Non è dal Franco coloniale che fuggono i migranti africani

Strappa un sorriso il fatto che prima Di Maio e poi Di Battista abbiano scoperto consultando probabilmente il loro sussidiario di quinta elementare che l'Africa ha una storia coloniale e che la Francia ha, al pari di altre nazioni europee, delle enormi responsabilità storiche. Purtroppo un “pazienza sò ragazzi” cozza pero con il fatto che certe dichiarazioni in bocca a chi ha delle responsabilità politiche di primo piano possano avere conseguenze devastanti. Basti pensare che l'inasprisi delle dichiarazioni contro la francia ha già provocato reazioni operative precise e che le nuove dichiarazioni pentastellate potrebbero fare inasprire. Un esempio la vicenda Fincantieri-Stx con l'attivazione dell'antitrust europea sulla fusione che non si è attivata in maniera autonoma ma su iniziativa della Francia guardacaso spalleggiata in questo dalla Germania. Detto questo appare chiaro che non si può prelevare un pezzetto di storia per confezionare, a proprio uso e consumo, tesi politiche che sono solo funzionali a giustificare la propria accondiscendenza alle politiche xenofobe di Matteo Salvini. E' storia vecchia, quando si è in difficoltà si rilancia trovando un nemico esterno che possa fare da nuovo elemento di distrazione di massa. Peccato che il sussidiario di quinta non basti per confezionare tesi di geopolitica. In Africa cento milioni di persone parlano francese, e questo è un retaggio del passato, ma in realtà è anche storia passata l'egemonia economica francese. Intendiamoci Parigi ha le sue responsabilità, ma in realtà il primo investitore nel continente è diventata la Cina ed il peso francese nelle scelte anche nei “suoi” paesi ex coloniali è sempre di più rarefatta. Per altro la polemica dei 5 Stelle contro il colonialismo monetario di Parigi arriva decisamente fuori tempo massimo non fosse altro perchè da decenni si discute – anche e soprattutto in Francia - se sia utile e giusto che 14 paesi usino il Franco della Comunità Finanziaria Africana, la moneta che De Gaulle lasciò in eredità alle ex colonie e che prevede presso il Tesoro francese una ‘stanza di compensazione’ per disavanzi e attivi. In realtà a questione non si può liquidare in maniera semplicistica sostenendo che questo legame monetario sia un freno allo sviluppo perché penalizza le esportazioni e che costituisca uno strumento di controllo indiretto da parte della Francia, perchè molti altri ritengono invece che il cambio fisso con l’euro assicuri una stabilità monetaria senza la quale le condizioni di quei paesi e delle loro popolazioni precipiterebbero in maniera esponenziale. Consideriamo sulla base solo tecnica che nei 14 paesi interessati l'inflazione è nell'ordine del 2%, mentre nel resto dell’Africa è quasi sempre a doppia cifra. Inoltre non c’è alcun obbligo di restare nell’unione monetaria, tant’è che in passato alcuni paesi come la Mauritania e il Madagascar ne sono usciti e altri come il Mali – dopo esserne usciti – ne sono precipitosamente rientrati. Sulla presenza francese in Africa ben altre sono invece le criticità ma che con la moneta ben poco hanno da spartire e che vede le attività di Parigi difendere con spregiudicatezza i suoi molteplici interessi. Per tornare poi alle accuse grilline su un legame fra moneta coloniale e arrivo di migranti a smentirla sono i dati del Ministero degli Interni (vedi tabella in calce) sulle percentuali di provenienza dei migranti verso l'Italia. Insomma i dati dimostrano non sembra esserci alcun legame tra la moneta utilizzata e il sottosviluppo che genera emigrazione, infatti tra i principali paesi di provenienza dei richiedenti asilo in Italia, non c'è nessuna ex colonia francese.