Massacro di Peshawar: ancora nessuna giustizia per le vittime e i sopravvissuti. Nella strage morirono 134 bambini e nove adulti

Stragi dimenticate ed ipocrisia occidentale. Ad un anno dalla strage compiuta dai talebani nella scuola militare di Peshawar in Pakistan, che provocò la morte di 134 bambini e nove adulti, non è stata istituita ancora alcuna inchiesta per indagare sulle falle del sistema di sicurezza della scuola, non sono stati distribuiti gli aiuti promessi alle famiglie, né data assistenza medica gratuita ai sopravvissuti, il tutto nell'indifferenza occidentale che sembra occuparsi delle stragi terroristiche solo quando queste avvengono in Europa o negli Usa. Di questo scandalo nessuna autorità internazionale sembra occuparsi, ancora una volta ci sono vittime di seria A e vittime di serie B. A questa conclusione si può facilmente arrivare ascoltando la denuncia dei parenti delle vittime del massacro avvenuto il 16 dicembre 2014, il cui anniversario è stato ricordato dalla Chiesa cattolica pakistana con speciali preghiere, strage di cui però i media occidentali poco o nulla si occupano. Era il 16 dicembre 2014 quando avvenne la carneficina nella Scuola Pubblica Militare di Peshawar. Un attacco terroristico compiuto da sette uomini armati appartenenti ai Tehrik-e-Taliban sono entrati alla Scuola Pubblica Militare nella città pakistana di Peshawar e hanno iniziato ad uccidere il personale scolastico e gli studenti, bambini o adolescenti di età compresa tra 10 e 18 anni. Almeno 130 persone sono state ferite e trasportate in ospedale. Le operazioni di messa in sicurezza dell'edificio, che era stato minato,  da parte delle forze militari speciali durò circa 8 ore e permise di salvare oltre 960 persone, evacuando la maggior parte dei 500 studenti. L'operazione si concluse con l'uccisione di tutti i terroristi. L'attacco era cominciato verso le undici, quando gli uomini armati e con corpetti esplosivi, vestiti con le uniformi del Frontier Corps, la polizia di frontiera pakistana, fecero irruzione nella scuola scalando le mura che nel retro la separano da un cimitero. Da quel momento fu un crescendo di cieca violenza, prima il sequestro di decine di persone all'interno dell'auditorium della scuola, dove erano riuniti i bambini per un'assemblea. Poi l'inizio del massacro, uno dei terroristi si fece esplodere nell'auditorium causando i primi numerosi morti, mentre gli altri giravano classe per classe freddando le persone con colpi alla testa. Atti di inaudita violenza come quello raccontato da un sopravvissuto secondo il quale gli assalitori diedero fuoco ad un insegnante cospargendolo di benzina e costringendo gli alunni a vederlo morire bruciato. Il portavoce dei Tehrik-e-Taliban, Mohammad Omar Khorasani, rivendicò l'attacco dicendo che era una vendetta per l'Operazione Zarb-e-Azb, l'offensiva dell'esercito pakistano nel Waziristan del Nord iniziata nell'estate del 2014. Una strage mirata a colpire i militari per far sì che provassero lo stesso dolore che provato da loro quando l'esercito colpì le loro famiglie e per vendicare i membri dell'associazione catturati.

 

 

La denucia dei parenti delle vittime di quella carneficina è stata resa nota dall'agenzia Asianews. I parenti lamentano che il governo non ha mantenuto le promesse fatte all’indomani della tragedia e non sta indagando sulle responsabilità di militari e amministratori locali, i quali erano stati avvertiti di possibili assalti contro la scuola.
Semprre secondo fonti locali, i parenti delle vittime denuncano che l’attacco, compiuto da un commando composto da nove persone e affiliato al Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), “è il risultato della negligenza degli ufficiali dell’esercito, che gestiscono la scuola, e del loro atteggiamento irresponsabile nei confronti della sicurezza”. Ribadiscono che soldati armati erano a guardia del campo militare, ma nessuno è in realtà intervenuto efficacemente per fermaree gli assalitori, che hanno tenuto in ostaggio l’edificio per più di un’ora.
I familiari delle vittime accusano anche il Chief minister Pervaiz Khattak, a capo del governo provinciale di Khyber Pakhtunkhwa. Egli sarebbe stato informato dai servizi di intelligence di possibili carneficine e nulla avrebbe fatto preventivamente.
Ma smpre secondo la denuncia dei parenti delle vittime, ci sarebbero anche altre questioni irrisolte, infatti invece di condurre inchieste indipendenti sulla negligenza dell’esercito, sarebbero state fatte pressione per modificare la Costituzione e istituire invece tribunali militari. Questa iniziativa viene bollata dai parenti delle vittime come “un altro schiaffo alle legge di diritto e all’indipendenza della magistratura” in Pakistan. Di recente l’unica azione concreta del governo è stata l’esecuzione per impiccagione di quattro presunti complici. Essi erano accusati di favoreggiamento e appartenevano al Toheedwal Jihad Group (Twj), un gruppo islamico poco noto. Invece rimangono ignote le identità degli esecutori materiali. I sopravvissuti ritengono che la condanna a morte sia stato solo “un tentativo di placare le loro proteste, la domanda di giustizia e di un’inchiesta seria sull’incidente”.
Insomma si sia voluta dare in pasto all'opinione pubblica solo un gruppetto di “pesci piccoli” con lo scopo di coprire chi realmente ci fosse dietro alla strage. Infine le associazione di sopravvissuti e dei parenti delle vittime lamentano di aver ricevuto solo il corpo dei defunti e i certificati di morte, ma nessun risarcimento come il governo aveva promesso assieme alle cure gratuite per i feriti e 2 milioni di rupie pakistane (poco più di 17mila euro – ndr) per i genitori degli studenti uccisi. Invece i malati hanno dovuto sostenere l’intero ammontare delle spese mediche e coloro che hanno ricevuto dei fondi hanno spiegato che la somma “è insufficiente per coprire i costi dei trattamenti medici e della terapia psichiatrica”.