“Piazze” pro e contro le unioni civili: la saga dell’ipocrisia

Ieri si è consumato il Family Day, comunque a si pensi sul tema, una cosa salta all'occhio, si è trattato di una ipocrita manifestazione collettiva di quelle che non si vedevano da tempo. Non ipocrita ne contenuti, ben venga una discussione in democrazia, ma ipocrita per la scesa in campo palesemente strumentale di personaggi e forze organizzate in cerca di notorietà e riscatto che per farlo non esitano ad usare ogni mezzo, dalla paura del diverso come nel caso della criminalizzazione di profughi e migranti a quella della presunta distruzione delle famiglie facendo diventare politicamente utile dividere la società tra famiglia “tradizionale” e famiglia “arcobaleno”. Il tutto avviene nel nostro paese mentre si consumano drammi di portata storica come la crisi irreversibile del sistema economico globale, la “terza guerra mondiale” liquida e la dissoluzione nazionale del tessuto sociale, economico e produttivo. Intendiamoci in quella piazza, esattamente come in quelle che una settimana fa hanno portato in quasi cento città il “popolo arcobaleno” a manifestare, non vediamo destra contro sinistra, fascisti contro progressisti. Volendo fare proprio una etichettatura esemplificativa possiamo dire che al Circo Massimo vi erano conservatori liberali. Ma più che politica la differenziazione è di concezione della società, nessuno nega ovviamente che il concetto familiare sia importante, anzi la richiesta d regolare le unioni civili è la riaffermazione di questo, ma la concezione diversa non è neppure, almeno del tutto, fra famiglia eterologa o omosessuale, la differenza è di concezione, per il mondo conservatore infatti la famiglia è un’estensione della proprietà materiale dell’individuo come proprietà del capofamiglia.
Volendo proprio essere critici a 360 gradi e lungi il pensiero di avere la verità in tasca, quello che appare chiaro che in realtà ad essere in crisi è proprio il concetto di famiglia, quai che l'oggetto del contendere sia una “preda” ideologica agonizzante, per la quale le due “piazze” combattono come due belve feroci per strapparne il brandello più grosso e.... divorarlo nell'ipocrisia. La famiglia in realtà, anche se concettualmente e costituzionalmente non è certo sostituibile con altri modelli stile “comune” di antica memoria, è in crisi, sia essa “tradizionale” che “arcobaleno”. E' un’istituzione ipocrita dove due persone che dovrebbero amarsi, cercano (nel caso di gay e lesbiche) o hanno ottenuto, nel caso dei tradizionali, l’appoggio di un potere superiore per limitare la propria libertà individuale. Il matrimonio insomma visto come contenitore con le pareti alte e ripide dal quale deve rimanere difficile uscire. Un’istituzione dove, passata la prima fase di innamoramento, la grande maggioranza dei rapporti si basano sulla convenienza economica, sulla comodità di stare assieme, sulla difficoltà burocratica e finanziaria di separarsi, sul giudizio morale degli altri, sulla paura di rimanere soli, se va bene sull’affetto residuo o sul fatto che non si vuole ferire l’altro partner, in rari casi resta l’amore dall’inizio alla fine. Non fosse così non si spiegherebbero in Italia i milioni di uomini clienti abituali di prostitute e trans, o i tradimenti reciproci, per non parlare delle violenze domestiche o del fatto che fra le maggiori cause di separazione vi sono le difficoltà economiche, insomma implode tutto alla perdita di sicurezza. Fra l'altro questi problemi sono trasversali, gli stessi principali sostenitori politici della famiglia tradizionale, come ci hanno raccontato le cronache di questi ultimi anni, sono puttanieri impenitenti, frequentatori di ragazzine e trans, spicca poi la percentuali di separati e divorziati anche fra quelli da sempre contrari al divorzio. Insomma siamo alla saga dell'ipocrisia in salsa familiare.

Fabio Folisi