Renzi sulle dimissioni del ministro: Noi diversi, presi in flagranza… lasciamo

“Abbiamo sempre detto di fronte agli italiani che siamo un governo diverso dal passato. Con noi le cose cambiano: chi sbaglia è il primo che va a casa”. Ha usato queste parole il premier Matteo Renzi, con la stampa riunita presso l’ambasciata italiana a Washington, sottolineando la suo opinione politica sulle dimissioni della ministro Federica Guidi, preannunciando che nel contempo che “per qualche giorno prendo io l’interim del ministero dello Sviluppo e poi vedremo”. Ma chi pensava che Renzi facesse una qualche autocritica è rimasto deluso, lui non è certo il tipo e non si rassegna neppure davanti all’evidenza. Così difende la Guidi per difendere se stesso e soprattutto la sua pupilla Maria Elena Boschi. “Guidi non ha commesso nessun tipo di reato – ha spiegato Renzi – ha fatto una telefonata che lei per prima ha ritenuto inopportuna. Quando una telefonata inopportuna la fece il ministro Cancellieri con un altro governo, tutti noi chiedemmo le dimissioni, che non arrivarono. Guidi è stata la prima a dare le dimissioni: è la prova che in Italia qualcosa è cambiato”. D’altra parte “il fatto che ci sia stata una telefonata inopportuna riguarda il ministro” e “la novità è col governo prima queste cose non portavano alle dimissioni: adesso la musica è cambiata e credo sia un fatto di serietà riconoscerlo”. Renzi come era prevedibile ha poi voluto pubblicamente difendere la ministra Maria Elena Boschi. “Sarebbe assurdo che il ministro dei Rapporti con il parlamento non firmasse un emendamento. L’emendamento è favorevole a un progetto del governo che io avevo annunciato sei mesi prima”. E “quello per Tempa Rossa – ha rivendicato il premier- è un provvedimento giusto: porta posti di lavoro, una cosa sacrosanta da fare. E non ce ne vergogniamo” perchè “io lavoro perchè si creino posti di lavoro”. Chissà se ci crede davvero è schiavo dei suoi stessi errori, delle sue stesse frequentazioni che gli hanno consentito di diventare premier sulla “fiducia” e non sul voto. Già, la fiducia quella sulla quale Renzi ha basato il suo modo di governare violentando continuamente la Costituzione. Non che sia stato il solo o il primo a farlo, da quando è stata promulgata ogni governo ha tentato di aggirarla, scavalcarla, cambiarla, ma nessuno aveva osato fare tanto come Matteo Renzi, per questo passera certo alla storia. Se nel libro dei vinti o dei vincitori lo dirà il futuro, ma il rischio che a perdere siano più che altro gli italiani è davvero grosso. Chi uscirà vincitore se prosegue questo trend saranno di certo le lobby, i poteri forti che causa la Guidi, oggi si sono palesati agli italiani come mai prima. Ma tornando alla fiducia il premier da Washington alle notizie sulla mozione di sfiducia preannunciata al Senato dai gruppi di opposizione che l’attende a Roma, ha fatto spallucce: “Andremo in Parlamento – ha affermato- e discuteremo di tutto questo” perchè, ha ribadito nuovamente, “Tempa rossa è un progetto giusto e sacrosanto” “Abbiamo sempre detto di fronte agli italiani che siamo un governo diverso dal passato. Con noi le cose cambiano: chi sbaglia è il primo che va a casa”. Ha insistito il premier come in un mantra. Del resto già ieri dalla risposta datta alle cinque righe con cui Federica Guidi gli annunciava le dimessioni sie ra capito che la linea del premier sarebbe stata d’attacco e non di difesa. Ricostruendo il tardo pomeriggio di ieri infatti, si capisce come le dinamiche di quanto avvenuto siano state veloci ed inevitabili secondo la grammatica renziana. Dopo la 2pausa di riflessione durata solo mezzo pomeriggio, il Ministro Guidi presa con le dita nella marmellata è arrivata alla conclusione inevitabile. Solo quattro ore di riunione con i suoi avvocati e il ministro ha capito che non vi erano margini diversi se non una uscita di scena. Così ecco che detta ai suoi collaboratori le cinque righe più pesanti della sua vita o quantomeno della sua storia politica: “Caro Matteo, sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni. Sono stati due anni di splendido lavoro insieme. Continuerò a servire il Paese come cittadino e imprenditrice”. Di certo la lettera di dimissioni era stata sollecitata ed era attesa sin dai primi lanci d’agenzia sulla vicenda. C’era solo un lieve dubbio relativo all’opportunità o meno di attendere il rientro dagli States per risolvere la questione de visu. Ma l’esito sarebbe stato lo stesso e lo stillicidio delle polemiche avrebbe rischiato di mettere ancora di più sotto pressione il governo, senza contare che non si sarebbe potuto giocare la carta del “siamo diversi, noi ci dimettiamo”. Ricorda un poco quella mendace pubblicità delle Banche di Credito cooperativo che recitavano: “siamo diverse per forza” e nel frattempo mandavano a scatafascio, così come le altre banche del resto, migliaia di imprese, togliendo i fidi e chiedendo i rientri ai primi sintomi di difficoltà. E allora ecco giustificata l’accelerazione che porta Guidi, ieri alle 20 in punto, a chiudere la sua parentesi al governo. “Cara Federica è la risposta politicamente corretta del premier quando in Italia è notte –, ho molto apprezzato il tuo lavoro di questi anni. Serio, deciso, competente. Rispetto la tua scelta personale, sofferta, dettata da ragioni di opportunità che condivido. Nel frattempo ti invio un grande abbraccio. Continueremo a lavorare insieme».

Fabio Folisi