L’Istituto di studi filosofici di Napoli rischia il crac definitivo e la dispersione di 300mila volumi preziosi

gerardo-marotta-istituto-italiano-studi-filosofici-napoli-8Mentre il mondo della politica nazionale e campana è tutto impegnato a smaltire la sbornia elettorale e le sue ripercussioni, a Napoli si sta perpetrando un omicidio, una morte lenta ma inesorabile che è passata prima attraverso il declino ed ora attraverso la probabile bancarotta dell'Istituto di studi filosofici. Il tutto nonostante l'attestato Unesco e i suoi 300mila preziosi libri, una biblioteca messa insieme da Gerardo Marotta in mezzo secolo di pazienti ricerche presso fondi librari e antiquari in tutta Europa.
La politica, sia quella nazionale che locale è ferma, impietrita. Gli unici tentativi di salvataggio o quantomeno di comunicazione di quanto sta avvenendo vengono dal basso, dalla società civile, qualche appello volantinato, qualche giornale che cerca di bucare il muro del silenzio, così come fanno gli appelli sui social e la raccolta firme sul web nel sito dell'istituto (www.iisf.it). La situazione spiegano è precipitata dal 2009, anno in cui l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti iniziò a sforbiciare i fondi che Carlo Azeglio Ciampi prima come premier e poi come presidente della Repubblica aveva deciso di stanziare per dare ossigeno alle attività culturale dell'Istituto che prima dello sfratto aveva sede a Palazzo Serra di Cassano. Tremonti in sostanza fedele al motto secondo cui «con la cultura non si mangia», ha cominciato a tagliare, processo però che non si è fermato più, nonostante altri ministri e parti politiche,  si siano succedute sulle dorate poltrone di palazzo Chigi e nonostante un ordine del giorno della Commissione cultura della Camera dei deputati, chiedeva il ripristino della biblioteca. I finanziamenti oggi sono del tutto spariti tranne qualche raro e non certo robusto contributo di privati innamorati della forza di volontà e della caparbietà di chi, nel 1975, decise di fare del capoluogo campano il centro europeo e mondiale della divulgazione filosofica. Eppure l'Istituto italiano per gli studi filosofici non è solo un patrimonio per la città di Napoli, ma lo è per tutta la nazione. Ha un importanza che gli viene riconosciuta in campo nazionale e internazionale, addirittura dall'Unesco. La sua chiusura vorrebbe dire la dispersione della sua eccezionale biblioteca ma anche di una storia ricca di presenze che da sole dovrebbero far diventare quel luogo un tempio della cultura. In quei locali studiarono e consultarono testi personaggi come Karl Popper e Hans-George Gadamer. Oggi la situazione è drammatica, testi rarissimi fra cui anche gli originali di Giordano Bruno e Giambattista Vico. Un tempo i testi erano a disposizione degli studiosi di tutto il mondo nella sede, oggi sono impacchettati alla bella è meglio in enormi scatoloni custoditi in un deposito dalle parti di Casoria anche questo oggetto di sfratto per morosità. Altri libri sono ospitati in locali sotterranei (l'ideale per conservare delicati volumi) dell'ospedale Bianchi e una terza tranche della biblioteca nelle case e nelle cantine di amici e sostenitori dell'istituto. Ma c'è di più, quando saranno finiti i soldi per pagare il fitto del capannone a Casoria l'esodo di pagine inestimabili della storia diventeranno ingestibili. E dire che che nel 1993 un rapporto Unesco sottolineava una dimensione di rinascita intellettuale che non ha pari nel mondo: “L’Istituto organizza corsi e colloqui ovunque nell’Europa occidentale, pubblica opere in sei lingue, antiche e moderne, contribuendo a fare della sua città una vera capitale culturale”. Insomma un vero omicidio o meglio un suicidio culturale potrebbe compiersi definitivamente dato che nessuno, denunciano dal web dal Comitato per la salvezza dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e della Biblioteca, finora ha mosso un dito: non lo ha fatto il governatore uscente Stefano Caldoro, non lo ha fatto nonostante le promesse il sindaco Luigi de Magistris, non lo hanno fatto  i presidenti della Camera di Commercio e di Confindustria Napoli. Ovviamente il timore oggi è che anche il neo eletto Vincenzo De Luca sia troppo preso dalle sue vicende per intervenire con la necessaria rapidità. L'urgenza è data dalla precaria situazione logistica dei 300 mila volumi. Sarebbe necessario, dicono a Napoli i volonterosi del comitato, trovare una nuova casa per questo gigantesco giacimento di conoscenza. Intanto anche i 15 dipendenti del centro sono da un anno e mezzo senza stipendio, mentre i fornitori di beni e servizi sembrano quasi rassegnati, speriamo che l'Italia non si rassegni.

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