Segregazione razziale, Usa ancora nel guado

“La marcia non è finita” ha dovuto ammettere con onestà il Presidente Usa Barack Obama commemorando, accanto al suo predecessore George Bush jr., il giubileo del ‘Bloody Sunday”, la marcia sull’Edmund Pettus Bridge (a Selma, in Alabama, lo Stato più razzista d’America) che segnò la svolta nella battaglia per i diritti civili e contro la segregazione razziale. Ma, ad avvalorare l’amara ammissione di Obama, proprio nello stesso momento in cui lui parlava, a Madison (Wisconsin) era ucciso da un poliziotto un ragazzo nero di 19 anni, disarmato. L’ennesimo episodio in poche settimane, sempre con vittime di colore. Era toccato anche a un dodicenne ‘armato’ di una pistola-giocattolo in un parco di Cleveland , a un ragazzo nel Missouri e a un contrabbandiere soffocato da un agente che cercava di bloccarlo. Amara, ma commovente la cerimonia di Selma davanti al ponte sul quale (il 7 marzo 1965) la polizia del governatore dell’Alabama, Wallace, cercò di fermare nel sangue i 600 coraggiosi impegnati nella lotta non violenta dei neri guidati da Martin Luther King. Essendo Barack Obama il primo Presidente afro-asiatico degli Usa, si sperava che la scossa potesse sconfiggere il razzismo. Molti risultati sono stati ottenuti, ma gli episodi ricordati prima dimostrano appunto che c’è ancora molto da fare. Un misto di orgoglio e di indignazione. Gli afro-americani negli States sono poco più di 45 milioni, il 14% dell’intera popolazione (316 milioni). E’ del 20% la percentuale dei neri sopra i 25 anni che hanno una laurea (erano soltanto il 4% ai tempi della marcia di Martin Luther King). Quelli diplomati sono l’84% dei giovani di colore che erano appena il 31% mezzo secolo fa. E’ però del 40% la percentuale dei neri detenuti nel Paese. Dato di segno opposto per il numero dei giocatori che militano nel campionato di football: due terzi del totale sono afro-americani. Nonostante il sangue dei neri che ancora scorre nelle città americane, i due ultimi Presidenti han voluto celebrare gli indubbi progressi e un’integrazione che certi Paesi europei possono soltanto invidiare. Ma in una società che, decennio dopo decennio, è divenuta sempre più complessa e conflittuale, sono gli stessi americani a non percepire tali progressi. Lo dimostra un recente sondaggio della Cnn, secondo il quale soltanto il 15% degli intervistati ammette il miglioramento della situazione dopo l’insediamento di Obama mentre per il 40% le cose vanno addirittura peggio.

Augusto Dell’Angelo

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