Per capire la vita, ci vuole un amore irregolare

Aurore

Aurore

Essere donna nella prima metà dell’Ottocento, non era facile. Sebbene stiamo parlando del secolo positivista e illuminato, la disparità tra i sessi era ancora rigidissima. In letteratura furono molti gli scrittori che affrontarono la delicata questione, uno fra tutti fu Gustave Flaubert, che con la sua immortale eroina, Emma Bovary, fece un ritratto straordinario e delicato della donna piccolo borghese di provincia, romantica, ed esasperata dal grigiore della vita quotidiana.
Ma se madame Bovary, oppressa dalla mediocrità del marito, dall'ottusità della società circostante con tutti i suoi soffocanti pregiudizi non seppe essere eversiva, fallendo il suo sogno di lussuria, amori romantici e libertà dal ruolo di moglie e donna obbediente e sottomessa, prestabilito dalla morale del tempo, Ci fu una donna che, nel mondo reale, invece, riuscì dove Emma fallì.
Stiamo parlando di George Sand, pseudonimo di Amantine Aurore Lucile Dupin (Paris 1804 – Nohant 1876), scrittrice francese che impose all'editoria i suoi 90 romanzi grazie a una falsa identità, maschile. Nella prima metà del XIX secolo, infatti, le donne scrittrici non erano viste di buon occhio. Anzi, si ritenne che le ragazze dovessero abbandonare gli studi prima dei ragazzi, per tornare a casa e completare la loro educazione imparando dalle madri a badare al focolare. Era opinione comune, infatti, che la conoscenza letteraria distogliesse le donne dalla loro missione di madri e spose.
Ma la nostra “George” impose una ribellione ferma ed efficace.
Eppure i suoi trascorsi non furono dissimili dalla vita di Emma Bovary: dopo la separazione dei genitori, Aurore fu rinchiusa in un collegio di suore inglesi e a diciassette anni sposò il barone Casimir Dudevant. La coppia si trasferisce in campagna ma ben presto il matrimonio risultò fallimentare fino alla separazione avvenuta nel 1831. La Sand si trasferì così a Parigi, dove conobbe lo scrittore Jules Bandeau, grazie al quale scoprì di essere una scrittrice di talento.
Il suo primo libro è una vera beffa verso la stupidità dell'epoca; “Indiana”, questo il titolo, è la storia di una donna infelicemente sposata a un vecchio borghese. Il tema, dunque, degli obblighi familiari è ricorrente. Ma il romanzo della Sand, contrariamente alla dimensione romantica del secolo, fu scritto con un linguaggio asciutto e senza fronzoli. Ed ecco che, la critica, non sapendo che dietro l'autore si nascondeva un'autrice, si dimostrò entusiasta: “Indiana – scrisse – è opera originale, rottura con il romanzo classico grazie al suo realismo, attualità ed innovazione. Ecco un autore che ha osato entrare nella via della riforma del romanzo”.
Senza posa non fu soltanto la sua produzione letteraria, ma anche la sua vita sessuale: Alfred De Musset e Fryderyk Chopin furono tra i suoi amanti più famosi, ma nel gruppo dei sedotti vi furono anche parecchie donne. Ambigua, bisessuale, femminista, la Sand fu attiva anche nel dibattito politico partecipando al governo provvisorio del 1848 simpatizzando per il Socialismo. Inoltre, la sua opposizione al potere e alla politica temporale ed illiberale del Papa, fece mettere “all'indice” tutti i suoi libri.
Insomma: il successo di Aurore Dupin, la cui vita non è escluso possa avere ispirato lo stesso Flaubert, fu, in un certo senso, la rivalsa della povera Bovary.
Ma anche Aurore, sebbene in modo meno estremo, non fu indenne dal giudizio implacabile della società.
Con lei, infatti, gli scrittori del tempo furono davvero impietosi: “più che una donna è un uomo!” malignavano nei caffè letterari, “E' donna per puro caso, uno scherzo del destino!”.
Uno tra i suoi critici più schietti, sebbene accondiscendenti, fu Henry James, che nelle sue critiche dà una particolare inflessione alla virilità di Aurore.
Ma a dirla tutta, sebbene la donna vestisse da uomo, fumasse il sigaro e amasse il gioco delle carte, la sua femminilità trapelava con prepotenza da sotto il “panciotto”; anzi, forse proprio per via del panciotto. 20c5cdb1fd441fe9acebb1a3a69e801b
Quello che la società maschile non digeriva, infatti, fu la spudorata invasione di campo. Aurore, diventando a suo capriccio anche George, dimostrò che ciò che può fare un uomo, lo può fare altrettanto bene una donna: scrivere romanzi, giocare d'azzardo, fumare, e avere una vita erotica disimpegnata, varia e allegra.
Insomma, una brama di vita che, fino a quel momento, era prerogativa maschile, così come il rifiuto del ruolo coniugale e l'aspirazione a rimanere scapoli.
«Vi era – scrisse James - fuori della residenza di Nohant, una vasta faccenda chiamata la vita, e di questa vita fatta di viaggi, amicizie, amori, la Sand volle avere una conoscenza di prima mano».
Il fatto è che la scrittrice, nella sua sconveniente onestà intellettuale, aveva tutte le carte in regola per essere immortale: “La semplicità – scrisse - è la cosa più difficile da ottenere a questo mondo; è l'estremo limite dell' esperienza e l'ultimo sforzo del genio”.
La Sand fu una rivoluzionaria non soltanto nella vita, ma anche nella letteratura; ella, infatti, fu la prima ad osare scrivere la biografia della sua vita.
Con “Storia della mia vita”, l'autrice intese imporre, con estremo coraggio, non soltanto la modernità in campo letterario, ma anche la politica dei nascenti movimenti femministi. Con la sua storia personale data in pasto al pubblico, scandalizzando la società “civile” e morale, l'autrice dimostrò alle donne che potevano emanciparsi e che, soprattutto, potevano essere autonome, senza il bisogno della tutela del padre o del marito.
Ma se c'è qualcosa che riteniamo assolutamente veggente nell'opera della Sand, era la necessità di esorcizzare una realistica catastrofe: una società abitata soltanto dai pochi ricchi, sulle ceneri di milioni di poveri.
Era questa la sua ossessione, misurata sull'ossessione che la Sand ebbe per un quadro di Holbein dal titolo: “La morte del diavolo” (1836), dove viene simbolizzata la sofferenza del popolo davanti ad una società di ricchi. Davanti a quest'opera, la scrittrice diventava una vera passionaria, rifiutando con estrema fermezza l’ineguaglianza.
Eppure la Sand sapeva, con il raziocino di cui non difettava, che, come scrisse, “la vera realtà è fatta di bello e di laido, di opaco e di brillante”.