L’occidente per la Libia cerca un nuovo “uomo forte”

AAA nuovo dittatore cercasi. Potrebbe sintetizzarsi così la volontà occidentale di intervenire per “pacificare” la Libia del caos post Gheddafi. Forse è una forzatura ma la soluzione di un nuovo uomo forte per la Libia farebbe molto comodo ai Paesi europei, Italia compresa. Del resto il modello sarebbe quello già intrapreso per l'Egitto dove, dopo la fine di un percorso elettorale tortuoso e tormentato, si è “democraticamente” imposto con la forza delle baionette il nuovo leader il generale Abd al-Fattah al-Sisi.  Del resto l'ascesa delle forze islamiste dei Fratelli mussulmani rischiava di essere devastante per un Paese che aveva dato l'illusione con la propria “primavera araba” di cercare un nuovo assetto democratico e laico. Ed invece ecco che preso democraticamente il potere le forze islamiste si sono subito date da fare per rompere la laicità ed imporre le commistioni religiose alla cosa pubblica. Ora in Libia è anche peggio, non vi sono solo fazioni in lotta fra loro come nella prima fase del caos post gheddafiano, gruppi armati pesantemente grazie agli enormi arsenali saccheggiati all'indomani della caduta del regime. Ora a ricompattarne molti con il suo tallone armato è l'Isis che, secondo fonti di intelligence citate dal quotidiano inglese Daily Telegraph vuole utilizzare la Libia per portare "il caos nel sud dell'Europa". Sarà vero? Difficile dirlo con certezza anche se appare credibile dato che il giornale britannico cita anche documenti segreti dei jihadisti. Secondo quello che viene definito uno dei principali reclutatori dello Stato islamico in Libia, l'Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo con lo scopo di attaccare le "compagnie marittime e le navi dei Crociati". Intanto è proprio l'Egitto a guida al-Sisi ad aver rotto gli indugi. Dopo i bombardamenti aerei dei giorni scorsi come rappresaglia alla barbara uccisione di propri cittadini, le forze armate del Cairo hanno compiuto un raid terrestre a Derna. In sostanza forze speciali egiziane hanno compiuto un'incursione nella città dichiaratasi Califfato dell'Isis nell'est della Libia, «catturando 55 elementi del Daesh». La conferma oltre che dagli egiziani è arrivata anche da fonti libiche. In particolare il premier libico Abdallah Al Thani unico soggetto riconosciuto dalla comunità internazionale, ha affermato ai microfoni della radio tunisina Express Fm che gli attacchi aerei su postazioni Isis in Libia sono state eseguite con l'approvazione del governo libico e che il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha rifiutato di fornire armi allo Stato libico per la sua lotta contro il terrorismo. Sempre lo stesso Al Thani ha spiegato che la situazione è grave anche perchè membri dell'Isis e di Boko Haram avrebbero raggiunto o starebbero raggiungendo i gruppi terroristici presenti in Libia, ed ha precisato che questi ultimi si starebbero avvicinando al confine con la Tunisia. Da parte sua la Tunisia ha dispiegato lungo il confine di terra e di mare con la Libia unità dell'esercito, rafforzate da unità della Guardia nazionale e della Dogana, per difendersi da “eventuali minacce contro l'integrità territoriale del Paese ed impedire ogni tentativo di infiltrazione da parte di terroristi”, parole pronunciate dal colonnello Belhassen Oueslati, portavoce del ministero della Difesa. Le forze armate tunisine possono contare su 27 mila uomini dell'esercito, 4.000 dell'aviazione e 4.500 di marina. La notizia delle tensioni sul confine tunisino sono state riferite anche dal ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni nel corso di una informativa da alla Camera dei deputati: "La situazione si aggrava. Il tempo non è infinito e rischia di scadere presto" ha detto il titolare della Farnesina. "L'unica soluzione è quella politica, non vogliamo crociate. In Libia è evidente il rischio di saldatura tra gruppi locali e Daesh". Dalla riunione del Consiglio di sicurezza Onu "ci attendiamo la presa di coscienza della necessità di raddoppiare gli sforzi per favorire il dialogo politico" ha aggiunto Gentiloni che ha avuto un colloquio telefonico con il Segretario di Stato americano John Kerry. Intanto un documento congiunto è stato trasmesso alle Nazioni Unite: "I governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti condannano fermamente tutti gli atti di terrorismo in Libia. L'efferata uccisione di 21 cittadini egiziani, da parte di terroristi affiliati all'Isis, sottolinea ancora una volta l'impellente necessità di una soluzione politica del conflitto". La comunità internazionale "è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale per affrontare le sfide attuali della Libia". Ed ecco il passaggio “galeotto”. L'idea è quella di appoggiare una fazione, probabilmente quella laica di Abdallah Al Thani convincendo altri capi fazione o capi tribù ad allearsi in funzione anti califfato nero e stringendo così l'Isis in una morsa. Da un lato gli egiziani, dall'altra i tunisini con funzioni per ora solo di contenimento, mentre una possibile unità di più fazioni potrebbero creare un fronte interno anti Isis. Insomma un paiano per non intervenire lasciando fare agli stessi arabi il lavoro militarmente più delicato dando supporto aereo. Una soluzione che piace soprattutto al governo italiano ma che non è detto vada in porto perchè la frammentazione interna in Libia e gli interessi economici fra le fazioni sono spesso in forte contrasto. Bisognerà capire quanto la paura degli uomini del califfo riuscirà a ricompattare forze così diverse. Lo scopriremo nelle prossime settimane, forse nei prossimi giorni.