Renzi e Grillo uniti nelle critiche in stile berlusconiano: “Tutta colpa della stampa e dei giornalisti”

Niente da fare, è sempre colpa dei giornalisti. Cambiano i premier, cambiano le opposizioni, ma l'italico vizio di appioppare responsabilità alla stampa da parte dei politici è una certezza non certo una opzione. Gli ultimi episodi riguardano due facce della stessa medaglia, Matteo Renzi e Beppe Grillo, così diversi ma così eguali per il delirio di onnipotenza che sembra ne pervada spesso l'azione. Se a questo duo aggiungiamo quello del loro maestro di vita mediatica, Silvio Belusconi, l'antesignano con il suo editto bulgaro di ogni epurazione nel mondo dell'informazione, si comprende il perchè l'Italia sia al 73.mo posto nella classifica annuale di Reporters sans Frontières sulla libertà di stampa. Certo anche le minacce delle mafie e della criminalità in generale hanno il loro peso, ma se a queste si aggiungono, oltre all'uso improprio delle denunce per diffamazione, anche le minacciose esternazione dei big della politica, il quadro è drammaticamente chiaro. Ma veniamo agli ultimi fatti: il premier Renzi si è scagliato contro i talk-show che a suo dire "da dieci anni" diffondono un'immagine negativa dell'Italia. Non è la prima volta che il premier segretario Pd si attacca le trasmissioni televisive. Critiche in qualche caso condivisibili, ma oggi è sceso sul terreno che era feudo di Berlusconi, memorabile il suo attacco contro lo sceneggiato “La Piovra” successo planetario che , secondo l'ex cavaliere mostrò un immagine dell'Italia come paese culla della Mafia. Come se in realtà non lo fosse per davvero. Oggi Renzi scende sullo stesso piano. Attacca lancia in resta: l'Italia deve sconfiggere, dice, "l'industria della lagna". "L'industria che qualcuno pensa che funzioni è l'industria della lagna, del rammarico". "Sono dieci anni che i talk-show fanno sempre lo stesso show: cervelli all'estero; produzione industriale zero - siamo il secondo paese in Europa per produzione manifatturiera - siamo una realtà che continua ad avere molti limiti, certo, e dobbiamo cambiare: fare le riforme vuol dire cambiare e accettare di superare i nostri limiti". Insomma per il premier la stampa dovrebbe raccontare un Italia che non esiste per dare un immagine di un Paese dove tutto va bene, ovviamente da quando Renzi ne è a capo. Ma al Renzi pensiero fa eco nelle stesse ore il Grillo pensiero. Dal suo blog il leader 5stelle polemizza con "Repubblica" e il "Corriere della Sera". In due post distinti sulla home page, i due quotidiani vengono fatti oggetto di pesanti critiche. Nel primo, il "Corriere" viene ribattezzato fin dal titolo "Corriere della serva". "L'Italia - scrive Grillo - sta precipitando nella classifica della libertà di stampa. Ora è al 73esimo posto, preceduta da paesi come Burkina Faso, Giamaica, Ghana, Namibia, Polonia, Botswana, Romania, Taiwan. Per capire perché, dice Grillo, basta dare un'occhiata al sito di quello che una volta era il più autorevole quotidiano italiano: il Corriere della Sera, che per dimostrare che è ancora letto da qualcuno ha dovuto pompare il proprio traffico internet con l'acquisto di clic fasulli. Il Corriere è ormai un giornale di regime, afferma in sostanza Grillo tanto quanto Repubblica. Non fa informazione, al massimo propaganda per non scontentare il governo e gli azionisti (Fiat, Mediobanca, Pirelli, Intesa San Paolo, la Lucchini, Edison, Della Valle, Benetton per citarne alcuni) e per coprire i buchi tra una pubblicità e l'altra riporta notizie assimilabili ai peggiori rotocalchi". Che dire: come sempre Beppe Grillo coglie degli elementi di verità ma poi da bravo manipolatore, ne evidenzia la portata in maniera sproporzionata rendendoli poco credibili e poco utili a un dibattito sulla qualità dell'informazione sul web, dibattito che andrebbe fatto senza lazzi e schiamazzi, ma magari dando una mano ai giornalisti, e sono tanti, che sono critici con certe derive. Forse dovrebbe smetterla anche lui di fare la suocera isterica di un paese che ha problemi seri per vedersi umiliato, da un lato da chi preferisce venga narrata una smielosa falsa immagine del Paese in funzione Expò e dall'altra da chi non capisce che l'unico modo per frenare le derive monopoliste nell'informazione è garantirne una maggiore pluralità.