Portogallo come la Grecia sud Europa, sì all’austerity

Pur stanco di tirare la cinghia, il Sud dell'Europa ('ventre molle' dell'Ue) dice sì all'austerity imposta dalla troika per far fronte al suo enorme debito pubblico e dice “avanti con le riforme”. L'hanno deciso la Spagna, da tempo in grossa rimonta, e l'Italia che corre verso la speranza di un +1% del Pil. Ma sopratutto l'hanno accettato i due Paesi più in crisi, Grecia e Portogallo.
Entrambi gli Stati hanno votato nell'ultimo mese, ambedue hanno registrato un astensionismo quasi del 50%, entrambi hanno visto vincere i partiti al Governo (il Centro-sinistra di Tsipras ad Atene e il Centro-destra di Coelho a Lisbona). Ambedue hanno però soltanto sfiorato la maggioranza assoluta e quindi saranno costretti a coalizioni.
Sconfitto dovunque l'estremismo di sinistra che sosteneva l'uscita dall'eurozona: in Portogallo gli affiliati agli spagnoli di “Podemos” e agli ellenici di “Syriza” non sono riusciti a scalfire il predominio del Centro-destra, al massimo gli hanno impedito un Governo monocolore e hanno ingrandito la schiera degli astensionisti.
Dopo aver debellato lo spettro della bancarotta, il Sud dell'Europa ha quindi vinto anche la sfida delle urne giocando tutto sulla speranza di un rilancio economico. Il socialdemocratico Pedro Passos Coelho, 51 anni, l'unico Premier che a Lisbona è riuscito a concludere il suo mandato alla guida del Governo dalla fine della dittatura di Salazar, ha potuto esibire una crescita superiore alla media europea (+1,5% negli ultimi 6 mesi) anche se la disoccupazione 'morde' ancora e costringe a emigrare ben il 5% della popolazione (200 mila persone negli ultimo biennio).
La recessione ha comunque lasciato il segno come in Grecia con tagli di salari e pensioni. Il peggio sembra comunque passato.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it