Nessun grexit, la Soluzione è il default senza uscita dall’Euro. Ma la tragedia non sarebbe greca ma per i creditori

Quella di ieri doveva essere la giornata cruciale per Grecia, l'ennesima dato che il nulla di fatto ha spostato le lancette ad oggi e poi chissà a quando. Il problema è che in realtà la situazione è bloccata più che dai veti, dalle reciproche paure. Il programma di salvataggio è scaduto ed entro la fine del mese Atene deve pagare 1,6 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale (Fmi), soldi di cui non c'è l'ombra nelle disastrate casse elleniche. Tutto si sta lentamente attuando come se vi fosse una ineluttabilità del futuro. Il fallimento arriverà quasi certamente, il default tante volte pronosticato, invocato, esorcizzato e probabilmente pianificato pochi giorni fa nelle salette segrete del club Bildenberg tenutosi in Austria è lo spauracchio di una scelta già attuata. Infatti oggi che potrebbe essere l'ennesima giornata “risolutiva” fantasma targata Eurogruppo, timidamente si fa strada quello che forse sarà il classico uovo di colombo, la quadratura del cerchio se preferite la metafora geometrica a quella storica. La soluzione è il default senza l'uscita dall'Euro. Insomma la questione è semplice ed è tutta nascosta nella comunicazione, quella che per settimane, per mesi, ci ha raccontato una serie di frottole. La più macroscopica è quella che vede come unica alternativa, l'uscita di Atene dall'Euro come conseguenza del default. Insomma un amletico Grexit o non Grexit. Vita o morte. Ed invece si scopre che alcuni illustri economisti stanno timidamente facendo notare, forse autorizzati dal club Bilderberg, forse solo oggi per distrazione, che l'alternativa secca non è l'unica soluzione. Insomma non è vero che secondo i Trattati Ue a causa di default vi sia un automatica imposizione all'uscita dall'Euro. Questo non può avvenire in quanto sia il Trattato sull'Unione europea, il famigerato Maastricht del 1992, sia quello sul funzionamento dell'Unione europea datato Roma, 1958, sono costruiti in una logica di rafforzamento dell'integrazione e non contemplano il contrario. In realtà solo l'articolo 50 del trattato Ue spiega come uno Stato può lasciare l'Ue. E nessun meccanismo è previsto invece per l'uscita dall'Eurozona. Vediamo cosa dice l'articolo 50 del trattato sull'Unione europea e la clausola introdotta dal trattato di Lisbona in merito: "Ogni Stato membro, recita l'art. 50 può decidere di recedere dall'Unione conformemente alle proprie norme costituzionali". Poi il trattato di Lisbona ha introdotto una clausola di recesso per gli Stati membri che intendono uscire dall'Unione. In sostanza uno Stato membro può notificare al Consiglio europeo la sua intenzione di separarsi dall'Unione e un accordo di ritiro sarà negoziato tra l'Unione europea e lo Stato. I trattati cessano di essere applicabili a tale Stato a partire dalla data del contratto o, in mancanza, entro due anni dalla notifica, a meno che lo Stato e il Consiglio europeo siano d'accordo nel prorogare tale termine. L'accordo è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio e stabilisce le modalità per l’uscita, tra cui un quadro di riferimento per future relazioni dello Stato interessato con l'Unione. L'accordo deve essere approvato dal Consiglio, che lo delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo. Se un ex Stato membro cercasse di ricongiungersi con l'Unione europea sarebbe soggetto alle stesse condizioni di qualsiasi altro paese candidato. Nulla invece si dice sull'Eurozona, l'uscita da questa è contemplata insomma solo se contestualmente si esce dalla Unione Europea. Per questo si avanza sempre di più l'ipotesi che la Grecia dichiari il proprio default ma non esca dalla Unione europea e da quella monetaria perchè le norme lo consentono. Infatti sul piano strettamente del Diritto uno stato membro non può essere “espulso” dalla Ue al massimo “sospeso”. L'articolo 7 del trattato sull'Unione europea infatti prevede la sospensione di taluni diritti di uno Stato membro, se questo attua persistentemente violazioni circa i principi fondatori dell'UE (libertà, democrazia, diritti umani e altro). In quei casi (sarebbe però difficile pensare di un deferimento di Atene per questo) il Consiglio europeo potrebbe votare per sospendere i diritti di appartenenza. L’identificazione ufficiale di una violazione richiede l'unanimità (escluso lo Stato interessato), ma le sanzioni richiedono solo una maggioranza qualificata. Lo stato in questione però sarebbe ancora vincolato dagli obblighi dei trattati compresi quelli monetari. Il trattato di Nizza ha incluso un meccanismo di prevenzione in base al quale il Consiglio, deliberando a maggioranza, può identificare una potenziale violazione e formulare raccomandazioni allo Stato per porvi rimedio prima che si intervenga contro di esso, tuttavia i trattati non prevedono alcun meccanismo per espellere uno Stato membro a titolo definitivo. L'idea era apparsa nella stesura della Costituzione europea e a anche in quella del trattato di Lisbona ma nulla venne concluso per la difficoltà di attuare una tale disposizione senza fare implodere l'intera Ue. Insomma l’uscita dall'UE di uno Stato membro richiederebbe modifiche generalizzate ai trattati, e tali modifiche richiedono sempre l'unanimità, come dire che i negoziati per l'uscita richiederebbero molto tempo, che oggi è quello che manca, senza contare che il concetto di espulsione va contro lo spirito dei trattati e della stessa Unione e che una tale eventualità farebbe venir definitivamente meno quello le ragioni ideologiche della stessa comunità fra Stati.
Tutta questa premessa spiega il perchè la situazione non sia ancora esplosa in un senso o nell'altro. In realtà il problema è che le responsabilità economiche e sociali che deriveranno da questa situazione e dalla eventuale decisione sono ripartite fra tutte le parti. Il pronostico che si potrebbe fare è che, evitando ancora una dilazione inutile, la Grecia sia spinta a prendere lei una decisione che può non essere quella di dichiarare il default e uscire dall'Eurozona, ma di dichiarare il default perchè non in grado di pagare i creditori ma rimanere comunque nella zona euro.
Una sorta di bancarotta tecnica, un concordato fallimentare preventivo, finalizzato alla ripresa dato che comunque i dati dicono che la Grecia, libera dal peso dei debiti, potrebbe avere un certo livello di crescita, può generare reddito anche se non sufficiente per fare i pagamenti ai creditori. La soluzione sarà quindi quella di avere una Grecia che utilizza comunque l'euro come del resto fanno Paese che non sono nemmeno membri dell'Unione europea e che quindi non devono rispettare i criteri di convergenza e congruenza monetaria. La città del Vaticano, San Marino a noi vicini, ma anche il Montenegro, il Kosovo, Andorra, e Monaco. Nessuno di questi Stati possiede una propria moneta, l'unico svantaggio è che non godono dei finanziamenti della Bce. La soluzione del mantenimento dell'euro come moneta è di fatto nei fatti, lo hanno capito i Greci che stanno facendo provvista di moneta pregiata svuotando le loro banche, che per altro continuano a ricevere valuta dalla Bce cosa che la dice lunga sul fatto che questa sarà la soluzione. Il motivo non è di buonismo verso i greci, ma è legato alla consapevolezza che in Grecia l'euro non svanisce in una notte, perchè miliardi di Euro ormai sono il letto dei greci o già nei paradisi fiscali. A rimetterci sarebbero solo i salariati ed i pensionati che, nel caso del ritorno alla Dracma, si vedrebbero ridurre la loro capacità di acquisito delle merci, anche di quelle europee, di almeno 40%. Insomma la risposta più razionale per la Grecia sarebbe mantenere l'euro come moneta anche dopo il proprio fallimento che in fin dei conti potrebbe essere il male minore. I precedenti ci sono, l'Islanda per esempio l'ha dichiarata nel 2008 e l'ha gestita così bene che nel 2012 ha avuto il 2,8% di crescita, appena 4 anni dopo il collasso. Certo non hanno mai avuto l'euro né hanno dovuto decidere se stare nell'Eurozona o no ma alcuni economisti londinesi pensano che l'Eurogruppo e la Grecia potrebbero concordare una sospensione dei diritti di voto sulle decisioni che riguardano l'euro e il divieto di diritto di battere moneta e stampare banconote fino a quando la Grecia non rientrerà nuovamente nei criteri di convergenza. Insomma la Grecia userebbe l'Euro senza poterlo coniare e nel frattempo potrebbe anche trovare degli accordi con i creditori per una lunga, lunghissima, rateizzazione di quanto doveva.