Mafiosi e presunti tali alla sbarra, assolto Riina per la strage del rapido 904 e Contrada per vizio legislativo

E' stato assolto il boss Totò Riina dall'accusa di mandante della strage del Rapido 904. Per il tribunale di Firenze, "non ha commesso il fatto". Il 23 dicembre 1984 un ordigno a bordo del convoglio esplose, uccidendo 16 persone e ferendone 267, all'interno della galleria nei pressi della stazione di Vernio, tra Firenze e Bologna. Il primo processo, del 1989, era finito con la condanna all'ergastolo di Pippo Calo, Guido Cercola, Franco D'Agostino, e Friederich Schaudinn. Secondo i pm fiorentini, Riina sarebbe stato il "determinatore" della strage.
Insomma per dirla in altre parole Toto Riina è stato assolto dall’accusa di essere il mandante della strage. La sentenza è stata letta dal presidente della corte d’assise di Firenze Ettore Nicotra. Riina, che ha seguito il processo in collegamento video, aveva deciso di non assistere alla lettura della sentenza. Il pm Angela Pietroiusti aveva chiesto la conferma della condanna all'ergastolo. Per il magistrato, esistono "analogie evidenti con le stragi dall'89 al '93". Il magistrato aveva chiesto «la pena massima dell’ergastolo» per Riina, «non perché non poteva non sapere», ha spiegato, «perché era a capo dell’organizzazione, ma perché Riina esercitava questo potere. Solo con la sua autorizzazione è stato fornito l’esplosivo a Calò e solo lui poteva decidere la destinazione dell’esplosivo. Di diverso avviso ovviamente la difesa secondo cui “Non si può consentire che Riina sia il parafulmine dei mali. Invece, da qualche anno a questa parte, Riina è il parafulmine. La formula “non poteva non sapere, anzi sapeva” è da vecchia inquisizione, più che da vecchio rito. A chi fa comodo Riina parafulmine? A chi fa comodo questo processo?” aveva detto prima della pronuncia dei giudici il difensore di Totò Riina, l’avvocato Luca Cianferoni. «Questo non è fatto siciliano - ha aggiunto - né di mafia, né di politica. Di questo fatto non si capisce la causale. Come per la strage di Bologna. Cosa c’è dietro a questi fatti? Cosa c’è?». Un interrogativo che comunque non è stato sciolto, di certo però la vicenda ha ancora dei contorni decisamente poco chiari, come poco chiara è la seconda vicenda di mafia che oggi è agli onori della cronaca, quella di Bruno Contrada. Secondo la Corte Europea dei diritti dell'uomo infatti, Contrada non andava condannato perchè il reato non è chiaro, Bruno Contrada non avrebbe dovuto essere condannato, dice Strasburgo, perché all'epoca dei fatti (1979-1988) il reato per il quale è stato ritenuto colpevole (concorso esterno per associazione mafiosa) non era ben definito dalla legge. Per questa ragione, la Corte europea dei diritti dell'uomo, unanimamente, condannato lo Stato a versare 10mila euro per danni morali al concrada. Secondo la sentenza emessa a Strasburgo, l'Italia ha violato l'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani (nessuna pena senza una legge valida nel momento del presunto reato). Secondo la sentenza della corte il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è stato riconosciuto chiaramente all'interno dell'ordinamento negli anni 80 e si è consolidato nel 1994 ma "non era sufficientemente chiaro" all'epoca dei fatti imputati all'ex capo della mobile di Palermo, tra il 1979 e il 1988. Insomma fra magistratura che ribalda le sentenze e magistratura che sbaglia, non è che in questi giorni il sistema giustizia stia facendo una bella figura.