“Libero Stato in libera Chiesa” si strepita dal Foro Boario della politica italiana

Libero Stato in libera Chiesa, strepitava Matteo Salvini nell'affannosa ricerca di difendersi dagli attacchi del segretario generale della Cei Nunzio Galantino sulla questione immigrazione, attacco che aveva ricevuto consensi dal centro sinistra, sia nella componente governativa, che in quella “critica”. Peccato che Salvini non sia il conte Camillo Benso di Cavour, che la proclamazione del Regno d'Italia sia avvenuta nel lontano 17 marzo 1861 e che anche in Vaticano sanno benissimo che il Papa si deve dedicare al potere spirituale dimenticandosi il potere temporale. Ma questo, come ci insegna la storia degli ultimi decenni, non vuol dire che la Chiesa non abbia il diritto-dovere di esprimersi su questioni etiche e morali, come è certamente l'accoglienza dei migranti. Non si può certo approvare la parola della Chiesa in maniera alternata, quando comoda, quando questa è coincidente con i propri slogan di partito, per poi invece imbavagliarla quando i concetti che esprime sono scomodi o ”fuori linea”. Certo Galantino è stato diretto, forse troppo nel linguaggio, ma del resto oggi con Papa Bergoglio al vertice, di cose fuori della linea tradizionale ma genuine e popolari, la Chiesa ne ha dette e fatte molte e probabilmente ne dirà e farà ancora, lasciando di stucco anche parte dello stesso clero ma soprattutto  la politica che da destra o da sinistra cerca di far nuovo anomalo “scudo crociato” . Una chiesa che nela quale è evidente ci sia molto da rinnovare mma che guidata da Francesco ha ripreso quella credibilità che gli mancava forse da decenni. Per questo difronte alla modernità di Papa Francesco alcuni baciapile si  trovano spiazzati, annaspano arrivando ad imprecargli contro. Per questo Galantino non si è lasciato intimidire ed il prelato ha continuato a parlare agli italiani in perfetto Bergoglio style,  prima facendo trapelare il testo del discorso che avrebbe dovuto fare al meeting di Comunione e Liberazione che lo avrebbe dovuto forse vedere assente giustificato, poi invece recandosi su quel palco con un effetto teatrale. Chi era presente ieri a Rimini racconta di un Galantino che arriva, scherza con i cronisti poi sale sul palco e attacca la politica sempre con il sorriso sulle labbra. Monsignor Nunzio Galantino torna ad accusare la gestione del potere italiano pur senza fare nomi, “guidata più da interessi immediati che da grandi progetti per costruire un futuro migliore, guidata  dalle decisioni del giorno per giorno, spesso condizionate da interessi più particolari che generali”. Del resto il  Monsignore già da giorni “tuona” e in realtà ne ha per tutti e per questo "spiazza". Tornando a qualche giorno fa infatti, dopo la prima querelle con il Carroccio, era bastato che tornasse ad aprir bocca per far alzare la febbre all'intera politica italiana. Prima attaccando il governo Renzi, considerato immobile ed inetto sulla questione migranti e poi tutta la politica, perchè il novello fronte “libero Stato in libera Chiesa" (in latino il concetto si rovescia significativamente in “Ecclesia libera in libera Patria”) si ricompattasse in una sorta di crociata laica. Non per ragioni ideologiche e di difesa della laicità, si intende, ma per semplice difesa di genere, di casta. Ma cosa ha detto Galantino per fare infuriare così tanto la schiera degli italici parlamentari? Il segretario generale della Cei ha attaccato tout court la politica, definita “un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi”. Apriti cielo, quelle parole così dirette ma così riconoscibili i concetti di verità dal popolo, hanno scatenato la reazione di partiti ed esponenti di governo, che lo accusano di essere: nell'ordine, qualunquista, “comunista” e “cooptato”anche lui. Peccato che a livello di credibilità la politica italiana in generale, ma soprattutto quella parlamentare, ne abbia ormai davvero poca e che allo stato fra i Galan e i Galantino non si può che sceglier il secondo, come un tempo si doveva decidere se scegliere fra le toghe e i politici indagati, toghe fra l'altro accomunate oggi al clero by Francesco dalla parola “rosse” che è rispuntata nella bocca di certa politica che hanno coniato il “tonache rosse” dopo il “toghe rosse”. Così come in un mantra che si ripete, la politica o meglio certa dirigenza politica, perchè è sbagliato mettere tutti nello stesso calderone, si rivolta, si sente attaccata e ferita nell'onore, in quell'onore che è loro andato perso negli usi e consuetudini consolidate di farsi prima gli affari propri rispetto a quelli degli italiani. Dirlo non è anti-politica, anzi chiedere che la politica torni ad occuparsi delle cose della gente e non degli affari propri, è quanto di meno anti-politico ci sia, che ha farlo sia un prelato, un giornalista, in intellettuale o un semplice cittadino poco importa perchè alla fine è in gioco la democrazia del Paese ed il benessere degli italiani. Del resto che le aule parlamentari in questo momento non rappresentino un fulgido esempio di rappresentatività democratica è dimostrato, se non altro, dal valzer infinito di cambi di casacca, valzer giunto a quota 290. Mantenere i conti è difficile vista la continua metamorfosi, mai come in questa legislatura si è infatti assistito ad una proliferazione di nuovi gruppi parlamentari frutto di “cambi di casacca multipli”. Da un paio di settimane, con la nascita dell’Alleanza Liberalpopolare – Autonomie, la lista dei partiti rappresentati si è ulteriormente arricchita e sono cresciuti di conseguenza i cambi di gruppo in Parlamento. In poco più di due anni di Legislatura sono 290 i cambi di casacca con 217 parlamentari coinvolti che vuol dire che alcuni hanno cambiato idea più di una volta. Al Senato siamo arrivati a 148 cambi di casacca con 110 Senatori coinvolti . Numeri leggermente inferiori a Montecitorio, dove i cambi sono stati 142 con 107 Deputati transfughi. Per gli amanti dei numeri diciamo che la media è stata di 10,7 cambi al mese. Dato altissimo rispetto alla scorsa Legislatura dove la media era stata di 4,5. Una volubilità garantita dalla Costituzione quando parla di senatori e deputati “senza vincolo di mandato”, ma è altamente probabile che i patri costituenti non avessero considerato neppure lontanamente prchè convinti dell'etica della politica, che il fenomeno potesse assumere proporzioni da esodi biblici e riguardare centinaia di onorevoli e senatori. Così i recinti parlamentari sembrano diventati dei cloni del “Foro Boario”  quell'area inizialmente nata al tempo dei Romani  lungo la riva destra del fiume Tevere, tra Campidoglio e Aventino. Quella zona inizialmente lacustre era stata bonificata dall'azione della Cloaca Massima finendo per ospitare il mercato del bestiame, nome  Foro Boario che venne successivamente  assunto praticamente da tutte le piazze dove si svolgeva il mercato d'animali.