Lunedì il “The Day After” d’Europa, sarà l’olocausto dell’idea di unione?

Quarantotto ore a quella che potrebbe essere la fine dell'Europa unita. Domenica 5 luglio infatti i greci voteranno in sostanza sull'accettazione o meno del piano di riforme e aiuti proposto dalla Troika e comunque vadano le cose il sogno di un vecchio continente di dar vita ad una unità dei popoli vera e non solo monetaria e burocratica, naufragherà nel mare in tempesta delle ipocrisie e degli interessi nazionali degli stati più forti. Lunedì in sostanza sarà un vero e proprio “The Day After”, un giorno dopo una sorta di olocausto economico nel quale rischia di bruciare l'idea nata a Ventotene. La questione non è quanto Tsipras abbia tirato la corda, se vi sono o meno in Grecia le baby pensioni (in realtà l'età pensionabile è inferiore a quella italiana post Fornero ma uguale a quella della Germania), in ballo c'è il concetto di rispetto dei popoli e della loro autodeterminazione, in ballo c'è la democrazia e un modello d'Europa che non sia solo al servizio di banche, finanzieri e tecnocrati. Se prevarranno i Si avremo quasi sicuramente una nuova crisi di governo al buio in Grecia  e un accordo che strangolerà ancora di più i cittadini ellenici, ma averemo soprattutto la consapevolezza che i “poteri forti” lo sono talmente da poter violentare impunemente le volontà dei singoli popoli, perchè è vero che i referendum sono un straordinario strumento di democrazia diretta, ma lo sono solo quando chi vota è libero da condizionamenti e ricatti esterni. La incredibile e mai vista, fino ad oggi, ingerenza della politica europea sulla scelta dei cittadini greci vizia innegabilmente il risultato del referendum. Le minacce catastrofiche di una apocalisse monetaria e finanziaria, legando automaticamente la scelta di domenica all'uscita dall'Euro, oltre ad essere una falsità, perchè altre strade vi sarebbero, rischia di avere l'effetto di un fucile puntato, si vuole far leva su intere categorie di cittadini, pensionati innanzitutto, agitando lo spauracchio della povertà prossima futura per accompagnarli nella cabina elettorale con un coltello puntato alla gola, altro che Isis, una specie di Califfato è già fra noi. Se vince il No non è che tutto si risolva automaticamente, anche se le minacce apocalittiche sono una eventualità ma non la più probabile, non è detto che la defaut greco segua necessariamente l'implosione monetaria. Questa infatti avrebbe conseguenze che i tecnocrati di Bruxelles non sanno in realtà prevedere. Non fosse così, Tsiapras ed il popolo greco sarebbero già stati buttati dalla Rupe Tarpea come figli deformi di una Europa, più matrigna che madre. Ma siccome in questa vicenda i colpi di scena non finiscono mai, ad entrare in gioco nelle prossime ore ci potrebbe essere la posizione Usa, non perchè ad Obama interessi più di tanto la sorte di Atene, ma perchè nella attuale ottusità geopolitica americana, si vede tutto in funzione anti Putin. E sappiamo quali passi Tsiparas abbia fatto nei confronti del Cremlino. Certo che all'Euro non segua il ritorno alla Dracma ma l'arrivo del Rublo è ipotesi remota, almeno in termini di uso della valuta, ma non lo è certo in termini di influensa geopolitica e militare. La Grecia potrebbe decidere di uscire dalla Nato e per Obama questa è una eventualità che non può accettare a costo di prendere a sberle la Merker e tutti i leader europei, i falchi di sempre e anche i leader nazionali che si sono servilmente accodati in una strano “governo di unità europeo” dove conservatori e progressisti appaiono appiattiti sulle posizioni dei forti. Una prova che Obama è molto preoccupato non è solo data dalle telefonate che da Washington stanno attraversando l'Oceano in direzione Europa, ma l'apertura improvvisa del Fondo Monetario Internazionale di cui, inutile nasconderlo, gli Usa sono socio di maggioranza.
Il'Fmi ha infatti pubblicato poche ore fa, uno studio nei cui commenti non è difficile coglier alcuni elemnti di “buonismo”, secondo i nuovi conteggi, il fabbisogno di finanziamento della Grecia fra l'ottobre di quest'anno e il dicembre del 2018 è di 50,2 miliardi di euro. A questi devono aggiungersi i debiti in scadenza quest'estate che ammontano a circa 16 miliardi di euro, si legge nello studio. Dati già noti se non fosse che nel commento, lo stesso Fondo monetario internazionale, se da un lato dice giudicare insostenibile il debito della Grecia dall'altro ritiene che il debito nei confronti dei creditori europei vada quanto meno riscadenzato. Secondo una fonte di alto livello dell'Fmi (pare faccia riferimento direttamente alla Lagarde) andrebbero raddoppiati sia il periodo di grazia, durante il quale la Grecia non effettua alcun rimborso, rispetto agli attuali 10 anni, sia il periodo dei rimborsi, dagli attuali 20 anni. Una posizione decisamente diversa da quella tenuta negli ultimi giorni di braccio di ferro precedente ed immediatamente successiva a martedì scorso quando la Grecia saltò il pagamento di 1,55 miliardi di euro proprio all'Fmi. Atene, sembrano dire dall'istituzione monetaria mondiale, ha bisogno di uno “spazio per respirare” che dovrà essere creato dall'adozione delle corrette politiche economiche (sulle quali non c'è stato però accordo fra il Governo greco e i suoi creditori, ma come è noto mancava pochissimo) e dall'allungamento dei tempi del debito. Anche se non viene detto apertamente la situazione è talmente compromessa da dover pensare anche ad altri interventi sul debito con un taglio drastico del suo valore nominale nei confronti dei creditori europei (i fondi salva Stati Efsf e Esm e gli altri Paesi dell'eurozona), contrariamente si rischia di perdere tutto. Ed allora sarebbero dolori anche per le economie europee e soprattutto per quelle più esposte alla speculazione ed inutile dire che fra queste, nonostante le rassicurazioni di Padoan e Renzi, c'è anche l'Italia. Nelle ultime ore, ma potrebbe essere tattica, da parte greca serpeggia un certo ottimismo. Un taglio del 30%, su 20 anni, assicurerebbe la sostenibilità del debito per Atene: lo ha affermato, avanzandone quindi la richiesta, il premier greco Alexis Tsipras. Sulla Grecia però  il macigno in mano al Fondo europeo salva Stati: il board dell'Efsf ha infatti deciso di riservarsi il diritto di agire sui prestiti concessi al Paese ellenico. Tecnicamente il mancato pagamento al Fmi è un "event of default". In linea con la raccomandazione del Ceo dell'Efsf, Klaus Regling, il board ha comunque convenuto di non chiedere l'immediato rimborso dei prestiti, così come non avvierà alcuna azione. "L'Efsf mantiene tutte le opzioni aperte - si legge in un comunicato - come creditore in base all'evoluzione della situazione greca". Se il premier greco sembra oggi più ottimista il suo ministro delle finanze Yanis Varoufakis si è lasciato addirittura andare a dichiarazioni quasi entusiastiche. Secondo Varoufakis che ha parlato ai microfoni della tv irlandese Rte sarebbe in arrivo l'accordo tra il governo greco ed i creditori.  Varoufakis  ha sottolineato che se al referendum vincerà il sì "il governo semplicemente firmerà l'intesa sulla proposta dei creditori. Se vincerà il no, posso assicurare che dopo questa settimana di impasse abbiamo avuto proposte decenti in termini confidenziali". Il ministro greco ha rivelato che i colloqui sono andati avanti anche questa settimana. "Il governo greco e le istituzioni sono molto vicini su temi della politica fiscale e sulla lista delle riforme. La vera differenza riguarda il debito". Sullo studio del Fmi secondo il quale il debito greco è insostenibile, Varoufakis ha osservato che è "musica per le nostre orecchie. La ragione per la quale la Grecia è in profonda crisi - ha detto - è l'insostenibilità del debito".