Pace. E’ ora di iniziare a crederci

imagesSaranno più di tre mila i giovani da tutta Italia che s'incontreranno a Udine per manifestare a favore della pace nel mondo. E dopo le manifestazioni cittadine previste per il 17 aprile, il 18 si sposteranno nelle trincee del Friuli Venezia Giulia per continuare a dar voce al loro messaggio, anche in occasione dei 100 anni dall'entrata in guerra dell'Italia.

Un messaggio forte al quale il Comune di Udine vuol farsi partecipe. La domanda che però ci facciamo è questa: dopo secoli di conflitti, tirannie, corse agli armamenti, di fronte all'omertà e ai silenzi complici dei governi, denunciati recentemente anche da papa Francesco, è ancora possibile salvare la pace? Probabilmente sì, perché la prossima mobilitazione giovanile dimostra che le nuove generazioni non hanno ancora perso la fiducia nel dialogo. A differenza dei “fratelli maggiori”, i ragazzi di oggi non si arrendono all'idea che tutto è perduto, che vano e ideologico è ogni tentativo di “rivoluzionare” la cultura; ne sono prova i grandi movimenti nati in questi ultimi anni, la “Primavera araba” e, più vicino, anche quelli per la lotta contro la Mafia, “Libera” e “No pizzo” ne sono esempi emblematici. E visto che il futuro sarà nelle mani di questi giovani, le istituzioni, le famiglie, le scuole e le università, hanno l'obbligo di dare appoggio con tutta la fede possibile. Quello che nei prossimi giorni vedremo qui in Friuli, una manifestazione senza precedenti in Italia, ci suggerisce la volontà degli uomini di domani di creare un nuovo ordine teso alla pace, una “rivoluzione” di pace che, o si fa su scala internazionale con l'appoggio di tutti, o non si fa per nulla. Noi speriamo, dunque, che questo sia solo un esempio presto seguito anche in altri Paesi, perché lo sforzo alla pace, anche nel combattere minoranze armate che minacciano di conquistare il potere, lo si deve fare non su scala nazionale, ma planetaria, universale.
Le scuole e le università in questo possono fare molto, perché la pace non è possibile soltanto nei paesi occidentali così detti “civili”, ma ovunque la si voglia davvero. Una cultura nuova, una vera rivoluzione culturale, deve insegnare da subito che i paesi con governi retti sull'omicidio non possono che avere, al loro interno, il proliferare della criminalità; e da subito bisogna insegnare che i totalitarismi, con le loro economie di mercato o le loro armi (nel mondo si spendono 3 milioni di euro al minuto per gli armamenti) sono il primo nemico da combattere. 0af6f2ade2156b17ff563b2b188bf2d4-300x188
La famiglia, le scuole e le università, se davvero vogliono fare la differenza raccogliendo questi segnali di cambiamento, devono trovare un nuovo e forte impegno morale che spinga le nuove generazioni e quindi le future istituzioni a dedicarsi costantemente anima e corpo alle questioni fondamentali della vita. E' così che dovrà iniziare quella rivoluzione culturale che tanti auspicano, unica vera soluzione al male ideologico, politico ed economico.
E' necessario che noi tutti impariamo a dare un senso all'assurdo, smettendo di etichettare i conflitti come insensatezze, rendendo il problema astratto e distante dal nostro privato; è necessario riconoscere il male che alberga in ognuno di noi, senza ipocrisia e paura, imparare ad accettarlo, comprenderlo, per poi incanalare tutto il suo potenziale nelle spinte propositive. E' necessario che l'uomo faccia i conti con sé stesso fino in fondo per riuscire così a sostenere, dal fondo dell'abisso, la necessità della speranza, fonte di creazione in antitesi alla distruzione. Ecco: è con questi presupposti che secondo noi può avere senso ed efficacia quello che gli organizzatori di questo evento regionale, ma di respiro nazionale, chiamano “laboratorio europeo per la cultura della pace”, e che si svolgerà proprio nelle trincee che un secolo fa videro morire migliaia e migliaia di ragazzi.
I ragazzi rifletteranno molto sui conflitti che ancora oggi dilaniano il pianeta e sulle iniziative di pace che dobbiamo assumere. Sarebbe il caso di iniziare ad ascoltare, facendo in modo che manifestazioni del genere non siano soltanto occasione di presenzialismo e pubblicità.
Insomma questo meeting di pace, che vede la collaborazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e di oltre duecento organizzazioni nazionali, è necessario farlo uscire dai confini nazionali, deve fare da sprone alle università di tutta Europa, ai movimenti giovanili di tutto il mondo che dovranno essere interpellati e coinvolti. Non deve avere la durata di due giorni, non deve restare una “merenda” sui prati di Monfalcone, Fogliano Redipuglia, Sagrado, Savogna d’Isonzo, Gorizia, Nova Gorica, Drenchia e Tolmin, ma diventare l'inizio di una vera rivolta armata di autentico dialogo.