Lo spettro della paura non piega i greci, al referendum vincono i no con largo margine. Si riapre la possibilità di avere una nuova Europa?

Hanno prevalso i no, con un sonoro 61% a 39, una percentuale di scarto netta considerando anche l'alta percentuale di voti espressi, la volontà dei greci è così molto chiara. Che il popolo greco fosse coraggioso lo si sapeva fin dai tempi di Leonida. Noi italiani il oro coraggio e la determinazione l'abbiamo assaggiata direttamente nella seconda guerra mondiale quando il regio esercito lanciato nella follia della guerra da Mussolini, in quella che doveva essere una guerra lampo, venne bloccato per quasi due anni dall'esercito greco rischiando la disfatta e salvato solo dall'intervento delle truppe naziste. Nessuna meraviglia quindi che l'orgoglio nazionale abbia prevalso sulla politica della paura instillata sia da un fronte interno che ancora di più da quello internazionale che invece esce pavidamente sconfitto. Inutile dire che la vittoria della democrazia dei popoli, contro la tecnocrazia di Bruxelles è una delle chiavi di lettura più significative di questo voto, ma è altrettanto vero che non sono risolti i problemi. Tsipras avrà certamente sul fronte interno ed internazionale maggiore peso ma bisogna tener conto con la voglia di “vendetta” che verrà sviluppata nel resto d'Europa e già si è palesata nelle prime dichiarazioni a caldo proveniente dal fronte teutonico ma anche dai paesi più fedeli alle logiche del rigore economico finanziario. Una vendetta non più contro Tsipras ed il suo ministro delle finanze Varoufakis, ma contro il popolo greco. Il rischio che si voglia far pagare la scelta ai cittadini è alto, servirà una grande mobilitazione internazionale dei democratici per evitare che passino logiche punitive, magari targate Berlino.
Ma la vera bellezza di questo voto non è in realtà l'effetto diretto che avrà sulla vicenda ellenica ma il fatto che ha prevalso la voglia di un Europa diversa e non una idea contro l'Europa, questo appare chiaro anche se molti sono stati i tentativi di attribuire al referendum di Atene una valenza di rottura nazionale antieuropea. Una battaglia è vinta, non certo la guerra però, perchè c'è da scommettere che molti saranno gli attacchi che la Grecia dovrà subire e dire che si sono aperti scenari imprevedibili non è per nulla sbagliato. Forte del rinnovato ed ampliato mandato popolare, il premier ellenico Tsipras si dice convinto che i creditori siederanno di nuovo al tavolo della trattativa, stavolta costretti ad ascoltare anche le richieste di Atene. Ma allo stato nessun segnale sembra essere arrivato da Bce, Ue e Fmi, l'unico segnale è una fibrillazione politica notevole con la Merkel che inusualmente volerà domani a Parigi per parlare con Hollande anziché il contrario e la convocazione d tavoli d'emergenza anche come risposta preventiva al previsto crollo dei mercati finanziari che viene dato per scontato come pare scontata una flessione dell'Euro rispetto alla altre valute, Dollaro in testa. Sarà da vedere se finalmente la politica riprenderà per davvero le redini dell'Europa strappandola ai tecnocrati, ma sarà molti dura perché questi non sembrano affatto intenzionati a riaprire il negoziato con Tsipras visto il rifiuto dell’accordo da 15,5 miliardi di aiuti in cambio di aggiustamenti dei conti e riforme che è stato oggetto del referendum. Ed anche se fino ad un minuto prima della apertura delle urne i principali leader europei, Angela Merkel in testa, ma anche il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, hanno detto a chiare lettere che un “no” è una scelta tra euro e dracma, ora che è avvenuto, le variabili saranno diverse. Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz si era spinto addirittura oltre affermando che nel caso del no, “Atene dovrebbe anche abbandonare l’Unione europea”. In effetti, come abbiamo più volte scritto dalle pagine di e-paper i trattati non prevedono l’uscita di un Paese dall’euro ma eventualmente dall’Ue. Nel tentativo di incitate i Greci a votare “si” erano stati descritti, fino a poche ore fa, scenari di un ritorno alla dracma da brivido: la nuova “vecchia” moneta, veniva detto, si svaluterebbe del 30-40% precipitando il Paese in una situazione di fallimenti a catena di banche, imprese, famiglie, di controllo dei capitali, di iperinflazione, di tassi di interesse stellari, di crisi umanitaria grave”. Ora invece sono tutti molto più prudenti. Sul piano interno italiano la vittoria di Tsipras in Grecia si può leggere anche come uno schiaffo al premier italiano Matteo Renzi, che si era appiattito sulla posizioni tedesche del rigore e lo aveva fatto in maniera contro-natura rispetto alla tradizione democratica del suo partito che si chiama “democratico” e non ancora “nazionale”, Fatto che Renzi continua ad ignorare, ponendo le sue scelte molto spesso nella parte sbagliata, sia dal punto di vista “strategico” che ideologico. Comunque da oggi c'è una possibilità in più per creare una Europa dei popoli, almeno questa è una speranza concreta, per i greci in primis, ma anche per gli altri popoli dell'area mediterranea che in questi ultimi anni hanno dovuto inghiottire il rigore che si è dimostrato recessivo, ha impoverito i tessuti produttivi reso più ampia la forbice fra ricchezza e povertà. Una politica economica che ha favorito alcuni soliti noti che hanno letteralmente svenduto i paesi alle logiche utili alla Germania. Speriamo sia solo l'inizio invece del ritorno ad un idea di Europa solidale e senza supremazia teutonica.