Migranti: Frontex amplia l’operazione, ma intanto Wikileaks pubblica i piani di “attacco” militare Ue contro gli scafisti

Frontex amplia l'operazione Triton nel Mediterraneo e stabilisce una base regionale in Sicilia da dove coordinerà le attività. L'annuncio di questa prima svolta operativa è arrivato dall'agenzia Ue che estenderà anche l'area di intervento dell'operazione a 138 miglia nautiche dalla costa con un aumento di uomini e mezzi al fine di "sostenere le autorità italiane nel controllo dei confini marittimi e nel salvataggio di vite umane". La Commissione europea inoltre fornirà a Frontex oltre 26 milioni di euro aggiuntivi per rafforzare Triton in Italia e Poseidon in Grecia dal giugno 2015 fino a fine anno. Il budget complessivo per il 2015 è salito quindi a 38 milioni e a 45 milioni per l'anno successivo. Dalla Sicilia Frontex lavorerà in stretto contatto con i funzionari di Europol, Eurojust e Easo (l'agenzia per le richieste di asilo) in sostegno alle autorità italiane. Insomma i controlli sull'Italia e sulle sue capacità di determinare lo status degli immigrati sino attuate subito, mentre la Commissione europea lavora ancora sul ricollocamento in quote dei rifugiati. Secondo una bozza di proposta che sarà portata al collegio dei commissari Ue l'esecutivo comunitario avrebbe fissato a 6752 il numero di rifugiati che dovranno essere ricollocati in Francia da Italia e Grecia, una cifra rappresenta il 16,88% dei 40,000 rifugiati che potranno essere redistribuiti da Italia (24,000) e Grecia (16,000) nei 24 mesi successivi all'entrata in vigore della decisione.
Se questi numeri saranno formalizzati da Commissione e Consiglio, la Francia sarà dunque il paese che si farà carico del maggior numero di rifugiati provenienti da Italia e Grecia, a eccezione della Germania a cui andranno il 21,91% dei rifugiati ricollocati, pari a 8.763. Tranne Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, tutti gli altri paesi Ue si faranno carico di rifugiati presenti in Italia e Grecia, inclusi quindi i più riluttanti, come per esempio l'Ungheria, dove andranno fino a 827 migranti. Questi numeri sono al netto dei rifugiati che avrebbero comunque diritto a essere redistribuiti in applicazione delle norme europee sulle ricongiunzioni familiari. Decisioni che comunque verrebbero applicate dopo l'entrata in vigore del provvedimento e che comunque prevederebbero anche la possibilità di essere 'bloccate' dai paesi qualora si dimostrasse che i rifugiati in questione possano rappresentare una minaccia alla sicurezza o all'ordine pubblico. Una sorta di clausola di salvaguardia che si teme verrà richiamata da subito dai paesi riluttanti. Analoga sospensione si applicherebbe se Grecia e Italia non dovessero eseguire appropriatamente la registrazione e l'accoglienza dei migranti. La redistribuzione inoltre si applicherà solamente a quei paesi per cui l'Ue in media riconosce almeno il 75% delle domande di asilo. Al momento, a questa categoria appartengono solo siriani ed eritrei, che sono comunque tra le nazionalità più comuni tra coloro che sbarcano sulle coste italiane e greche. Tutto questo avviene mentre si delinea anche la caratteristica del discusso intervento militare per stroncare o traffici di uomini dalla Libia.
In questo delicato equilibrio si è inserita anche Wikileaks che ha pubblicato due documenti classificati riservati dell'Unione europea sull'intervento militare contro le reti di trafficanti di esseri umani attive nel Mediterraneo. Uno dei due documenti è il piano licenziato dai ministri della Difesa poi approvato il 18 maggio scorso a Bruxelles. Nella interpretazione offerta da WikiLeaks si afferma che si tratta di un piano per "un'operazione militare della durata minima di un anno contro le reti e le infrastrutture di trasporto dei profughi nel Mediterraneo, comprendente la distruzione di imbarcazioni ancorate e di operazioni dentro i confini territoriali libici". Secondo l'organizzazione di Julian Assange "l'intento dei ministri della difesa Ue" è "dispiegare una forza militare contro le infrastrutture civili In Libia per fermare i flussi migratori" e visti "i precedenti attacchi in Libia da parte di diversi membri europei della Nato e delle riserve petrolifere in Libia, il piano potrebbe portare ad altri coinvolgimenti militari in Libia". Nel documento si afferma che il piano prevede un'operazione in tre fasi di circa un anno e la prima fase dovrebbe portare a "una sufficiente comprensione dei modelli di business di traffico degli esseri umani, dei finanziamenti, delle rotte, dei punti di imbarco, delle capacità e delle identità, in modo che le operazioni di interdizione possano avere inizio con la più alta probabilità di successo e il minimo rischio". Di fatto, si precisa, l'operazione dovrebbe considerarsi conclusa una volta "ridotti in modo significativo il flusso dei migranti e le attività dei trafficanti". Nel piano si ammette la possibilità dell'intervento della forza militare Ue "all'interno della zona di sovranità libica": "La minaccia posta alla missione deve essere riconosciuta, soprattutto durante attività quali l'imbarco, durante operazioni su terra o in prossimità di zone costiere non sicure o durante interazioni con imbarcazioni che non dovrebbero prendere il mare. Così come deve essere tenuta in considerazione la potenziale presenza di forze ostili, estremisti o terroristi quali quelli dell'Isis, e la minaccia posta dalla sola gestione di grandi numeri di migranti". Per l'uso della forza sono quindi necessarie, si legge ancora nel documento, "regole di ingaggio robuste e riconosciute, in particolare per il sequestro di imbarcazioni in caso di opposizione, per la neutralizzazione delle navi e dei beni dei trafficanti, per situazioni specifiche quali il soccorso di ostaggi e la detenzione temporanea di quanti rappresentano una minaccia alla missione o sono sospettati di crimini". Il piano prevede anche una strategia da adottare nel campo dell'informazione, in quanto si evidenzia "il rischio per la reputazione dell'Ue in caso di qualsiasi trasgressione percepita dall'opinione pubblica a causa di eventuali incomprensioni riguardanti compiti e obiettivi" della missione, o nel caso di eventuali "perdite di vite umane attribuite, correttamente o meno, all'intervento o all'inazione della forza europea". A tale fine "le operazioni di informazione militare dovrebbero far parte integrante di questo piano Ue", andando a interessare anche la Libia e i Paesi confinanti del Nord Africa. Il documento riservato dell'Ue pubblicato da Wikileaks e rilanciato in Italia da l'Espresso parla di operazione che "costituisce una sfida dal punto di vista militare data la complessa situazione in mare e sulle coste". E' dunque necessario "calibrare l'attività militare con grande attenzione, particolarmente all'interno delle acque libiche o sul litorale, per evitare di destabilizzare il processo politico causando danni collaterali, colpendo attività economiche legittime o creando la percezione di aver scelto una parte" politica.