Maltempo Piemonte territorio fragilissimo per dispersione urbana e impermeabilizzazione

«I 68 morti e gli oltre 2.000 sfollati dell’alluvione del 1994 non hanno insegnato nulla, così come gli ingentissimi danni di appena 3 anni fa: il Piemonte, ancora una volta, è sconvolto da un’ondata di maltempo che ne mette impietosamente in evidenza l’estrema fragilità del tessuto urbanistico e ambientale. Così come per la Liguria, siamo in presenza di realtà in cui la dispersione urbana e l’incessante impermeabilizzazione del suolo hanno compromesso considerevolmente la capacità del territorio di assorbire fenomeni meteorologici al di sopra della media. Con grande amarezza, bisogna constatare che 25 anni sono passati invano: come in tanti altri territori del nostro Paese, l’emotività legata al singolo evento non viene mai accompagnata da inequivocabili segnali di discontinuità, da un deciso cambio di direzione a livello di scelte politiche e di pratiche amministrative». Lo dichiara l'ing. Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale all'università Uninettuno e direttore scientifico del Centro Studi Sogeea. «Di certo nessuno potrà dire che si è trattato di fenomeni inattesi – spiega Simoncini –. Quella compresa fra le province di Cuneo e Savona, ad esempio, è una delle zone dell’Italia settentrionale storicamente più sensibili dal punto di vista idrogeologico: negli ultimi cinquant’anni si possono contare almeno una sessantina di alluvioni di forte intensità. Sporadici interventi di manutenzione degli argini o di ripulitura dei letti dei corsi d’acqua non possono evidentemente bastare a mettere in sicurezza il mezzo milione di persone che solo in Piemonte vive in zone ad alto rischio di frane ed esondazioni.

Allargando lo sguardo all’Italia, va sottolineato come un territorio di 23.000 chilometri quadrati, vale a dire l’equivalente dell’intera regione Toscana, sia ormai irrimediabilmente cementificato e impermeabilizzato. Tra l’altro, quasi il 30% del suolo consumato si trova in aree a pericolosità idraulica, il 23% in zone in cui è probabile che possano verificarsi delle frane. Le grandi città, ma anche realtà abitative di dimensioni assai più contenute, non perseguono serie politiche di riqualificazione dell’esistente, ma tendono senza sosta a svilupparsi verso l’esterno, erodendo porzioni sempre più vaste di territorio e creando periferie e frazioni prive dei necessari requisiti di sicurezza come argini per fiumi e torrenti, canali di scolo per la pioggia, impianti idrovori, consolidamento della piantumazione. Così facendo, vittime e danni si continueranno a contare senza sosta».