Riprendono gli scontri in Libia, flussi migratori in aumento

LybiamapChe la situazione in Libia desti ampie preoccupazioni alla diplomazia occidentale non è certo una novità, la situazione sull'enorme territorio di quella che fu la Jamāhīriyya del colonnello Gheddafi è sempre più caotico e non solo per le storiche divisioni che il colonialismo ialiano prima e la dittatura poi tenevano artificiosamente in piedi. Molti e pesanti sono infatti i copndizionamnti esterni, non ultima la pressione degli intergalisti islamici che nel caoos libico trovano ottimo terreno di coltura. Ora dopo un periodo di relativa calma dall'inizio dell'anno è in atto una recrudescenza dei combattimenti in diverse città e paesi nella zona orientale, tra cui Bengasi, e ciò come conseguenza ha provocato un incremento delle migrazioni forzate.

Molte persone sono dovute fuggire per la quarta o quinta volta, rendendo i numeri difficili da stimare. Tuttavia, nella sola Bengasi il consiglio locale riferisce che sono circa 90.000 le persone che non sono in grado di tornare a casa. È quanto riferisce l’UNHCR, spiegando che le migrazioni forzate si sono concentrate nelle zone di Bengasi, di Derna, e vicino al Golfo di Sirte a Ben Jawad e Ras Lanuf. Questa è solo una delle zone della Libia in cui si verificano fughe di massa. In tutto il paese si stima che vi siano circa 400.000 persone sfollate. Inoltre, la Libia ospita circa 37.000 rifugiati e richiedenti asilo di nazionalità diverse le cui condizioni umanitarie sono sempre più precarie. Vicino a Tripoli nella zona occidentale, le stime delle ONG e del consiglio locale parlano di circa 83.268 persone che vivono in insediamenti, scuole ed edifici abbandonati. Molti non sono in grado di garantire ai loro figli l’accesso all’istruzione, soffrono della mancanza di assistenza sanitaria e di una limitata capacità di accedere al denaro per procurarsi il cibo.

La maggior parte delle persone sono sfollate da oltre 3/6 mesi e un numero crescente di esse vengono ospitate in strutture pubbliche come le scuole. Con l’assottigliarsi dei loro risparmi, non sono più in grado di pagare gli affitti delle abitazioni. I mesi invernali sono particolarmente difficili in quanto le temperature a Tripoli, Bengasi e le città del Sud sono anche inferiori ai 10 gradi.

Nel sud-ovest della Libia, gli sfollati interni provenienti dalla città di Awbari si trovano ad affrontare difficoltà nella loro vita quotidiana, dal momento che i servizi sono stati seriamente danneggiati dai continui scontri tra gruppi tribali rivali. I combattimenti in corso hanno fatto sì che scuole, ospedali e mercati rimanessero completamente inaccessibili. I comitati locali di crisi e le ONG segnalano la scarsità di combustibile, paradosso per un paese produttore di petrolio, ma anche di elettricità, acqua e cibo, e inoltre riferiscono la presenza di 18.492 persone sfollate provenienti da Awbari in 6 città: Sabha, Wadi Shati, GiFra, Ghat, Murzuq, e Lewenat. Negli ultimi sette mesi, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha distribuito aiuti alimnetari, ma anche coperte ed indumenti per far fronte all’inverno a quasi 28mila persone a Tripoli e in altre città occidentali, compresi i membri della comunità Tawarga sfollati dal 2011. Il 5 gennaio, in collaborazione con la ONG Tomazeen in Libia, l’UNHCR ha consegnato beni non alimentari, come materassini, teli di plastica, e set da cucina a 150 famiglie di sfollati nelle città meridionali di Ghat, Lawenat e Tahala, con una particolare attenzione alle famiglie più vulnerabili. Ma la situazione libica genera anche un altra emergenza umanitaria, quella relativa agli imbarghi di profughi e migranti verso l'Europa attraverso il canale di Sicilia.

Emblematici i dati, il numero di migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia via mare nel 2014 è infatti stato pari a 170.100, quattro volte superiore a quello registrato nel 2013, quando gli arrivi erano stati “solo” 42.925. Lo ha reso noto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’Interno italiano.

Secondo le stime, nonostante le condizioni proibitive del mare, i migranti hanno continuato ad attraversare il Mediterraneo anche durante i mesi invernali, quando solitamente si registra una significativa diminuzione degli arrivi. “Nel dicembre 2013 i migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia erano stati 2.701 rispetto ai 6.732 registrati nel dicembre 2014”, ha dichiarato Federico Soda, capo missione dell’Oim in Italia. “Questi dati suggeriscono che i flussi sono legati al deterioramento delle molteplici e complesse crisi umanitarie esistenti vicino alle frontiere esterne dell’Europa, compresa la guerra in Siria e l’instabilità politica in Libia. Molte di queste persone sono in fuga da guerre, persecuzioni e regimi totalitari”, ha aggiunto. Con 42.323 arrivi, la Siria resta il principale paese di provenienza dei migranti, seguita da Eritrea (34.329), Mali (9.938), Nigeria (9 mila), Gambia (8.707), Territori palestinesi (6.082) e Somalia (5.756).

Il numero di siriani arrivati nel mese di dicembre è stato pari a 3.202, in lieve aumento rispetto ai 2.950 registrati a novembre. La maggior parte dei migranti arrivati in Italia sono partiti dalla Libia e dall’Egitto, ma negli ultimi mesi si è registrato un forte aumento di migranti partiti dalla Turchia, per lo più di nazionalità siriana. L’Oim stima che nel 2014 più di 3.200 migranti siano morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Italia: si tratta di una perdita di vite senza precedenti su questa rotta migratoria. Tuttavia, grazie all’operazione Mare Nostrum gestita dalla Marina militare italiana, sono state salvate 85 mila vite, mentre altre 35 mila persone sono state salvate dalla Guardia costiera italiana.