Razzismo? No grazie!

Sono sempre più i bambini di colore che frequentano tutti i luoghi dei nostri figli, dalle scuole ai campi di calcio, alle palestre. Ha destato scalpore che un genitore durante la partita dei “giovanissimi” Villanova di  Pordenone – Sedegliano si scagliasse contro un baby giocatore con frasi razziste. Triste, molto triste. Sulle tribune dei campetti di calcio dei tornei dei nostri ragazzi molto spesso si assiste a uno spettacolo indecoroso: genitori che si trasformano in invasati senza alcun autocontrollo nelle loro urla. Non si tratta di mero incitamento a fare bene alla squadra del proprio figlio, ma di frasi forti, parolacce, insulti e, appunto, anche parole a sfondo razziale. Ormai si sente di tutto tant’è che possiamo senz’altro sostenere che il peggio è quanto accade fuori dal campo e non durante la partita giocata. E pensare che un bambino non sa cosa sia il razzismo, non lo conosce. Gli viene trasmesso dai suoi genitori. Lo stadio, al pari di internet, è considerato, spesso, un posto dove poter dare libero sfogo a tutto senza dover pagare nulla, ovvero senza dover rendere conto a nessuno. Non è così: i nostri figli ci vedono, ci ascoltano e se a essere pronunciate sono frasi violente questo è quello che trasmettiamo loro. Non è possibile pensare che andando ad assistere a una partita di calcio o di un’altra disciplina, occorra necessariamente fare i duri, colpire gli avversari in ogni forma e modo, anche con frasi e parole incredibili  prendendo a pretesto magari il colore della pelle. Tutto lecito pur di far male all’altro. E giù insulti. No, non va bene, che modelli si propongono ai ragazzi? Come si può, poi, pretendere, rispetto dalle nuove leve? Ho sempre sostenuto che la diversità, qualunque essa sia, anche quella della pelle, non è mai un pericolo, ma un arricchimento. Occorre cambiare mentalità e smetterla con l’ignoranza. Si sappia che il concetto di razza non ha alcun senso né tantomeno fondamento scientifico.  E poi chi offende si è mai chiesto come ci rimane la persona offesa? Fa male, fa molto male. Nel Vangelo è scritto: “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”. Credo possa valere per credenti e non alla stessa stregua. Cari adulti non travestitevi da fuori di testa quando andate a fare il tifo, lo sport è anche educazione, ma affinché ciò sia sempre così dipende anche dai genitori-tifosi. Scendere in campo significa anche avere rispetto per l’avversario al quale, se si rivela più forte, va anche reso l’onore della vittoria con coraggio e lealtà. Credo che una certa responsabilità in merito l’abbiano anche la rete e certe trasmissioni tv dal tifo becero ed esaltato. Dobbiamo renderci conto che esiste un effetto emulazione di quanto si vede in televisione e on line. Perché non favorire, invece, commenti all’insegna della cultura e dei valori? Quali valori? Mi limito a elencarne tre: rispetto, accoglienza e integrazione. Razzismo? No grazie, per carità.

Daniele Damele

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