’ come se fra noi cristiani i cattolici facessero la guerra contro i luterani o viceversa. Soltanto per l’attentato a Parigi si è avuta la prova di un’azione comune. Infatti anche le tattiche sono diverse: indiscriminati gli attentati ordinati dal Califfato, selettive le operazioni compiute dagli altri, preoccupati per uno stragismo che uccide più musulmani che ‘infedeli’. Questo dissidio operativo è enfatizzato da quello ideologico. Lo si è visto chiaramente nello spaventoso eccidio nello Yemen. L’Isis, che controlla un pezzo di Iraq e un pezzo di Siria, ha fretta. Ha sempre detto: prima il consolidamento, poi l’espansione. E così è riuscito a insediarsi a Mosùl. Ora invece lancia la bomba molto più in là e in anticipo. Ecco l’infiltrazione in Libia (da dove son partiti gli ordini per l’attentato a Tunisi) e l’alleanza con i terroristi nigeriani di Boko Haram , guidati dal grottesco Abubakar Shekau, che gettano in fosse comuni decine di spose-schiave. Se il Califfo vede condizioni propizie colpisce, altrimenti si affida alla propaganda. Rivendica tutto, dal massacro di Tunisi a quello di Sana’a. Un solo messaggio è sufficiente per marcare i confini, i kamikaze uccisi convalidano il coinvolgimento. E la moltiplicazione degli attacchi aiuta a rendere tutto più credibile: il sangue è il sigillo ufficiale della superiorità dell’Isis nella galassia jihadista. Le stragi servono a spazzare via nemici, creano odio, divisioni settarie che sono funzionali ai suoi progetti integralisti. Bagni di sangue che i capi cercano poi di usare per raccogliere consensi e reclute tra quanti condividono il piano distruttivo. Ma l’attacco multiplo alle moschee yemenite è stato talmente orrendo da indurre Al Qaeda a prenderne le distanze. L’aspetto sconvolgente è che la tattica del terrore cieco, nel breve termine, funziona e induce altre fazioni all’emulazione. Lo dimostra Boko Haram che non soltanto imita il Califfo, ma ne riconosce anche l’eredità.

Augusto Dell’Angelo

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