Lunedì prossimo elezioni politiche nello Sri Lanka, appello unitario al voto democratico dei leader religiosi

Dello Sri Lanka non si parla molto nel nostro Paese se non in occasione di qualche disastro o per la presenza di immigrati provenienti da quel lontano paese. Se non altro per questo motivo su quanto avviene in quella terra lontana dovremmo prestare una qualche attenzione. Alla fine del giugno scorso, il nuovo Presidente dello Sri Lanka, Maithripala Sirisena eletto a gennaio, aveva sciolto la Camera dei Rappresentanti e indetto nuove elezioni legislative. L’ex colonia britannica, indipendente dal 4 febbraio 1948 e ancora sostanzialmente membro del Commonwealth, ha sofferto un lungo periodo di sanguinosa guerra civile dovuta ai conflitti tra i due maggiori gruppi etnici del Paese: la minoranza dei Tamil di fede induista, che, mediante il proprio braccio armato delle Tigri del Tamil, chiedeva maggiore autonomia per le province settentrionali dell’Isola, e la maggioranza singalese di fede buddista. In questo clima di forte contrasto sociale, a gennaio di quest’anno Sirisena aveva vinto le elezioni presidenziali. Non potendo contare però  su una maggioranza parlamentare ampia e politicamente leale, dopo meno di 6 mesi di mandato ha deciso di indire nuove elezioni sperando in un capovolgimento della situazione.  Così il 17 agosto prossimo si vota per eleggere il nuovo Primo ministro e il nuovo Parlamento. Come spesso avviene in quei paesi la scadenza elettorale è delicata anche per la presenza di candidature che definire discutibili è un eufemismo, in genere tutto avviene nel quasi silenzio, ma questa volta a mostrare la faccia sono stati i leader religiosi con un appello a votare candidati per la loro onestà e capacità, non per l’appartenenza politica. Insomma i leader di quasi tutte le religioni in Sri Lanka  lanciano appelli alla popolazione, affinché alle elezioni generali “vinca la democrazia e la volontà di dare un futuro migliore alle nuove generazioni”. La candidatura di personaggi ritenuti discutibili – come l’ex presidente Mahinda Rajapaksa – ha spinto la Conferenza episcopale, il Congresso delle religioni e altri organismi cristiani e buddisti a mobilitarsi per sensibilizzare i cittadini. “La lealtà a un partito – scrivono i vescovi cattolici – non dovrebbe essere l’unico criterio di scelta di voto. Educazione, cultura generale, integrità, onestà, e rispetto dello Stato di diritto sono qualità che dovrebbero caratterizzare quanti aspirano alla leadership politica”. Pubblicato il 31 luglio scorso, il comunicato porta le firme del card. Malcolm Ranjith e di mons. Valence Mendis, rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza episcopale dello Sri Lanka (Cbcsl). “Sono passati 67 anni – ha dichiarato invece il Congresso delle religioni – da quando lo Sri Lanka ha ottenuto l’indipendenza. Corruzione, frodi, alcol, gioco d’azzardo e droga stanno distruggendo la nostra madre terra, che è piena di risorse naturali. L’ordine pubblico non è stato mantenuto. Abbiamo bisogno di un Paese che rispetti la giustizia e le leggi”. Il ven. Ittapane Dhammalankara Thero, monaco buddista membro del Congresso delle religioni, ha sottolineato: “Oggi possiamo sperimentare un’atmosfera pre-elettorale più pacifica che in passato. Dobbiamo ringraziare il commissario elettorale per questo. Ma abbiamo la responsabilità di mantenere questo clima, scegliendo candidati onesti quando andremo al voto. Perché il Parlamento è un luogo sacro, dove devono entrare solo persone adatte e irreprensibili”.