Per fare cultura, prima bisogna sapere cos’è

o-BENNI-facebookEntro brevemente nel merito del battibecco tra lo scrittore Stefano Benni e il ministro della cultura, Dario Franceschini. La notizia è di oggi: Benni rifiuta il Premio De Sica per protestare contro un Governo che taglia i fondi alla cultura. Il ministro s’imbizzarrisce e accusa Benni di ignoranza. Secondo Franceschini, infatti, il Governo Renzi sarebbe esempio di mecenatismo e, a sostegno della sua tesi, sciorina una serie di cifre erogate quest’anno a favore della cultura e, nello specifico, a una manciata di musei, al Fondo Unico per lo Spettacolo, a un generico settore cinematografico e a un pugno di biblioteche. Finanziamenti che, a dirla tutta, non sembrano seguire un piano preciso e strategico di sviluppo in prospettiva, ma sembrano subire una distribuzione quasi casuale, senza vantaggi sinergici tra i beneficiari, senza un progetto di fondo teso al futuro. Insomma, il bollettino di somme elargite da Roma a destra e a manca, ci sono sembrate le granaglie lanciate cantando “pio pio” nel pollaio.
“Quelli di Renzi – obbietta infatti lo scrittore Benni – sono decreti distruttivi e improvvisati. La cultura, e la sua sorgente, la scuola, andrebbero rispettate e aiutate in modo diverso; accettiamo responsabilmente i sacrifici, ma non quello dell'intelligenza”.
Francamente comprendiamo il pensiero dell’autore di “Bar Sport” e lo condividiamo. C’è una frase che Benni ha sottolineato: “riportare la cultura al centro dell’azione politica”; per quanto nauseante sia diventata riempiendo la bocca di tutti, è di fatto è fondamentale. Perché quell’azione non è ancora mai stata iniziata. Ed è proprio l’intento che dovrebbe stare alla base di ogni scelta di contributo, ma che invece è disatteso. Sì perché i soldi e gli aiuti devono essere distribuiti in modo sensato creando una rete culturale efficiente e capace di dare frutti un domani. Un ingranaggio ben oleato che consenta alle grandi istituzioni di fare da traino e sostegno alle più piccole distribuite sul territorio. Perché la cultura non si concentra in poche realtà blasonate e polverose, ma è capillare, viva e disseminata ovunque. La scuola in primis, ha ragione Benni. E l’Università. Ma visto che la cultura è ciò che concorre a formare l’uomo sul piano intellettuale e morale, aiutandolo ad essere consapevole del suo ruolo all’interno della società, ecco che per aiutare e sostenere sul serio la cultura non può essere trascurato il patrimonio delle piccole comunità, dei piccoli archivi di stato, delle piccole case editrici, la cultura del radicamento, delle origini, della terra. E seguendo questo discorso siamo portati a dare uguale dignità a una Filarmonica e a una banda di paese. La cultura non significa l’accumulo di nozioni a memoria, o cose viste dentro a stanze polverose. La cultura è azione continua, movimento, tensione. Essa è educazione che si acquisisce in tantissimi modi: dalla conoscenza del passato, delle tradizioni, dall’educazione all’ambiente, al rispetto del paesaggio. La cultura è ciò che aiuta a discernere, e non ciò che distrae, la cultura e ciò che insegna a leggere il presente per poi per interrogarsi sul domani e su come fare affinché sia migliore. La cultura è ciò che mette l’uomo in rapporto alla sua esistenza, riempiendo il presente del futuro.
Ma tutto questo, oggi, è seriamente minacciato da una scurrile e volgare realtà che ha ormai corrotto le masse, incapaci di ambire al bello, all’altezza, all’idea; abbruttite da una scala valoriale abietta. Scopo di un governo sarebbe combattere tutto questo, e non esserne connivente. E qui, il primo grande fallimento. Abbiamo detto scuola, università, biblioteche, musei, cinema, musica, spettacoli, teatro, e chi più ne ha più ne metta. Ma prima di arrivare a comprendere questi beni, bisogna un attimo tornare alle aste e rieducare il popolo e i politici. Torniamo a scuola tutti, e che le scuole siano all’altezza. Perché quello che più serve insegnare in questo paese, prima di ogni cosa, è il rispetto. E il rispetto lo deve imparare prima di tutto il governo, perché se davvero vuole salvaguardare i suoi cittadini di oggi e di domani, si rilegga pure la costituzione, perché suo compito è rimuovere ogni ostacolo che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, e l’intelligenza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Ecco a cosa bisogna mirare oggi, per rimettere la cultura al centro dell’azione politica che, per quanto mi riguarda, dovrebbe portare a un progresso dignitoso e pacifico per tutti.