Polveriera libica. Dopo gli ultimi attentati le nuove preoccupazioni occidentali

Fra gli scenari internazionali “caldi” non si sono solo l'Ucraina e quelli mediorientali, ma anche quelli alle porte del nostro Paese. Parliamo ovviamente della Libia sempre di più fuori controllo. In Libia agiscono almeno tre gruppi jihadisti filo-al Qaeda. L'Aqmi, il ramo nordafricano del network del terrore; El-Muwaqiin Bi Dam (Coloro che Firmano con il Sangue), guidato da Mokhtar Belmokhtar, la mente dell'attacco all'impianto di In Amenas in Algeria finito in strage; e Ansar Al Sharia, particolarmente attiva a Bengasi e nell'est del Paese. Al vertice di Ansar al Sharia, gruppo affiliatosi al Califfato e accusato dell'attacco a Bengasi del 2012 in cui rimase ucciso l'ambasciatore Usa Chris Stevens, c'è Sufyan ben Qumu, ex di Guantanamo, poi incarcerato in Libia e uscito di prigione nel 2010, nell'ambito del programma di de-radicalizzazione portato avanti da Saif al Islam Gheddafi. A Derna, “capitale” del Califfato islamico libico, sono attive anche la brigata Rafallah al Sahati, 17 febbraio e l'esercito dei mujaheddin. Questi gruppi dichiarano la loro fedeltà ai jihadisti dell’Isis. Ieri Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Stati Uniti hanno condannato le nuove violenze in libia con un riferimento diretto all'ultimo attentato kamikaze a Bengasi e quello contro un campo petrolifero gestito dalla frnacese Total. L'ultimo atto terroristico è gravissimo, si legge in una nota dei Paesi europei, “questi attacchi costituiscono una grave violazione degli impegni pubblici ad astenersi da azioni che possano pregiudicare il processo politico. non può esserci una soluzione militare ai problemi della libia". "Si continui a dialogare" nel comunicato si esortano tutte le parti libiche a partecipare costruttivamente al dialogo guidato dall'inviato dell'Onu, Bernardino Leon, per raggiungere rapidamente "un cessate il fuoco sostenibile e un governo di unità nazionale". Posizione simile viene da oltre oceano: "Questi atti danneggiano gli sforzi dei libici che lavorano per costruire la pace e la stabilità nel paese attraverso i negoziati guidati dall'Onu", si legge in particolare in una nota diffusa dal dipartimento di stato Usa. Una nota è stata diffusa anche dalla Farnesina, nel testo si "condannano fermamente tutti gli atti di violenza in libia, compreso l'attacco che ha avuto luogo il 3 febbraio, da parte di forze operanti nell'ambito dell'operazione 'alshuruq' nell'area della cosiddetta 'mezzaluna petrolifera'". "Preoccupati da presenza di terroristi" i paesi europei si dicono "incoraggiati dai progressi" compiuti nei negoziati di pace e fanno "appello a tutte le parti interessate affinché rafforzino il loro impegno in questo processo, che è cruciale per il futuro della libia". "Gli unici soggetti che in ultima analisi beneficiano della prosecuzione dei combattimenti presso i terminali e le città petrolifere della libia sono i terroristi", si avverte nel comunicato, "siamo preoccupati dalla crescente presenza di organizzazioni terroristiche in libia, dagli attacchi al Corinthia della settimana scorsa e da quelli al campo petrolifero di Mabrook nel corso di questa settimana". Il nodo petrolio "continuiamo ad essere profondamente preoccupati per l'impatto economico della crisi politica e di sicurezza sul futuro della libia e sulla sua prosperità", si insiste nel comunicato, "alla luce della ridotta produzione di petrolio e del livello dei prezzi, la libia deve affrontare un deficit di bilancio che ha il potenziale di consumare tutte le sue disponibilità finanziarie, se la situazione non dovesse stabilizzarsi. queste sfide possono essere affrontate solo attraverso il dialogo politico che può facilitare modalità per affrontare questa crisi e proteggere le istituzioni governative indipendenti, il cui ruolo è di salvaguardare le risorse della libia, per il bene di tutti i suoi cittadini".