Non solo Italicum e giochetti di palazzo, Renzi scopre che a far “spallucce” alla piazze si rischia la credibilità

I festeggiamenti sull'Italicum  per Matteo Renzi sono durati una notte. La vittoria del suo Pd “personale” sul resto del mondo politico è infatti stata offuscata già nella mattina dalle notizie di piazze piene come non mai per la manifestazione contro la riforma della scuola targata Giannini che ha centrato il difficilissimo risultato di riunire tutte le sigle sindacali del mondo della scuola. Non accadeva dai tempi in cui i sindacati autonomi erano embrionali e il ruolo di primo piano era solo quello della triplice. Ma non solo i sindacati ai quali come è noto Matteo Renzi è allergico, a protestare è stato il popolo della scuola nella sua interezza, studenti compresi, uniti una volta tanto da obiettivi comuni con i loro insegnanti. Certo Matteo Renzi potrebbe far spallucce anche verso l'intera categoria della formazione come ha fatto nei confronti del parlamento, ma il risultato sarebbe molto più rischioso. Non solo perchè, esclusi gli studenti, al mondo della scuola appartengono centinaia di miglia di persone, ma perchè questi hanno anche il potere di orientare, sono capillari e non sono aggirabili con un tweet come Renzi fa spesso con i mezzi di informazione. Nessun alibi non è neppure stato fornito dalle piazze, dove in migliaia hanno manifestato in modo pacifico. Così anche se sulla carta Governo e maggioranza, ribadiscono la bontà del disegno di legge e l'intenzione di andare avanti, dall'altra sono stati costretti a lasciare una porta aperta al dialogo. "Non c'è un prendere o lasciare”, aveva detto alla vigilia il ministro Maria Elena Boschi: “Se ci sono modifiche da fare, le faremo. Non c'è chiusura totale". Concetto ribadito anche poche ore fa, dal premier Renzi da Bolzano dove ha partecipato a una convention Pd, il premier al suo arrivo è stato contestato da un centinaio di studenti che gridavano slogan contro la riforma della scuola davanti al teatro della città, dove era atteso l’intervento del premier. A fine discorso il capo del Governo ha commentato gli eventi della giornata: “Ci sono tante persone che protestano, noi ascoltiamo perché è giusto, entrando anche nel merito, ma abbiamo messo 3 miliardi sulla scuola. Qualcuno dice che sono pochi, ma certo più di prima che non c’erano”. “Oggi abbiamo il coraggio di rimettere in moto le energie migliori partendo dalla scuola”. "Siamo disposti ad ascoltare tutti" Ha aggiunto infine il premier. Le manifestazioni si sono svolte in sette città (Aosta, Bari, Cagliari, Catania, Milano, Palermo, Roma), e hanno visto schierati compatti cinque sindacati della scuola: Flc Cgil, Uil Scuola, Cisl Scuola, Snals Confsal e Gilda. Hanno manifestato anche i Cobas - Usb, Unicobas, Anief e sigle minori - in dodici città. Protesta, quella dei Cobas, che proseguirà anche mercoledì 6 e martedì 12, per tentare di boicottare i test Invalsi, che avrebbero dovuto svolgersi oggi nelle seconde e quinte delle primarie, rinviati all’ultimo momento per non farli coincidere con la giornata di protesta. Ma non solo classici comizi, ma anche flash mob e dibattiti per manifestare il dissenso nel merito dei contenuti del disegno di legge 2994. A sfidare il governo, insieme a sindacati e studenti, anche alcuni esponenti della minoranza Pd, come Stefano Fassina e Pippo Civati.

Ma cosa prevede questa riforma tanto contestata da insegnanti e studenti. Vediamo in grandi linne perchè si tratta di meccanismi tecnci complessi che in realtà sono ancora allo studio da parte delle stesse organizzazioni sindacali. Ma lo spirito delle norme appare chiaro. In tema di organici le contestazioni maggiori, soprattutto sul concetto di autonomia completamente gestita dai dirigenti scolastici anche per le supplenze. Sono in sostanza i dirigenti che scelgono i docenti, è infatti confermata l'istituzione di albi regionali, divisi in liste provinciali e subprovinciali da cui i dirigenti potranno attingere per l'assunzione dei docenti. Nelle liste confluiranno i neoassunti e i docenti già di ruolo, ma a seguito di domanda di mobilità. Il dirigente potrà proporre al docenti un incarico su cattedra o su organico funzionale in base al curriculum. La proposta potrà essere avanzata anche a docenti che coprono in modo stabile una cattedra in altra scuola. Gli incarichi si rinnovano ogni 3 anni. Dirigenti sceglieranno i docenti già dal 2015/16, ma solo i neoassunti. Poi a regime per tutti.
Insomma si supera il precariato ma a tempo in una logica triennale che somiglia tanto al triennio del jobs act. Una soluzione che modificherà anche l'impianto della mobilità, dato che i docenti potranno entrare soltanto negli albi e non chiedere una scuola specifica. Confermata anche la formazione obbligatoria per i docenti 50 ore l'anno non retribuite con delle novità rispetto alla prima bozza di riforma. I docenti avranno 500 euro annui a disposizione da spendere per la propria formazione, si va dai libri ai software, dai concerti ai corsi di formazione. Restano gli scatti di anzianità, ma che dovranno essere distribuiti dal dirigente sulla base di specifici criteri che vanno dal rendimento degli alunni, innovazione metodologia didattica, miglioramento complessivo della scuola, qualità dell'insegnamento. Insomma un potere enorme in mano ai dirigenti che secondo molti insegnanti non hanno la preparazione e spesso l'equilibrio per gestire tale potere da “uomo solo al comando”. C'è poi la delicata questione delle scuole private, in cenere cattoliche, con uno stanziamento di pari a 66,4mln per detrazioni alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole non statali. Una detraibilità del 19% per le spese sostenute per la frequenza di scuole paritarie, per un importo annuo non superiore a 400 euro.
Insomma oltre ai contenuti che sicuramente troveranno alcune modifiche il dato politico è che forse, Renzi, si sta rendendo conto che le alchimie di palazzo non sono tutto e che esiste una società che lo giudica molto severamente.