Parlamento Ue: rafforzare i controlli sulle esportazioni di armi dell’Ue, ma è scelta tardiva

La sensazione è che si sia chiusa la stalla a buoi scappati, ma almeno formalmente dal Parlamento europeo è arrivata la richiesta che ci si doti di un meccanismo per imporre sanzioni agli Stati membri che violano le regole comuni in materia di esportazione di armi. È quanto richiesto dal Parlamento europeo che mercoledì scorso ha approvato una risoluzione sul controllo delle esportazioni di armi con 427 voti in favore, 150 voti contrari e 97 astensioni.
La decisione colma un vuoto pesante, infatti nonostante ci siano regole concordate congiuntamente che stabiliscono chi può ottenere la licenza di esportazione delle armi, gli Stati membri hanno omesso sistematicamente di applicarle. Il Parlamento, quindi, chiede un meccanismo per imporre sanzioni agli Stati membri dell’UE che violano le regole ma purtroppo lo fa a fine legislatura ed è molto probabile che la risoluzione non abbia in realtà effetti concreti.
Per i deputati, avere norme comuni sulle esportazioni di armi è essenziale per evitare abusi dei diritti umani e impedire l’utilizzo di armi europee contro le stesse forze europee.
I deputati nei vari interventi hanno riportato alcuni esempi particolari, come quello dell’Arabia Saudita: nonostante il Paese violasse sei degli otto criteri stabiliti comunemente, quasi tutti gli Stati membri hanno dato il via libera all’esportazione di armi, compromettendo così l’intero sforzo europeo di controllo degli armamenti.
Nella risoluzione, gli eurodeputati sottolineano che le navi da guerra esportate hanno contribuito a rafforzare il blocco navale nello Yemen, mentre gli aerei e le bombe ( di coo-produzione anche italiana) sono state fondamentali per la campagna aerea, causando sofferenze continue alla popolazione dello Yemen.
Nell’atto ci si congratula con la Germania e con l’Olanda, che hanno cessato di vendere armi all’Arabia Saudita, mentre si criticano gli Stati membri che ancora non l’hanno fatto.
I deputati chiedono anche un embargo nei confronti di tutti gli altri membri della coalizione guidata dall'Arabia Saudita nello Yemen.

I deputati affermano di essere "sconvolti per la quantità di armi e munizioni di fabbricazione europea trovate nelle mani di Da'esh in Siria e in Iraq". Secondo la posizione comune dell'UE, gli Stati membri devono garantire che le licenze di esportazione non siano dirottate verso utenti finali indesiderati. Tuttavia, alcuni Stati membri dell'UE, come la Bulgaria e la Romania, non applicano efficacemente questa disposizione.
Per evitare il rischio che le armi finiscano nelle mani sbagliate, i deputati chiedono a tutti gli Stati membri di "rifiutare in futuro trasferimenti simili, in particolare verso gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita".
“Le esportazioni di armi non stabilizzano i Paesi o le regioni straniere, né contribuiscono a creare la pace. Le armi amplificano i conflitti”, ha ricordato la relatrice Sabine Lösing (GUE/NGL, DE). “Le armi europee sono fondamentalmente responsabili della guerra in corso nello Yemen. La posizione comune sulle esportazioni di armi deve essere attuata efficacemente. Ciò include, tra l’altro, un meccanismo di sanzioni”.
Secondo la 19ª relazione annuale sulle esportazioni delle armi, l'UE è il secondo maggior fornitore di armi al mondo (27% delle esportazioni mondiali di armi), dopo gli Stati Uniti (34%) e prima della Russia (22%). Nel 2016, il 40,5% delle licenze di esportazione delle armi è stato concesso a paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. L’Arabia Saudita, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) rappresentano la maggior parte di tali esportazioni (57,9 miliardi).
La posizione comune dell'UE sulle esportazioni di armi è l'unico accordo giuridicamente vincolante a livello regionale sulle esportazioni di armi convenzionali. Essa elenca otto criteri che gli Stati membri devono applicare quando prendono una decisione sulla licenza di esportazione di armi.