Punito all’italiana il “non colpevole” dell’oscuramento delle statue Capitoline durante la visita romana di Rohani

Ricostruiamo dall’inizio, e con qualche imbarazzo per essere italiani, la polemica politico-mediatica seguita alla vicenda delle statue, coperte quando il presidente iraniano Rohani, in visita in Italia, è stato accolto nei musei capitolini con l’oscuramento dei marmi nudi “per rispetto” alla sua sensibilità. Era lo scorso 25 gennaio 2016, otto giorni fa, eppure la polemica che era diventato un caso internazionale, è rapidamente scomparsa dalle pagine della grande stampa nazionale italiana, per non parlare poi dei Tg pubblici e privati. Ad essere buonisti si potrebbe pensare che lo stesso imbarazzo nostro nel parlarne l'abbiano provato gli altri direttori di testata. Forse è così, in alcuni casi sarà così, ma il sospetto forte è che invece che si sia ubbidito al volere del premier Matteo Renzi che “imbarazzato” anche lui ha voluto che sul fatto calasse il velo pietoso del silenzio. Archiviamo pure l'episodio nel dimenticatoio di quegli inciampi colossali che hanno spesso costellato la italica diplomazia, basti pensare al baciamano a Gheddafi da parte dell'allora premier Berlusconi, fatto perfino più grave di aver messo in scatola la Venere capitolina. Ma ieri a romper il velo di omertosa ubbidienza ci ha pensato il Corriere delle Sera, che non ha resistito a parare delle “indagini” interne alle strutture ministeriali. Insomma dimenticare il fatto si può, ma non la ricerca di un responsabile o di più responsabili di quella scelta. Se infatti per il “baciamano” berlusconiano tutto era chiarissimo, non così per il caso della Vergine Capitolina. É evidente che fin dalle prime ore, si è assistito ad un immondo scaricabarile, dai vertici del governo, giù giù fino all'oblio. In questo caso infatti, nessun responsabile operativo è stato indicato, non si è voluto neppure cercare un capro espiatorio, magari un oscuro funzionario zelante. Ci sarà stato pur qualcuno fra ministeri e musei che magari nel delirio del neo puritanesimo in stile Familty Day poteva aver colto l'occasione per oscurare quella conturbante bellezza della Venere capitolina che gli toglie il sonno e magari gli provoca pulsioni onanistiche ricordandogli che il sesso no è necessariamente peccato. Niente neppure questo soggetto è venuto fuori. Allora non rimane che sospettare di lei, della Venere Capitolina stessa, che colta, dopo duemila anni e più, da improvviso pudore si è fatta carne, sangue e voce ed ha ordinato direttamente il proprio inscatolamento. Oppure come tradizione legata agli studi classici ci suggerisce, è entrata in sogno suggerendo la soluzione ai funzionari addetti al cerimoniale, non per rispetto a Rohani ovviamente, ma per rispetto alle proprie splendide fattezze marmoree, nella consapevolezza di non essere in grado neppure di arrossire d'imbarazzo davanti al capo di un paese dove il corpo delle donne, quello in carne ed ossa, non certo quello di pietra, viene considerato un pericoloso oggetto del peccato da nascondere alla vista. Un Paese però dove esiste un fiorente mercato petrolifero di cui lei, solo una Venere, non è in grado di cogliere la lucrosa bellezza. A questa spiegazione fantastica, ma oggettivamente affascinante, si oppone la solerte ed opaca azione dell'indagine amministrativa interna. Si, perchè le cose, all’interno dell’amministrazione, sono andate avanti quai con teutonica determinazione. Lo racconta il Corriere della Sera, spiegano che la conclusione dell’indagine interna è coerente col lo sgangherato episodio che l’ha originata. Insomma non solo non si è stati in grado di individuare l’autore della pensata, ma si è arrivati alla conclusione che non esiste nessun colpevole. Oibò, quindi la nostra tesi che sia stata la stessa Venere Capitolina ad orchestrare l'inghippo prende corpo? Nemmeno per sogno, anche se altrettanto fantasiosa è la spiegazione ministeriale. Tutto sarebbe avvenuto per incomprensioni linguistiche. Un misunderstanding, viene candidamente detto in inglese da fonti dell'amministrazione dello Stato per darsi un tono internazionale. Insomma un malinteso, anche se non è chiaro in cosa l’incomprensione sia consistita. Anzi, l’utilizzo della parola in inglese, come se quella italiana “malinteso” non fosse chiara, fa sorgere il sospetto che la si voglia nascondere nelle pieghe di un altro idioma. Infatti – si scopre dall’articolo del Corriere – né il capo del cerimoniale di Palazzo Chigi, Ilva Sapora, né il capo dipartimento degli Affari europei, Diana
Agosti, conoscono la lingua di Shakespeare. Così il vero malinteso, pardon il misunderstanding, si sarebbe generato per incompetenza linguistica. Non sfuggirà però all'attento lettore che l’ignoranza dell’inglese non sembra azzeccarci molto con la decisione di inscatolare i nudi dei musei capitolini, semmai l'ignoranza determinante poteva essere quella di non capire il valore dell'arte e della bellezza. Ed in effetti la mancata conoscenza dell'inglese, così quella di qualsiasi altra lingua viva o morta che sia, non c'entra assolutamente niente. C’entra, però, con la conclusione dell’indagine amministrativa sul caso, un indagine sgangerata nell'istruttoria così come nelle conclusioni. É stato infatti individuato un “non colpevole” che ricorda il “non compleanno” della fiaba di Alice nel paese delle meraviglie. Il nostro “non colpevole” è stato individuato è regolarmente punito all'italiana. Riferisce infatti sempre il Corriere che nella relazione redatta dal titolare dell’indagine interna – il segretario generale Paolo Aquilani – “una ricostruzione pubblica e trasparente di quanto accaduto non esiste”. Emergerebbe solo che il pasticcio sarebbe nato da una serie di incomprensioni (il famoso misunderstanding) tra gli uffici incapaci di dialogare fra loro in qualsiasi lingua, evidentemente, ma soprattutto in inglese. Per questo la presenza di tanti possibili colpevoli determina la teorica assoluzione di tutti. Anche del capo del cerimoniale, inizialmente indicato, per “responsabilità oggettiva” come autrice “morale” del fatto. Ma nel corso dell’indagine è emerso che il capo del cerimoniale, Ilva Sapora l'inglese non lo conosce. Una lacuna allarmante per un funzionario che deve spesso svolgere funzioni di natura internazionale. Ed è emerso pure che lo ignora un altro funzionario fondamentale, il capo del dipartimento Affari europei, che ha lo specifico incarico di tenere, udite udite, relazioni internazionali. Così il caso Rohani si chiude con alcuni “non colpevoli” puniti invece per ignoranza della lingua inglese. Infatti la nostra responsabile del cerimoniale viene assolta per insufficienza di prove dall’accusa di avere inscatolato le statue, ma invitata ad accelerare il proprio pensionamento per via dell’inglese mancante. Insomma lei lascerà il delicato incarico prima del tempo, ma naturalmente come d'uso, con “una ricca buonuscita”.

Fabio Folisi