Malibù di Lenin, paradiso che adesso tenta Putin

 

La chiamavano “Malibù di Lenin” e ai tempi dell'Urss le sue spiagge sul Mar Nero erano definite “i Tropici sovietici”. Ora una guerra lunga 23 anni, quanto un'intera generazione, ha ridotto questo ex Paradiso verde in un cimitero. E ha portato ben metà della sua popolazione a fuggire in Turchia e in Siria.
Non cercate sulle carte geografiche questa piccola regione del Caucaso che sogna di sganciarsi dalla Georgia, la patria dell'ex ministro degli Esteri sovietico Shevardnadze e sopratutto di Stalin, che qui aveva 5 residenze estive.
E' l'Abkhazia, un limbo. Un Paese che non c'è, uno Stato fantasma, riconosciuto soltanto da un pugno di Paesi vicini, Russia in primis. Sì, perché Putin, sognando un rilancio turistico, appoggia la sua ambizione di staccarsi dalla Georgia e diventare una Nazione indipendente. Ma non tutto è facile: qui infatti temono un replay dell'effetto Crimea, prima appoggiata poi fagocitata dal Cremlino.
Per raggiungere la capitale Sukhumi, che si affaccia sul Mar Nero, non ci sono voli né navi (chiusura totale dal 1989 quando finì l'Urss); un solo treno da Mosca, una volta per settimana. Comunque ogni tanto arrivano pescherecci turchi a lanciar le reti nel suo mare tiepido.
Fino agli Anni '80 l'Abkhazia, grande come l'Umbria, produceva più di 100 mila tonnellate all'anno di arance, limoni e mandarini grazie al suo microclima che è unico: ora palme e oleandri crescono tra case in rovina, bagni termali obsoleti e scheletri di alberghi.
Uno dei tanti conflitti etnici di fine millennio, scoppiato nel 1992. Oltre 10 mila morti, fuga di 250 mila abitanti (un gran parte di etnia georgiana). Ora, per rimpolpare la popolazione, si incoraggiano i rimpatri e si riconosce la cittadinanza a ogni bambino nato in Abkhazia.
Nel 1999 fu proclamata unilateralmente l'indipendenza da Tbilisi (o Tiflis, capitale della Georgia) e ogni anno si celebra l'anniversario con una grande parata militare. La Russia in pratica ne ha fatto un protettorato, approfittando di un'altra guerra etnica, quella tra Sud Ossezia e la stessa Georgia.
Pochi i turisti finora, sopratutto russi, molti dei quali arrivano a piedi dalla vicina Sochi olimpica. I check point sono controllati da agenti dei Servizi segreti di Mosca. La quale continua ad avere un ruolo ambiguo. Come nel Donbass ha appoggiato i separatisti, qui mantiene i propri 'peacekeepers', ha donato ai residenti (che vedono la tv russa e usano il rublo) passaporti russi. Ed è Putin a pagare pensioni e stipendi di insegnanti, medici, impiegati pubblici e militari. Per questo ho parlato di protettorato.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it