Pd: allo scoperto le tre anime, il ritorno di D’Alema “spacca”

Archiviato il bipolarismo, il numero tre sembra ormai marcare il passo della politica italiana. Tre infatti sono i poli, centro sinistra, centrodestra e Movimento 5 stelle. Ora con la ridiscesa in campo di Massimo D’Alema e la nascita dei comitati per il ”No” in vista del referendum sulle riforme costituzionali, anche il Pd appare spaccato in tre anime distinte.
Da una parte renziani vecchi e nuovi, in mezzo, il senza tempo ma non certo inossidabile Bersani ed il suo manipolo di seguaci e da oggi, a sinistra della sinistra interna, Massimo D’Alema la cui consistenza è ancora da tarare, perchè alle indubbie capacità d’analisi dell’uomo, fanno contrappeso la sua storia e spigolosità caratteriale che all’interno del Pd gli ha procurato non pochi nemici. Una spigolistà schietta però, non come quella guasconesca dell’attuale premier. Insomma la possibilità di una scissione oggi è più probabile perchè il ruolo di pompieri fatto dai bersaniani, man mano che si avvicina il giorno del referendum, diventa sempre più debole tanto che alla fine, lo stesso Bersani, dovrà decidere senza ambiguità con chi stare: con il Si o con il No, il “Ni” tenuto sino ad oggi non potrà reggere ancora a lungo.
Lo spettro di una scissione dagli esiti imprevedibili che aleggia nelle stanze del Nazzreno è quindi sempre più reale e potrebbe presto trasformarsi in un soggetto politico in carne e ossa.
La sfida lanciata da D’Alema sul referendum del resto appare senza nessuna possibilità di mediazione: «È una riforma che è un pastrocchio fatto da trasmormisti e spacca il Paese, ha detto l’ex premier, non sia altro che una prova di distruzione nel partito dove ora è segretario Matteo Renzi». D’Alema durante la presentazione dei comitati è stato durissimo «la vittoria del ”No” segnerà la fine dell’idea del partito di Renzi e del partito della Nazione, un’idea dannosa. Noi non abbiamo l’appoggio di Confindustria, non abbiamo il sostegno di Marchionne, ed è curioso che un cittadino del Lussemburgo sia così appassionato del referendum, ma, come si dice, non perdiamoci di vista, non solo di qui al referendum, ma anche dopo». E ancora sempre più incalzante: «Abbiamo promosso questa iniziativa su base della richiesta proveniente da tante parti del Paese. Si tratta di una richiesta che secondo me allude anche ad altro». «esiste, ha aggiunto, un fenomeno immenso che riguarda milioni di persone che hanno smesso di votare Pd, spesso scegliendo di non votare, e di migliaia che non hanno rinnovato la tessera del Pd. Alle ultime amministrative, il Pd ha perso più di un milione di voti. C’è un partito senza popolo e un popolo senza partito, al quale non vogliamo dare un partito ma un’occasione d’impegno civile». Insomma un D’Alema che sembra aver accettato il guanto della sfida lanciatogli, se non direttamente da Renzi, da una parte dei suoi fedeli pasdaran che hanno invocato una resa dei conti interna in vista del voto referendario. Del resto è notorio che una parte di renziani di ferro farebbe a meno di D’Alema, compresi alcuni storici dalemiani che nel tempo, attratti dalla necessità di garantirsi la “cadrega”, sono passati dalla parte di Renzi.
L’ex premier, fra l’altro, furbescamente non ha annunciato una scissione, vuole che questa nasca naturalmente in ogni caso. Insomma vinca il No o il Si l’Italia ed il Pd usciranno spaccati ed allora sarà l’ora della resa dei conti senza spazio per ambiguità. Del resto un segnale nasce dl fatto che non solo D’Alema era presente in quella sala del “no”, anche se lui obiettivamente fa più notizia, in platea, si potevano vedere anche il consigliere Rai Carlo Freccero, i senatori Massimo Mucchetti e Paolo Corsini, Massimiliano Lucchetti, il friulano Carlo Pegorer e l’europarlamentare Antonio Panzeri, per rimanere nell’alveo interno al Pd. Ma c’era anche Alfredo D’Attore di Sinistra italiana che ha dato l’appoggio ai comitati del ”No” avvalorando la tesi che in reatà, referendum o meno, qualcosa si stia muovendo nell’intero centrosinistra con il rischio che si arrivi anche la frattura nel Pd. Ma siccome di politica pura non si vive, bisogna mettere sul piatto della bilancia anche le polemiche dell’ex tesoriere Ugo Sposetti sull’eredità del Pci, ovvero la “cassa” e l’eredità storica del partito, questa questione incandescente alla fine potrebbe innescare le polveri di una santabarbara che potrebbe davvero spezzare in due la nave Pd. Perchè in politica le mediazioni magari pasticciate si trovano, ma sulla divisione delle eredità si sono sfasciate “famiglie” di ogni tipo.