Litigi furibondi sul “tesoretto” di Charlie Hebdo. Intanto la rivista torna alla ribalta internazionale per una copertina sul tennis

Siamo tutti Charlie Hebdo, o forse meglio di no e non per un improvviso ripensamento sulle tematiche relative alla libertà di stampa e di espressione, ma per il fatto che a riprova che il potere corruttivo del denaro non conosce limiti, si scopre adesso che è in corso fra i superstiti della redazione del giornale satirico una lotta per accaparrarsi parte dei 30 milioni di euro piovuti da mezzo mondo in sostegno al giornale all'indomani dai tragici eventi del 7 gennaio 2015. Ed anche se parliamo di un giornale satirico ora c'è molto poco da ridere, a pochi mesi dall'attentato terrorista sono esplose le polemiche sulla gestione dei finanziamenti ottenuti con sottoscrizioni e le vendite eccezionali. Un tesoro da 30 milioni di euro sul quale undici dipendenti, tra cui il vignettista Luz e Patrick Pelloux, vogliono mettere le mani diventando azionisti.
Pensare che prima della strage, Charlie Hebdo era sull’orlo del fallimento con una vendita di sole 30mila copie settimanali, ma solo una settimana dopo l’attentato, il numero speciale vendette oltre 7 milioni di copie. La diatriba, resa nota nelle settimane scorse proprio dagli stessi protagonisti, ovvero Laurent Léger, Patrick Pelloux e il vignettista Luz, ha come oggetto del desiderio i 30 milioni di euro e non certo il futuro della testata che dopo l'ondata di solidarietà sta rapidamente tornando nei ranghi della marginalità tipca del tipo di pubblicazione. Sarebbe stato Léger a marzo a rendere nota la richiesta di diventare azionista della rivista. Al suo fianco si sarebbero schierati altri 10 componenti della redazione. In realtà dal punto di vista legale la richiesta appare abbastanza temeraria. Le quote del giornale infatti sono legalmente divise tra i familiari del deceduto Charb (che detengono il 40% della proprietà di Charlie Hebdo), il disegnatore Ross (anche lui comproprietario al 40% e il direttore del giornale Eric Portheault (detentore del restante 20%). La disputa su quelli che proprio il vignettista Luz definiva, non poco tempo fa, i “Milioni avvelenati”, ha scatenato all’interno della redazione di Charlie Hebdo reazioni forti e contrastanti ma tuttti vorrebbero la loro fratta di “torta”. L’avvocato del settimanale satirico dal canto suo si è espresso con toni duri nei confronti della richiesta degli 11 giornalisti. “Siamo ancora lontani da una riflessione sull’assetto proprietario – ha dichiarato il legale – la parte di Charb è ancora congelata. Tutti questi soldi fanno più male che bene. La situazione fa pensare a quei funerali dove si litiga già uscendo dal cimitero per i gioielli della nonna. Dobbiamo prima pensare a far uscire il giornale ogni mercoledì”. All’accusa neppure tanto velata di cercare di approfittare della situazione mossa dal legale di Charlie Hebdo, ha risposto subito il giornalista Patrick Pelloux, uno dei maggiori promotori della insolita “class action”: “Non abbiamo nulla contro la direzione attuale, nessun conflitto di alcun tipo, ma dopo quello che è successo, i dipendenti vogliono essere innanzitutto attori nell’impresa”. Insomma laddove non sono riusciti i terroristi islamisti rischia di arrivare l'avidità ed il contagio capitalistico con buona pace delle vittime di Charlie Hebdo. Intanto il giornale dopo un fermo temporaneo ha ripreso le pubblicazioni, anche se la questione denaro cova ancora sotto la cenere. Per non smentirsi il giornale satirico ha preso di petto, alla sua maniera, un simulacro non religioso ma sportivo. nell'ultimo uscito la settimana scorsa la rivista satirica transalpina ha messo in prima pagina una vignetta che allude al doping nel tennis. Scatenando infinite polemiche riportate dal web e dalla carta stampata internazionale. La rivista ha pubblicato in prima pagina una vignetta raffigurante un tennista pompato di sostanze all’inverosimile, con tanto di siringhe ancora attaccate un po’ dappertutto. La provocazione di Charlie è una chiarissima allusione all’esistenza del doping nel tennis ma sembra non indirizzata a nessuno in particolare non essendoci nel disegno precisi riferimenti che possano richiamare qualche atleta. Ma invece qualcuno si è sentito coinvolto, così non ha preso bene la copertina della rivista la Federazione Tennis Spagnola che ha espresso tramite un comunicato "Forte protesta contro le pubblicazioni francesi che mettono in dubbio la purezza del tennis. Quello che è stato pubblicato su Charlie Hebdo è un esempio esecrabile di attacco contro l'integrità di uno sport che è sinonimo di eccellenza. Il nostro supporto in ogni caso va a Rafa Nadal e a tutti i nostri giocatori, che hanno l'appoggio di tutti i tribunali spagnoli, come d'altronde è stato già dimostrato quando abbiamo denunciato Canal Plus Francia, visto che non possono rimanere impuniti". Va spiegato che sulla stampa transalpina in passato non sono stati pochi gli attacchi sul doping riservati al movimento tennistico e sportivo spagnolo, reo, secondo alcuni osservatori francesi, di un certo lassismo sul fenomeno.