Se non c’è Internazionale, non c’è Armata Rossa

2015-09-27 17.12.09Hai ai! Ma che fine ha fatto il mitico coro dell’Armata Rossa? Sì perché quello che abbiamo visto cantare al Politeama Rossetti di Trieste in questo fine settimana, sembrava la sua parodia. E francamente, il sospetto che il presidente Putin ne sia diventato il direttore artistico è grande.
Già, perché sul palcoscenico i segnali della demenziale politica nazionalista del “presidente zarista” sono stati, addirittura, ingombranti. E il più lampante è stato l’assenza assordante e deludente dell’Internazionale! L’aver omesso dal repertorio l’inno dell’utopistica e ormai nostalgica volontà di diffondere la rivoluzione a livello internazionale, missione principe all’origine della formazione canora militare, non è altro che un sintomo dell’epurazione putiniana nell’ottica di ritornare alla Grande Russia degli Zar. E non mi stupirei se, a breve, verrà cassato anche il nome di Armata Rossa per essere sostituito da un banale “Coro dell’esercito Russo”.
La scaletta dei brani eseguiti in più di due ore di spettacolo, dunque, è stato un fritto misto indigesto che ha spiazzato chi si aspettava di ascoltare una storica testimonianza: stralci d’opera italiana, canzoni Rock e, udite udite, qualche riesumata cantata pre-rivoluzionaria, dei tempi in cui, per intenderci, nelle terre dell’Est chiese e monasteri possedevano il 90% della terra.
Ma che strano nazionalismo è, obietteranno alcuni, quello che porta sul palcoscenico canzoni americane?
Ma come ben sappiamo, prima di imporre una “nuova cultura” è necessario fare tabula rasa di quella precedente. Insomma, è necessario spersonalizzare, ridurre a mal partito i valori precedenti. Ecco, allora, perché il coro ci è parso una parodia. Ed è un vero peccato che il pubblico presente in sala, assieme a quello che sta facendo il tutto esaurito in Europa, si stia divertendo nel vedere un corista settantenne uscire dalla fila per improvvisare un balletto Rap toccandosi “il pacco”, per di più al tempo di Sex Bonb. Io non l’ho trovato divertente. Era grottesco e offensivo. Di più: mi è sembrato inquietante. 2015-09-27 16.55.54
Il mio non vuol essere un discorso nostalgico e tradizionalista. Guai se fosse. Lungi da me rimpiangere vecchi regimi. Il fatto è che il cambiamento che sta avvenendo sotto ai nostri occhi, purtroppo, non è certo di apertura, né di progresso. Ma di pericolosa regressione e chiusura.
“Nessun dorma” l’ultimo brano in scaletta. Già, si svegli il pubblico in gran giubilo, perché quello che con questa tournée sta applaudendo, non è altro che la bandiera dello sputtanamento di una pezzo di storia, di un tentativo, seppur clamorosamente fallito, di progresso, e che un presidente pericolosamente sciovinista, si sta divertendo a far sventolare agli occhi del mondo.