IN UNA METROPOLI DELLA CINA SI IMPARA E SI PARLA L’ITALIANO

Tra Cina e Italia, di recente, si è passati dalla 'liaison' del calcio (prima Lippi e Zaccheroni, poi 'Zaza-pseudo Totti' e i maxi investimenti nelle nostre squadre di club) al ben più qualificato collegamento culturale e industriale. Lo si può notare a Chongqing, metropoli di 33 milioni di abitanti in continua evoluzione. E' infatti già pronta, con il contributo di aziende italiane, una nuova meraviglia da 3 miliardi di euro. Per preparare le maestranze del futuro, nelle scuole cittadine (anche nelle elementari) si insegna e si parla la nostra lingua.

Per molti secoli gli imperatori di Pechino si disinteressarono di questo lontano avamposto nel Sud-Ovest del Paese, salvo ordinare qualche repressione in occasione delle sporadiche ribellioni dei contadini.
La metropoli ha vari soprannomi: per la gente locale è la “Capitale della nebbia”. Stretta com'è tra i due grandi fiumi Yangtze e Jialing, l'umidità del suo clima semi-tropicale la immerge per ben 100 giorni all'anno in una spessa coltre, ora aumentata per le polveri dell'inquinamento industriale e dei cantieri.
Per gli architetti è invece la “Capitale dei ponti”: ve ne sono infatti 48 sui due fiumi che la circondano. Un vero museo dei ponti.
Il suo spirito da megalopoli l'ha fa inoltre definire “Metamorpolis” per la sua continua metamorfosi.
In passato è entrata una sola volta nei libri di storia: il generale Chiang Kai-shek vi si rifugiò nel 1937 facendone la capitale della lotta di resistenza contro i giapponesi. In quel momento la nebbia fu benedetta come alleata in quanto nascondeva a lungo gli obiettivi ai bombardieri del Sol Levante. La città tornò ai suoi ritmi lenti quando il generale fuggì nell'isola di Formosa, sconfitto dall'Armata rossa di Mao.
Il padrone della nuova Cina ne fece una metropoli circondando la città dalle campagne e infatti vi si stabilirono milioni di contadini. Ora è il contrario: la campagna è stata circondata dalla città con superstrade avveniristiche.
E' quasi sparito l'esercito dei 'bang-bang' (bastoni), i facchini del porto fluviale che trasportavano le merci sulle spalle, appese a bastoni di bambù. Erano 300 mila ai tempi di Mao, ora sono soltanto 10 mila.
La megalopoli continua a 'gonfiarsi' (ogni giorno ingloba in media 1.300 nuovi cittadini) e l'imprenditoria italiana ha capito l'occasione: ha insediato un Consolato che cura i rapporti commerciali tra i due Paesi. Lo stesso han fatto le nostre principali industrie (Fiat e Iveco in primis, che hanno aperto grandi stabilimenti) mentre la penetrazione culturale è stata curata da numerose università, tra cui la veneziana Ca' Foscari.
Risultato: il nostro Consolato emette ogni anno 42 mila visti per turisti cinesi che da Chongqing prendono il volo diretto per Fiumicino.

AUGUSTO DELL’ANGELO

Augusto.dell@alice.it