L’Italia recupera, ma al rallentatore

Le stime di crescita dell'economia globale redatte nell'ultimo World Economic Outlook (Weo) vedono un rafforzamento delle economie emergenti nel biennio 2015-2016. Nell'elenco è compresa anche l'Italia ma, come al solito, siamo tra le peggiori del gruppo in termini di performances. I motivi non mancano di certo.

Nei prossimi due anni la crescita globale sarà sostenuta: +3,5% questo anno e +3,8% nel prossimo, in particolare la stima per i Paesi avanzati è cresciuta dal precedente +1,8% al +2,4% grazie in primis al crollo del prezzo del greggio. Le economie emergenti alzeranno la media crescendo ad un ritmo del +4,3% nel 2015 e a un +4,7% nel 2016.

Per quanto riguarda, in particolare, l'Italia l'espansione è prevista ad un +0,5% (da un +0,1% della stima precedente di gennaio). Il dato segue una riduzione del Pil negli ultimi due anni  (-0,4% nel 2014 e dell'1,7% nel 2013). In crescita anche le previsioni per il 2016 tricolore con un +1,1%, molto superiore allo striminzito +0,3% precedente. Ancora più ottimistiche (come spesso accade), le stime del nostro governo: +0,7% nel 2015 e un +1,4% nel 2016. In generale l'intera Europa sembra consolidare la sua ripresa e le stime per il 2015 sono cresciute dal +1,3% all'attuale +1,6%.

Le stime di crescita della Spagna, il Paese che come noi ha subito più di altri gli effetti della crisi, sono di gran lunga superiori rispetto alle nostre: dal -1,2% del 2013 al +1,4% del 2014, si passa ad un +0,4% per l'anno in corso e ad un robusto +2,5% nel 2016.

Le cause di questo recupero rallentato dell'Italia? Sono molte e intrecciate tra loro, la prima e forse la più importante, viene segnalata dal capoeconomista del Fondo Monetario Internazionale Olivier Blanchard: "La questione chiave per l’Italia è l’abilità delle banche di erogare credito», ha detto Blanchard, che è probabilmente «peggiore di quella delle banche in Francia, Germania e Spagna. E Thomas Helbling, del Research Department del Fondo, ha spiegato che «deboli settori bancari sono handicappati nei meccanismi di trasmissione» del Qe, anche se questo genera comunque benefici.

A braccetto con la "scarsa" capacità dei nostri istituti di credito di trasmettere il credito che loro ricevono a piene mani da Bruxelles, troviamo la voracità del nostro fisco, che da solo divora oltre un terzo dei salari. E' quanto emerge dall'ennesimo report di un'altra organizzazione internazionale, l'Ocse. Dal suo rapporto Taxing Wages, risulta che il cuneo fiscale (differenza tra quanto paga il titolare per il lavoratore e quanto rimane nella busta paga di questo ultimo, ndr) per i lavoratori dipendenti è ormai prossimo alla soglia del 50%, per la precisione 48,2% (in crescita dello 0,3% rispetto al 2013.

Impressionante la differenza rispetto alla media dei 34 paesi Ocse (36%) : 12 punti percentuali in più.   La Penisola conferma così il sesto posto tra i 34 Paesi Ocse per il prelievo complessivo sui salari. Al primo posto resta il Belgio con il 55,6% (-0,08 punti), seguito da Austria (49,4%, +0,17), Germania (49,3%, -0,09), Ungheria (49%, invariato) e Francia (48,4%, -0,4).  Desolante il confronto con gli Usa sono al 31,5% e la Svizzera al 22,2%. Il fisco più amichevole è quello cileno, che si accontenta di un prelievo del 7%.