Quando appaiono gli spiriti, son da temere gli spiritati

B3_Bertolotti_11Fantasmi, spettri, presenze. Da sempre sono protagonisti di storie e leggende spopolando in ambito letterario e diventando argomento preferito nei racconti popolari.
Ma cos'è un fantasma? Dal greco antico phantazo, “io appaio”, secondo il folclore è uno spettro, una presenza incorporea, manifestazione soprannaturale che, con il tempo, si è limitata ad essere l'apparizione dell'anima di un defunto, idea rassicurante per affrontare il mistero dell'al di là.
L'esistenza degli spiriti, infatti, presuppone una vita dopo la morte e, soprattutto, la continuazione dell'amore che proviamo nei confronti dei nostri cari.
E se nel corso del XIX secolo lo spiritismo interessò anche filosofi e scienziati, ben presto i positivisti condannarono la credenza di un rapporto possibile con il regno dei morti. Ecco, al proposito, un articolo apparso a Udine nel 1867: “Siamo in un'osteria di Udine: io, un falegname e un assessore comunale. Sono le 24. Seduti a un tavolino stanno alcuni giovanotti che si dicono coraggiosi. Una candela illumina di luce scialba il tetro ambiente. Ma che fanno essi a quell'ora? Che aspettano? In quella casa ci si “sente” da alcune notti ed essi, essendo increduli, sono venuti per verificare se è vero quanto si racconta. Dicono, infatti, che la figlia maggiore dell'oste fuggì di casa spaventata da uno spirito, il quale è così adirato che per cacciarlo non bastarono né tre messe celebrate da pre Checo, né gli esorcismi fatti con pompa solenne da due corpulenti francescani.
Ma torniamo ai nostri giovanotti.
Da quasi mezz'ora aspettano inutilmente, già stanno per andarsene quando un colpo secco si fa sentire sullo sgabello. Un sudor freddo bagna loro la fronte, vorrebbero alzarsi ma non lo possono, sono inchiodati sulla sedia. Un nuovo fortissimo colpo si fa sentire sul tavolino: si alzano rovesciando candela e sedia e si precipitano per le scale.
Arrivano in cucina pallidi e tremanti, i capelli irti. Chi sarà quello spirito? Che sia qualche santo spinto per forza alla porta del regno dei cieli dai fanatici clericali, e che non avendo potuto entrare fosse tornato in terra per visitare i suoi amici?
E pensare che questi fatti avvengono alla fine del XIX secolo! Certamente doloroso è il morire, ma perché aggiungere a questa disgrazia, anche il terrore per lo stato che ci seguirà? Perché credere nelle anime randagie per lo mondo, autrici di danni, o di paure? Nella provincia di Udine non c'è la strana e spietata credenza de' vampiri, vigente in Ungheria ed in Servia, ma nullameno i defunti non cessano d'essere considerati tristamente; così perfino un caro estinto si teme, e non so dir se più per stoltezza, o barbaria. E' volgare credenza che tra gli uomini viventi e gli spiriti possa avervi un commercio, e che le anime possano sorgere da regni bui per vagolar sulla terra. E se odi notte tempo un picchiare, un lamentarsi, un pregare con sepolcrale voce, questo udir è inganno, sogno, o illusione di sensi da paura e da rimorso avvalorata.
Il volgo crede, e dice di vedere le anime dei trapassati errare nel sudario ne' luoghi ove vissero, ove le chiamano gli affetti. Ma a qual fine? I motivi pare sian questi: un voto, un obbligo da far soddisfare, ricordare altrui colpe, minacciare vendette, raccomandar suffragi e svelar tesori. Cose sozze, non cristiane, frutto di cupidigia. Si può avere un più triste concetto della vita avvenire dei defunti?”.

E I MISTERI DELLO ALTARE SCONGIURANO LE ANIME DOLORATE
La cronaca illuminata e positivista dell'Ottocento, non risparmiava le polemiche nei confronti della Chiesa, accusandola, più volte, di approfittare dell'ignoranza popolare per gonfiare le proprie tasche. Ecco un articolo apparso sul “Giornale di Udine” nel 1872 in materia di spiritismo, dottrina filosofica apparsa nel 1857 in Francia e codificata da Allan Kardec: “La fede cattolica non ripugna la possibilità di una relazione tra defunti e viventi per opera o licenza di Dio, e crede in uno stato temporario delle anime tramezzante il Limbo e il Purgatorio, accennato anche da Dante in quello attendere dell'ombre alla foce del Tevere. O meglio dire, quell'erranza degli spiriti che, lasciato il corpo, tornano sulla terra, specialmente nei luoghi cari e natii. Conosco molti ministri dello altare che dicono di avere interrogato e scongiurato queste anime dolorate. Nel nome di Dio – dicono questi – ti scongiurano a dire chi sei e qual pensiero, qual fine ti porti sulla terra... “Sono l'anima di tizio... - pare rispondano – e lasciammo per legato l'obbligo al nostro erede di farci celebrare 100 messe, o 200. Oppure: “In mia vita avevo fatto il voto di lasciare denaro alla chiesa, ma la morte mi pria di soddisfare il mio desiderio. Dite all'erede che mi soddisfi altrimenti non posso aver pace!”.
Ma vi rendete conto dell'imbroglio?
Di più quet'anime farebbero cose strane e capricciose: ceffi orribili, brancicano le suppellettili, trascinano le pantofole pe' corritoj, borbottano, sghignazzano. E se la comparsa volontaria delle ombre dei defunti è in Friuli una comune credenza, ora nasce anche quella che esse si possano evocare e costringere a qualche ufficio con preci ed incantesimi. E molti ci si può trovare che credano a questo e s'adoperino a richiamar i morti. Specialmente adesso, che una nuova foggia di necromanzia ci viene da fuori coi trespoli fatidici”.

I MURI DELLE VECCHIE CASE BIVACCHI D'ANIME AFFLITTE

I volti apparsi in Spagna

I volti apparsi in Spagna

Tutti i friulani certo ricordano quella bellissima villa che si trovava all'incrocio tra Mortegliano e via Chiasielis, sulla statale 353. A guardarla dava i brividi, lugubre e decadente, degna delle streghe; in paese correva voce che fosse infestata dai fantasmi ed alcuni ragazzi che si intrufolarono una notte, giurarono di aver visto disegnate sui muri raccapriccianti figure umane.
Poi, dopo tanti anni, la villa fu “sventrata” e trasformata in una banca. Ci siamo sempre domandati quale effetto avesse sortito la “profanazione” del luogo; la demolizione di muri, pavimenti e solai che videro gli anni depositarsi uno a uno, fino a formare uno strato di polveri e muffe quale ideale bivacco delle anime che abitarono quel signorile palazzo.
Ecco che la villa di Mortegliano ci riporta alla mente la casetta di Belmez, a sud della Spagna, abitata nel 1971 da una coppia di contadini con un bambino e dalla nonna di quest'ultimo. Una mattina particolarmente afosa nonna e nipote sedevano in cucina quando, a un tratto, il bimbo lanciò un urlo. Vide qualcosa sul pavimento che terrorizzò la nonna e che, ben presto, in Spagna diventò uno dei misteri irrisolti del XX secolo.
Sotto al naso del nipote, infatti, sulle piastrelle rosa del pavimento, si era delineato spontaneamente un volto umano infinitamente triste. L'immagine fu analizzata con attenzione dai proprietari della casa, ma nessun pigmento di colore parve l'avesse disegnata. L'anziana cercò di lavarla, ma più strofinava, più gli occhi del ritratto si ingigantivano.
Nelle settimane a seguire le apparizioni continuarono tanto che il padrone di casa, esasperato, fece a pezzi il pavimento sostituendolo con uno strato di cemento.
Esattamente tre anni dopo, però. Le facce tornarono ad emergere. A quel punto della vicenda si interessarono anche le autorità locali che, una volta scavato sotto alla cucina, riportarono alla luce un cimitero medievale. Da quel momento i volti aumentarono in modo esponenziale invadendo il resto della casa. Vennero allora messi i sigilli all'abitazione, quotidianamente studiata da esperti da ogni dove che, credenti o non credenti, non riuscirono a dare alcuna scientifica e razionale spiegazione al fenomeno. Insomma, le facce sembravano non essere opera umana. Le perplessità aumentarono quando furono posti nella casa i microfoni ultrasensibili per captare suoni non compatibili con l'orecchio umano. Vennero, infatti, registrate voci che parlavano una lingua sconosciuta accompagnata da gemiti di dolore che ben si accordavano all'espressione tormentata dei volti stampigliati sui pavimenti. Nessuno ipotizzò mai nulla di soddisfacente per giustificare il fenomeno; l'unica teoria fu che la casa, in un tempo remoto, fosse stata teatro di una tragedia. Forse connessa a rituali di stregoneria medievale. Il proprietario, infine, la fece demolire.