Pericolo ominicchi a Oriente. Nuova tensione fra Kim e Donald. La Corea del Nord ha lanciato un nuovo missile, gli Usa valutano opzione militare

“Adesso siamo una potenza nucleare. Abbiamo un missile in grado di colpire tutto il territorio degli Stati Uniti”. La minaccia coreana non è mai stata così concreta dopo l’ultimo test di ieri sera e dopo l’annuncio trionfante del dittatore Kim Jong-un. Ma quello che più dovrebbe spaventare è che siamo dinnanzi ad un ometto o se se preferite la qualificazione fatta da Leonardo Sciascia nel “Il giorno della civetta”, un ominicchio, categoria che “sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi”. E se Kim Jong-un è certamente un ominicchio non è che Donald Trump sia meglio. Insomma due ominicchi con il pulsante rosso della bomba, del missile. Per questo la crisi coreana è realmente pericolosa e Kim e Donald stanno mettendo in pericolo il mondo data la loro imprevedibilità. Da un lato un uomo d’affari dagli scarsi scrupoli e senza esperienza politica e dall’altra un dittatore ereditario circondato da pavidi funzionari e militari prezzolati. Mai come oggi una guerra atomica non sembra più impossibile. La Corea del Nord ha dichiarato di aver testato con successo un nuovo potente missile balistico intercontinentale (ICBM) che ha messo tutti gli Stati Uniti continentali nel suo raggio d’azione. Pyongyang afferma di aver così raggiunto il suo obiettivo di diventare una potenza nucleare. Ha fatto sapere che il nuovo missile ha raggiunto un’altitudine di circa 4.475 km (2780 miglia) e ha volato per 950 km (600 miglia) durante i suoi 53 minuti di volo. Dati in qualche modo confermati dal Pentagono secondo cui l’Icbm è stato lanciato da Sain Ni in Corea del Nord e ha viaggiato per circa mille chilometri prima di cadere nel Mar del Giappone. Precisamente, fonti del governo giapponese fanno sapere che è caduto in mare vicino alla Zona economica esclusiva del Giappone, insomma quasi acque territoriali. Il Pentagono, che sembra voglia stemperare gli animi contrariamente a Trump che a furia dimostrar muscoli rischia di perdere la testa, aggiunge anche che il missile non ha costituito una minaccia per gli Stati Uniti, per i suoi territori o i suoi alleati. Un missile precedente lanciato dalla Corea del Nord il 29 agosto, aveva sorvolato il Giappone, era rimasto in aria solo per 14 minuti non per quasi un’ora. Secondo la ricostruzione fatta dall’esercito della Corea del Sud, il missile è stato lanciato da Pyongsong intorno alle 19.17 ora italiana, sul mare fra Corea del Sud e Giappone. Inoltre l’esercito di Seul ha fatto sapere che, pochi minuti dopo questo lancio, ha compiuto a propria volta un test missilistico di risposta alla provocazione.
Gongola come un bamboccione con il suo nuovo giocattolo il dittatore nord coreano Kim Jong-un che ha rivendicato che Pyongyang è “ora una potenza nucleare in grado di colpire qualsiasi punto dell’intero continente nord americano”. Secondo l’agenzia ufficiale di Pyongyang, Kcna, “l’Hwasong-15 è in grado di trasportate una testata nucleare enorme e può colpire l’intero territorio statunitense”. Missile e testata che “difenderanno la Corea del Nord dalla politica imperialista di ricatto nucleare degli Stati Uniti e dalla (loro) minaccia nucleare”. In effetti se fosse stato lanciato a un’angolatura standard, secondo gli esperti, il missile avrebbe potuto coprire una distanza di diecimila chilometri, raggiungendo quindi gli Stati Uniti continentali. In realtà però gli analisti militari dubitano ancora che i tecnici nordcoreani siano riusciti a sviluppare un cosiddetto “veicolo di rientro nell’atmosfera” in grado di trasportare intatta la testa atomica miniaturizzata fino al punto di impatto prescelto, a qualche centinaio di metri di altezza dall’obiettivo, quando dopo aver completato la parabola l’ogiva del missile si apre e rilascia una testata e diversi falsi bersagli per confondere le difese. Gli stessi analisti però ammettono e temono che il traguardo non sia lontano. A crederci c’è però Donald Trump secondo cui con l’ultimo lancio di un missile balistico intercontinentale (Icbm) la Corea del Nord, ha operato “una provocazione” che danneggia la sua stessa sicurezza e isola ulteriormente il regime dalla comunità internazionale” e aumenta l’impegno degli Usa ma non solo, “a combattere la minaccia nordcoreana”. Così il presidente americano nel colloquio con il premier giapponese, Shinzo Abe. Per fortuna a dispetto del clamore mediatico, le possibilità di un attacco americano contro la Nord Corea restano relativamente scarse, se però non consideriamo l’effetto Donald la cui imprevedibilità potrebbe non essere del tutto bloccata.
Un attacco mirato contro le installazioni nucleari nord coreane infatti presenta innumerevoli controindicazioni di natura militari. In primo luogo non è certo che sia possibile eliminare l’intero arsenale nucleare di Pyongyang senza causare danni enormi all’ambiente e alla popolazione civile. Inoltre basterebbe che un singolo ordigno non convenzionale sopravvivesse al primo attacco per mettere, se non gli Usa, almeno la Sud Corea in pericolo di subire una ritorsione atomica. Ma anche se l’attacco americano venisse condotto con precisione chirurgica, distruggendo tutte le armi atomiche di Kim Jong Un e senza causare una catastrofe nucleare, lo scenario sarebbe comunque da incubo. La Nord Corea dispone infatti di una enorme artiglieria convenzionale già disposta lungo il confine con la Sud Corea che sarebbe in grado di colpire l’area metropolitana di Seul, dove vivono decine di milioni di persone. Anche se secondo gli esperti militari si tratta di armamenti non particolarmente evoluti e che, una volta aperto il fuoco, sarebbero facilmente individuabili e quindi eliminabili, i danni anche limitati ad una prima bordata ritorsiva da parte di Pyongyang potrebbero comunque essere enormi. Quindi per ridurre il rischio di un’ecatombe umanitaria gli Stati Uniti e i suoi alleati dovrebbero attaccare contestualmente l’intero arsenale convenzionale nord coreano oltre a quello nucleare. Certo la macchina bellica Usa è teoricamente in grado di sostenere uno sforzo di questo genere ma il rischio che qualcosa vada storto è più che plausibile. Ma l’opzione militare, anche andasse tutto bene, provocherebbe una reazione della Cina. Pechino è oggi disponibile al dialogo con Washington sul dossier nord coreano e l’impegno di del presidente Xi Jinping è notevole, ma un eventuale attacco Usa su larga scala se non concordato rischierebbe di riportare le relazioni fra Cina e occidente indietro di almeno 60 anni. La Cina fra l’altro sta cercando di limitare la proiezione dell’ombrello militare Usa sul proprio territorio e una Nord Corea invasa da sud coreani e americani significherebbe per Pechino avere le truppe “nemiche” a ridosso del proprio confine. Uno scenario strategico da incubo per i militari cinesi. La stessa Russia non resterebbe probabilmente passiva. Resterebbe l’opzione della decapitazione del regime di Kim Jong Un e magari un annichilimento delle sue capacità militari ma senza che il territorio Nord coreano venga invaso e controllato da potenze straniere. Insomma potrebbe diventare uno Stato cuscinetto con la Cina. Ma vista l’estrema povertà di quel Paese vi sarebbe una probabile ondata di profughi che a milioni si riverserebbero sul confine cinese.
Insomma l’unica speranza per la pace nell’area sta unicamente nel fatto che al momento non esiste un opzione militare valida e soprattutto un una exit strategy, cioè un piano per il “dopo” che consenta di stabilizzare l’area evitando il ripetersi di situazioni come quella siriana, irachena o libica.