L’uso pubblico della storia da parte di Papa Bergoglio

di Gigi Bettoli.

papa-francesco-5Confesso che mi sono chiesto fin dall’inizio a cosa fosse dovuto l’entusiasmo dei “teologi della Liberazione” per il nuovo papa. Se non fosse per quel richiamarsi, per la prima volta, al sovversivo Poverello di Assisi, certo non per il ruolo di capo politico della destra argentina oppositrice dei Kirchner, né per l’atteggiamento di fronte alla sanguinaria dittatura degli anni ’70. Che non pare essere stato segnato, per usare un eufemismo, dalla testimonianza di un evangelico eroismo: come nel caso della Chiesa Cattolica di fronte al nazifascismo, la scelta è sempre, innanzitutto, quella di salvaguardare l’istituzione, senza esporsi troppo.
Certo, altri esponenti cattolici progressisti avevano iniziato da posizioni conservatrici, per poi essere convertiti dai movimenti popolari. Penso al salvadoregno Oscar Arnulfo Romero, oppure al vescovo del Chiapas Samuel Ruiz. E poi, si sa, i gesuiti sono un ordine di intellettuali critici. Anche se più volte, a parte i superficiali entusiasmi per il linguaggio spigliato del nuovo papa (facili, dopo il lungo governo anticonciliare dei suoi predecessori Woityla e Ratzinger), ci si è dovuti abituare ad alcune sue battute di cattivo gusto.
Il discorso di ieri, a proposito del genocidio armeno, costituisce però un salto di qualità.
Non certo per l’avere definito “genocidio” lo sterminio di quel popolo sul finire dell’Impero ottomano (cfr. il suo intervento all’indirizzo http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/04/12/0261/00575.html#sal). Si tratta di un giudizio condivisibile, che avrà certo fatto arrabbiare non solo il governo nazionalreligioso turco. Pensiamo ad Israele, tra i migliori alleati della Turchia, ove la parificazione tra i genocidi armeno ed ebraico è sempre stata rifiutata – per esempio dall’ex presidente Peres – perché relativizza e mina i fondamenti ideologici dell’esclusivista nazionalismo/colonialismo sionista).
L’accusa di genocidio non è nuova, ma era già stata formulata da Giovanni Paolo II nel 2001 (cfr. le dichiarazioni all’indirizzo http://www.dehoniane.it:9080/komodo/trunk/webapp/web/files/riviste/archivio/02/200117538a.htm). Già all’epoca con un riferimento – diciamo così: inesatto – ai rivoluzionari “giovani turchi” che nel 1908 presero il potere in un disperato tentativo di salvare l’ormai decotto Impero ottomano. Furono gli stessi ad opporsi, spesso vittoriosamente, contro gli italiani in Libia nel 1911-1912, contro gli inglesi (e gli austrialiani e neozelandesi dell’ANZAC, la vera e propria tragedia nazionale dei due dominions britannici del Pacifico) a Gallipoli nel 1915-1916, e poi alla testa dei guerriglieri turcofoni antisovietici negli anni della Rivoluzione bolscevica. Il Mahatma Gandhi stesso organizzò una delle sue prime lotte di massa nel primo dopoguerra, proprio in difesa del “Califfato”, smembrato dalle potenze europee che lo trasformarono in quella serie di protettorati che ancor oggi soffrono sotto il tallone del neocolonialismo (dall’Iraq alla Siria, dal Libano alla Palestina).
In realtà, gli stermini di armeni erano iniziati molto prima del 1915, con i vecchi governanti. Già nel 1896, quasi vent’anni prima, il leader socialista Jean Jaurès li aveva denunciati al Parlamento francese, condannando in primo luogo la colpevole ignavia delle potenze europee, che tacevano per coprire i loro affari nel territorio ottomano (cfr.: Les massacres d’Arménie (1896) http://www.jaures.eu/ressources/de_jaures/les-massacres-darmenie-1896/).
E tra l’altro, i “giovani turchi” erano una realtà non solo turcofona: nei loro stessi governi ci stavano ministri cristiani, anche armeni.
Sul piano ideologico, è evidente che il recente intervento papale corrisponde ad un tassello di quella campagna sulla persecuzione dei cristiani (accompagnata dalla riproposizione di un ecumenismo romano-centrico, tutt’altro che egualitario con le altre confessioni cristiane) che appare come una strumentalizzazione interna al modello dello “scontro di civiltà”. Le vittime dei sanguinosi conflitti civili non sono né solamente né in primo luogo cristiane, visto che le prime vittime delle organizzazioni musulmane sunnite sono i musulmani sciiti; che i musulmani tutti insieme sono vittime della violenza del fondamentalismo indù in India, del fondamentalismo sionista in Israele, dei fondamentalismi croato cattolico e serbo ortodosso in Bosnia e di quello buddista in Birmania; che gli induisti Tamil sono vittime del fondamentalismo buddista in Sri Lanka; e che tutti i paesi del Terzo Mondo sono o sono stati vittime del fondamentalismo “cristiano” che si esprime a suon di bombardamenti, armi di distruzione di massa, globalizzazione turbocapitalistica e fame indotta dallo squilibrio economico e della mercatizzazione delle culture primarie per autoalimentazione. Sotto questo aspetto, papa Bergoglio, più che un “pacifista francescano” appare un fondamentalista – lui stesso – incendiario. Con l’aggiunta di aver creato ulteriori difficoltà all’ingresso della Turchia in Europa, per motivi che non è difficile riannodare alla polemica sullo “statuto fondativo cristiano” dell’Unione Europea, agitato dalla stessa Chiesa cattolica.
Infine, non manca quel tocco di vera e propria falsificazione storiografica contenuto nell’inciso “Le altre due (tragedie inaudite) furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo”. Affermazione oscena, in quanto – se parliamo di genocidio – i nazisti sterminarono i popoli ebraico e rom, oltre ad alcune popolazioni slave, mentre gli stalinisti sovietici, nei loro crimini, non si macchiarono di quello di genocidio (semmai di spostamenti – che per quanto ingiustificabili, sono cosa diversa – di popolazioni che avevano collaborato, o si presumeva potessero farlo, con gli invasori nazisti dell’Urss, come i ceceni, i tedeschi del Volga e gli italiani di Crimea). Se invece di parla di “tragedie inaudite” con riferimento a violenze di massa diverse dal genocidio, ci si domanda come si faccia a dimenticarsi di inauditi stermini come le due guerre mondiali, le guerre di Corea e Vietnam, lo sterminio dei comunisti indonesiani del 1965 (mezzo milione di persone almeno), e via discorrendo, in un elenco che, dopo la “caduta del Muro” e la fine della guerra fredda non cessa di aumentare. Per non andare indietro nei secoli, tra guerre di religione, genocidio degli Amerindi e commercio transatlantico degli schiavi, tutti “benedetti” dalle chiese cristiane.
Inoltre, se il riferimento è alla sola Armenia, va ricordato che l’unico “focololare armeno” per decenni rimase la Repubblica sovietica di Armenia, come ricordavano anche i frati armeno-cattolici dell’isola di San Lazzaro a Venezia, fino alla caduta dell’Urss. Poi anche loro si sono adeguati alla “nuova storiografia” (e chi è andato più volte in visita a quel convento, ha potuto assistere ai loro successivi cambi di versione).
In buona sostanza: quella di papa Francesco è stata – ben lungi dalla profetica missione dell’Assisiate presso il Sultano – una caduta di stile, sul piano della più vieta propaganda clericale e, per di più, anticomunista. Con la complicazione dei danni sul piano diplomatico, che altri dovranno rimediare a fatica.
Non avremmo mai pensato di troverci a dover rimpiangere l’edonismo postmoderno delle scarpette rosse di papa Ratzinger.