Pisapia ha lasciato e “Campo progressista” diventa palude, affondano poltrone e speranze di chi aveva puntato a fiancheggiare il PD

Cerchiamo di mettere ordine sul disfacimento del Campo Progressista di Pisapia, lui fra mille contraddizioni e molti imbarazzi aveva provato a creare un soggetto unitario che potesse dialogare con il Pd e nello stesso tempo fungere da ponte nei confronti di quel mondo a sinistra composto è sempre bene ricordarlo, non solo dai fuoriusciti dal Partito democratico negli ultimi mesi ma anche da una significativa quota di soggetti che nel PD non vi sono mai stati. L'operazione di Pisapia non è riuscita, era velleitaria e fuori tempo massimo rivolta ad un partito Democratico incapace di fare autocritica e che intende il processo unitario a senso unico “accogliamo tutti purchè si omologhino al nostro programma e pensiero”. L'esito era quindi prevedibile e la nascita di Liberi e Uguali, il movimento che mette insieme Mdp (ovvero dalemiani e bersaniani), Sinistra Italiana e Possibile di Civati ha dato il colo di grazia Liberi e Uguali ha infatti saputo attrarre anche un pezzo da novanta quale il presidente del Senato Pietro Grasso. Ed anche se il problema del “leader” non è ben visto da molti come metodo, la presenza di Grasso rafforza la nascente forza politica che potrebbeper davvero andare oltre la sempice lista elettorale. Inoltre il nuovo raggruppamento ha fatto sapere, come nell'ordine delle cose, di non volere stipulare accordi con il PD di Renzi. Insomma i fatti hanno reso marginale il ruolo dell’ex sindaco di Milano, che quindi scelto l'unica strada possibile, lasciare la resa e ritirarsi in buon ordine, parlando di eccessivo livello di tensione e lanciando macigni più contro i dirigenti del PD che alla nascente sinistra. Pisapia ha accusato Renzi di non aver favorito le condizioni politiche per un’intesa: «Se credevano che avrei fatto da stampella al Pd mi hanno sottovalutato».
A sostegno di Pisapia è giunto il commento di Romano Prodi che parlando dal palco della manifestazione culturale «Più libri più liberi», ha spiegato che quella di Giuliano Pisapia «non è stata una defezione, perché Pisapia in realtà non aveva deciso. Aveva studiato il campo e poi ha concluso che non era cosa». Prodi ha poi evidenziato che «non tutte le frittate finiscono con il venir bene» e ha fatto notare che «la stessa crisi c’è anche a destra». «Il problema – ha aggiunto - è che bisognerebbe ricominciare da capo. Io a suo tempo non ho inventato un granché ma c’era un disegno preciso di mettere insieme forze e contenuti. Mi criticarono per il programma di 400 pagine, ma quello di 140 lettere (il riferimento neppure troppo velato è alla passione per slogan via Twitter di Matteo Renzi non è molto più soddisfacente. Un programma politico può anche essere di sei volumi... Ma con una coalizione ampia si deve scrivere. È senso di realismo. Perché i tedeschi ci mettono sei mesi a fare il programma di governo? Pensate non sappiano né leggere né scrivere?».
Insomma tutti gli osservatori hanno capito che Pisapia si è visto la strada sbarrata, l'hanno capito anche in molti che lo seguivano in “campo progressista” che hanno deciso di aderire alla nuova formazione guidata da Pietro Grasso anche se qualche problemino di incompatibilità potrebbe nascere. Solo in Friuli Venezia Giulia pare che più qualcuno non riesca a farsi una ragione della scelta di Pisapia e viene il dubbio che più che al progetto dell'ex sindaco di Milano, fossero interessarsi ad accreditarsi davanti al PD alla ricerca della sedia perduta. Così non sorprende la nota inviata alle redazioni da Giulio Lauri, Consigliere regionale eletto a suo tempo nelle liste di Sel dal quale era stato sfiduciato e che è evidentemente preoccupato dal disciogliersi della sedia di ghiaccio sulla quale è seduto. Dice Lauri: "Peccato per il passo indietro di Giuliano Pisapia , è la figura che in questo momento poteva evocare meglio l'idea di quel campo largo di forze e culture progressiste che è necessario creare oltre i confini di un PD tutt'altro che autosufficiente, ma io vado avanti lo stesso e così faremo in tanti in tutta Italia: non è che in queste ore il pericolo dei populismi e della destra sia improvvisamente venuto meno, anzi. Stupisce invece un paradosso: seppur in extremis, la disponibilità ad anticipare al Senato la calendarizzazione dello Ius soli da parte del PD e del Governo c'era, così dicono molti dei protagonisti, e quella di ieri è stata la giornata della rinuncia da parte di Alfano. Erano gli ultimi due problemi da risolvere dopo che il confronto con Piero Fassino aveva già prodotto diversi risultati positivi, e si sarebbero già visti nella manovra economica. In fin dei conti Pisapia ha lasciato nelle stesse ore in cui stava portando a casa il risultato, è questo il paradosso. Ma il problema in realtà non è lui, penso possa aver pesato molto la tenuta di chi gli si è messo accanto: in questi lunghi mesi c'è stato chi ogni volta ha voluto alzare un po' di più l'asticella dell'accordo. Gli stessi che non erano mai stati chiari nel percorso di mutazione di Sel in Sinistra italiana, e c'é da scommettere che alla fine alcuni di loro finiranno dritti fra le braccia - e i seggi - di Massimo D'Alema. Con tutto il rispetto per D'Alema, una fine un po' ingloriosa per chi per anni è stato sempre dalla parte opposta alla sua, e cioè come spiegava proprio Pisapia, nelle piazze dove si manifestava contro l'uso dei bombardieri a Belgrado in spregio della Costituzione o in quelle in cui si chiamavano a raccolta i giovani contro quel pacchetto Treu che ha spianato la strada alla precarietà del lavoro ben prima che si parlasse del Job act". Insomma questa l'interpretazione autentica pro-domo sua di Giulio Lauri. "Come dico in ogni occasione da mesi, aggiunge, per me la strada è chiarissima: per fare politiche di sinistra che cambino in meglio la vita dei cittadini qui ed ora, in questo momento storico in Italia l'unica strada è quella di rilanciare il centrosinistra, cambiandolo certo ma non distruggendolo. In Friuli Venezia Giulia lo abbiamo dimostrato governando la Regione insieme a Debora Serracchiani: si possono promuovere nuovi diritti, si può iniziare a redistribuire lavoro e risorse ed è necessario farlo. Servono però due nuovi ingredienti che sono stati sempre patrimonio della sinistra e che il PD finora ha dimenticato: sapere ascoltare ed essere umili, dismettendo arroganze, sicumere e velleità di autosufficienza". Bene facciamo gli auguri a Lauri per la sua poltrona, fedele è stato fedele, non tanto agli elettori ma alla governatrice uscente senz'altro, peccato che il PD del Fvg difficilmente sarà in grado di rispettare le promesse “collaterali” fatte. Lo dovrebbe ben comprendere anche Furio Honsell che con Lauri pare essere più compagno di merende che di programmi politici.