Lo stadio Friuli diventa part time, dividerà il nome con lo sponsor Dacia

Ai nostri lettori non friulani la notizia della polemica sul nome dello stadio “Friuli” potrà sembrare una piccola polemica di provincia. Così sarebbe in effetti se dietro alla scelta del paron dell'Udinese Gianpaolo Pozzo non vi fosse una concezione dello sport unicamente come business di cui per altro è abile e riconosciuto orchestratore. Legittimo ovviamente in un mondo sportivo  che ha perso da tempo lo spirito decubertiano per scambiarlo con il valore della “vil moneta”. Tornando alla polemica di cui ci siamo occupati nelle scorse settimane, attraverso un ottimo pezzo del nostro collaboratore Gianfranco Ellero, spieghiamo che la pretesa dell'Udinese calcio Spa era quella di trasformare il nome dello stadio da “Friuli” in “Arena Dacia”, con riferimento alla sponsorizzazione della squadra da parte della ben poco blasonata casa automobilistica franco-rumena. Insomma lo stadio messo alla stregua delle magliette degli undici “eroi” in mutande che ogni settimana calpestano i prati sportivi inseguendo una palla e la chimera di una possibile vittoria che qualche volta arriva, altre no. Apriti cielo, anche se l'Udinese è squadra amatissima in Friuli e la stampa locale da sempre pende dalle labbra dei suoi dirigenti, l'idea che lo stadio cambiasse nome aveva destato orrore e riprovazione. Qualcuno tirò fuori erroneamente anche la memoria delle vittime del terremoto del 1976, come spiega l'ottimo Ellero nel suo pezzo, ma in realtà il vero problema è che quel simbolo del Friuli finisse per essere mercificato. Insomma a ben vedere un problema anche di etica sportiva ma  ahimè già superato in un Paese dove girano milioni e milioni di euro intorno agli interessi calcistici. Ma ci sarebbe il problema dell'immagine del Friuli, ed allora le ragioni del “no” hanno delle frecce da scoccare. Il nome Friuli legato allo stadio, in effetti, attraverso le gesta della squadra dell'Udinese e non solo, ha raggiunto ogni latitudine del globo terracqueo con possibili ricadute sul turismo. Per arrivare allo stesso risultato bisognerebbe spendere milioni di euro in politiche di marketing. La prova, proprio nel fatto che lo sponsor vuole imporre il proprio nome allo stadio e non certo per un fatto di principio, ma perchè ritiene la spesa milionaria conveniente sul piano pubblicitario. Soprassediamo sulla stucchevole, quanto prevedibile, querelle fra Giampaolo Pozzo e la stampa locale (che in questo caso ha ragioni per lamentarsi) per puntare il dito sul reale problema, il rapporto fra l'Udinese Spa come impresa e il Comune di Udine. Fuori dai confini del Friuli, inteso come territorio, pochi sanno che la ristrutturazione dello stadio Friuli o come diavolo si chiamerà in futuro, è stato il frutto di un accordo da molti contestato fra il primo cittadino di Udine Furio Honsell e la società calcistica che si è impegnata ad accollarsi l'onere economico milionario della modernizzazione dell'impianto. Non acquistandolo dal Comune come sarebbe stato naturale, ma dietro un “comodato” dalla durata smodata, 99 anni. Questo aveva fatto pensare al paron Pozzo di avere ogni sovranità sulla sua creatura. Ed invece ha scoperto che non tutti la pensano così. Se infatti da un lato è vero che il Comune di Udine ha risparmiato le spese di ristrutturazione, in realtà ha solo regalato la "nuda proprietà" della vecchia struttura ponendo dei vincoli. Un equivoco rafforzato dal fatto che la società privata Udinese spa ha fatto, senza che il Comune si opponesse,  la scelta discutibile di rimpicciolire la capienza precludendo così l'utilizzo per grandi concerti, come veniva fatto nel recente passato, quando a calpestare il prato non furono solo i tacchetti, ma anche divi del rock del calibro di Madonna, Coldplay e Bruce Springsteen. Tutto questo nonostante alla fine del 2009 il sindaco Honsell, impegnato nel suo primo mandato, rivendicava: “La ristrutturazione dello stadio Friuli è sempre stato il mio progetto anche perché in questi anni siamo sempre riusciti a mantenerlo a norma. È una struttura importante che ci ha permesso di ospitare grandi eventi non solo sportivi”. Decisa invece la sola destinazione calcistica dell'impianto, perchè all'Udinese calcio andava bene così,  è venuta meno l'innegabile spinta promozionale per il Friuli data dai concerti. Allora non rimane che mettere part time il nome e consolarsi con il denaro che l'Udinese calcio è disponibile a “girare” al Comune per il disturbo di affiancare al Friuli le scoppiettanti auto rumene motorizzate francesi. Si, perchè, venendo alla notizia della giornata, il Comune di Udine ha partorito la sua mediazione: il nome “Friuli” dovrà essere affiancato all'indicazione dello sponsor e l'Udinese Calcio Spa dovrà corrispondere annualmente al Comune una somma in denaro pari al 20% del valore annuo del contratto di sponsorizzazione e, comunque, per un importo non inferiore ai 150 mila euro. Questi i contenuti della delibera comunale approvata e che, si legge in una nota, passerà al vaglio del Consiglio per poi essere trasmessa alla società calcistica.
Nella delibera, dopo aver fatto notare come fosse un fatto positivo, che il nome dello sponsor affiancato al nome dello stadio è un primo caso in Italia, si fa riferimento anche alle dimensioni tipografiche o tecniche della denominazione “Friuli” che dovranno mantenere “adeguata dignità rispetto a quelle dello sponsor, e comunque la veste grafica dell'intera denominazione dovrà essere formalmente approvata dall'amministrazione comunale, che si riserva il diritto di veto nel caso il titolo dello sponsor possa essere valutato, a propria insindacabile valutazione, pregiudizievole per la dignità e l'onorabilità della struttura sportiva o che violi l'etica e la morale, esibendo, a titolo di puro esempio, ragioni sociali di fabbriche di armi o di agenzie trattanti gioco d'azzardo”. In qualsiasi sede esterna allo stadio, inoltre, il nome dello sponsor dovrà sempre restare abbinato al nome “Friuli”, così come l'intitolazione comprendente lo sponsor “potrà essere esposta solamente in occasioni di manifestazioni calcistiche coinvolgenti la società Udinese Calcio”. Inoltre nel caso in cui, infine, venga violato l'accordo, la delibera prevede “fatta salva la risoluzione contrattuale” un obbligo da parte dell'Udinese Calcio al pagamento di una penale di 5 mila euro giornalieri, a titolo di penale contrattuale, a decorrere dalla comunicazione del Comune di Udine sino a quando non verrà ripristinato l'uso esclusivo del nome Stadio Friuli”. Ad essere maliziosi diciamo anche che sarà bene guardare quella delibera, perchè l'ultima postilla potrebbe, se fatta male, nascondere una interpretazione di convenienza per la società calcistica. Infatti la violazione non solo deve essere scoperta dal Comune e nel caso di pubblicità all'estero diventa complicato, ma soprattutto la sanzione dei 5000 euro giornalieri potrebbe essere un prezzo accettabile da pagare nel caso in cui dovesse, per ragioni di sponsor, servire scorporare la denominazione, puzza inoltre di scappatoia lasciata aperta. Anche non fosse così, la morale di tutto è decisamente immorale: vince sempre il denaro. Questo è l'insegnamento che dalla vicenda potranno attingere tutti i giovani sportivi friulani, bambini compresi, mentre noi attempati questo l'abbiamo capito da tempo. Speravamo da poveri illusi che magari qualche spazio per sani principi albergasse ancora intorno ai prati dei campi di calcio, così per non rendere brutale la notizia della vita che aspetta i nostri figli, ma anche quest'ultimo mito è caduto.
Fabio Folisi

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