Manovra: ipotesi canone Rai in bolletta, l’equità fiscale non è di questo Paese

Tutto si può rimproverare a Matteo Renzi, ma non di non essere determinato, qualcuno dice testardo. Così quando si mette in mente un progetto, quando si convince o qualcuno lo convince che un problema si risolve in un determinato modo, lui carica a testa bassa e diventa sordo a qualsiasi altra soluzione, anche quelle più ovvie. Per questo la questione del canone Rai in bolletta alla finire passerà, anche se era più opportuno affrontare la questione in una logica non solo di “cassa”. Restano dettagli tecnici, mentre la resistenza delle società di gestione elettrica verrà superata con qualche opportuno benefit. Da definire per evitare le more qualche escamotage tecnico dato che la scadenza del 31 dicembre è vicina e mettere in piedi un sistema di riscossione nuovo che non generi problemi ed il mal di testa agli italiani, non sarà facile. L'idea di legare il pagamento alle utenze elettriche resta quindi e non è nuova, ma sarà necessario aggirare non pochi problemi giuridici dato che quella per Tv è una tassa di possesso fra l'altro già discutibile perchè falsamente egualitaria già oggi che c'è il pagamento diretto “volontario”. É lo stesso problema della tassa di possesso sulle automobili, ben più onerosa per le famiglie dato che l'auto è spesso un mezzo di lavoro (mentre la Tv no). Il problema è che non si tiene conto del valore effettivo del bene posseduto, ma si usa, per le auto, il discutibile principio della potenza erogata. Così accade che mezzi nuovi e costosi paghino meno di una vecchia macchina dal valore quali nullo ma dalla cilindrata e potenza più generosa. Lo stesso vale per le televisioni se si tratta di possesso vuol dire patrimonio ed allora non è giusto che la famiglia che possiede un vecchio televisore a tubo catodico, paghi come quella che ne possiede molti e magari anche costosi sistemi audiovideo ad alta definizione. Una contraddizione nella quale molti hanno visto profili di incostituzionalità, dato che l’articolo 53 della Costituzione della Repubblica Italiana recita che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” ed aggiunge: “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Un problema che in realtà riguarda anche il delicato discorso dei patrimoni in generale, in quando se non generano economia, in teoria, non andrebbero tassati. Quindi il dettato costituzionale secondo cui ognuno paga per quel che può e chi più ne ha, più contribuisce, è rimasto fra le righe. Al punto di generare situazioni paradossali, anche se logica vorrebbe che le dazioni che ogni cittadino fa sotto forma di tasse e/o imposte debbano essere giuste, limpide e, soprattutto, eque. Ed invece sempre di più quella che si chiamava manovra finanziaria e oggi “Legge di stabilità” finisce per essere una colletta obbligatoria che non rispetta minimamente il concetto di progressività arrivando al paradosso di generare il contrario: più sei povero, più in percentuale rispetto al tuo reddito paghi. Del resto in Italia, abbiamo avuto il piacere di assistere a richieste obbligatorie più o meno mascherate di denaro da parte del Governo, richieste, fatte quasi sempre in contrasto con l’articolo 53 della Costituzione. Non parliamo solo, ad esempio, del prelievo forzoso di Amato sui conti correnti o della tassa di Prodi sulle moto oltre i 350cc nel ’97. Ma anche le più recenti supertasse ai possessori di auto oltre una certa potenza; che equità è? Nessuna perché si colpisce il possesso di un bene senza alcuna relazione con la capacità contributiva del suo possessore. Le Tasse vanno pagate, certo, ma vanno proporzionate ai valori monetari del bene, e non ai centimetri cubici o ai cavalli vapore, oppure ai metri quadri delle case o dei terreni. Un pezzo di deserto non vale di certo come un frutteto, così come un vecchio casale di campagna non vale come una lussuosa villa con piscina. In realtà la tassazione, si parli  di case, televisori, o auto, andrebbe messa, va ribadito, sul valore del bene, che è la misura dell’effettiva capacità di spesa e, di conseguenza, contributiva. È senz'altro più ricco chi compra un’auto da 50mila euro con pochi cavalli che uno che ne spende 10mila per un usato con qualche cavallo in più. Senza parlare che le vecchie auto per aumentarne la tassazione si usa la favoletta, come vicenda Volkswagen insegna, del maggior inquinamento rispetto alle nuove. In realtà in queste vicende, come in molte altre, si parte dalle esigenze di cassa per poi far quadrare i conti con i provvedimenti. Fossero soldi ben spesi, si potrebbe anche sopportare l'incongruenza, ma sappiamo che secondo calcoli credibili, per ogni cento euro dati allo Stato, circa 20 finiscono in bustarelle e sprechi. Insomma in fatto di equità l'Italia lascia davvero a desiderare. Basti pensare alle diseguaglianze di pensioni minime sotto la soglia di povertà e alle prebende immotivate d’oro mai seriamente ridotte. Per non parlare dei metodi di riscossione: vengono ipotecate case per multe di divieto di sosta o per mancato pagamento di tasse ed imposte varie, che non vuol dire necessariamente evasione, ma incapacità economica di pagare. I grandi evasori sanano una volta “beccati” ma contrattano gli “sconti” direttamente con l'agenzia delle entrate, mentre il cittadino “normale” deve pagare fino all'ultimo euro e con interessi, more e quote di servizio ad Equitalia che spesso fanno raddoppiare le cifre dovute originariamente. Forse è su queste diseguaglianze palesi che un governo giusto e al di là della sua collocazione ideologica dovrebbe intervenire, sarebbe ora di cancellare privilegi fuori tempo e stabilire una sana equità di trattamento per tutti i cittadini, perchè un fisco equo è alla base di un sano rapporto tra politica ed elettori, se andiamo avanti così, invece, si manterrà la vecchia italica convinzione che ha ragione chi si sente è più furbo degli altri. Senza aggiungere poi che da un governo che si dice di sinistra ci si aspetterebbero provvedimenti che riducano la forbice economica fra ricchi e poveri e non che l'aumentino.

Fabio Folisi