Liberi ancor prima della Liberazione

Zona libera di Carnia

Zona libera di Carnia

Nella primavera del 44 nacque in Carnia la Repubblica di Ampezzo, una terra libera e democratica che si ribellò e si impose sul territorio nazista. Durò molto poco, ma lasciò un esempio indelebile.

Alla vigilia della ricorrenza della Liberazione, ci sentiamo in obbligo di ricordare un piccolo orgoglio locale, ma che si rifletté su tutto il Paese: la Repubblica Libera di Ampezzo.
Andando per gradi e a sommi capi, possiamo affermare che la Resistenza si è complessivamente organizzata dopo l’8 settembre del '43, ma nella nostra regione iniziò ancor prima della disfatta dell'esercito, e cioè intorno al 1941. E in quest'anno, infatti, che sulle nostre montagne comparvero i primi reparti della Resistenza slovena entrati poi in contatto con i comunisti friulani.
Nella primavera del '44, dunque le forze partigiane in Carnia e nel Friuli occidentale contavano già sei mila uomini suddivisi in 9 Brigate da 18 battaglioni garibaldini e 13 osovani.
La storia ci insegna che in quell'anno la liberazione del Paese era tutt'altro che imminente, ma da queste parti l'impegno fu grande facendo assumere alle forze partigiane un ruolo ben più importante di quello che gli alleati avrebbero concesso. E fu una decisione sacrosanta nel tentativo di concedere agli italiani la possibilità di dimostrare tutta la loro dignità. Ecco che dove la Resistenza fu più attiva e organizzata si crearono zone di autogoverno: in Val d'Ossola, in Val d'Aosta, nell' Oltrepo pavese, nell'entroterra ligure, in Emilia, Umbria, nel Cansiglio, e in Carnia. Qui, la forza ed il consenso popolare assunti dalla divisione Garibaldi permisero ai partigiani di affrontare con successo i durissimi scontri coi nazifascisti e di liberare, nel luglio del '44, i comuni di Attimis, Faedis, Lusevera, Nimis, Taipana e Torreano. In breve, un’area di 2.500 kmq e con 90 mila abitanti, venne affrancata dal Reich hitleriano diventando a tutti gli effetti una zona libera. Uomini, donne e anziani, tutti contribuirono con pari dignità alla costituzione di quella democrazia che per vent'anni era stata negata dal regime fascista, e affinché il sogno diventasse più reale che mai, vi parteciparono tutti i partiti che poi fecero parte dell'arco costituzionale italiano: democristiano, comunista, liberale e d'azione.
Tutti inviarono in Carnia, nell'agosto del '44, alcuni dei loro più autorevoli esponenti: don Aldo Moretti "Don Lino" per la DC, Gino Beltrame "Emilio" per il PCI, Nino Del Bianco "Celestino" per il Partito d'Azione, Manlio Gardi "Bruto" per il PLI, Mario Lizzero "Andrea" comandante della Garibaldi e Romano Marchetti "Cino Da Monte" dell'Osoppo. Le trattative, avvenute assieme ai rappresentanti locali delle forze politiche e combattenti, all'inizio non furono facili, ma in breve riuscirono a portare a termine quel coraggioso esperimento dove si espresse, mai come prima nel Paese, un eccezionale spazio di libertà e partecipazione popolare, che anticipò alcune delle conquiste dell’Italia repubblicana.
Il miracolo durò pochi mesi, ma il suo significato storico e civile fu importantissimo. In un territorio che era ormai diventato a tutti gli effetti germanico, annesso al Reich sotto il nome di Adriatisches Kustenland, i friulani riuscirono in un miracolo che portò a delle riforme dalle quali la futura Costituzione Italiana non poté prescindere: l'abolizione della pena di morte, il riconoscimento delle pari opportunità alle donne che, considerate anch'esse capi famiglia, avevano diritto al voto. Le tasse furono ripartite in base al reddito e urgente fu la costituzione del tribunale del Popolo affidato all'allora presidente del tribunale di Tolmezzo che, diventato nemico del fascismo, appoggiò la causa partigiana. Nacquero poi le prime banche e assicurazioni cooperative per proteggere la popolazione dagli usurai e supportarla in caso di danni conseguenti a calamità.
Ma se questo miracolo fu possibile, il merito fu soprattutto della popolazione civile. La Carnia, infatti, non fu, come si pensa, terra retrograda; essa era popolata da emigranti che, tornando dalle regioni della Mitteleuropa, portavano con loro idee di socialismo e rinnovamento sociale. Persone che riuscirono a rendere possibile un movimento che il fascismo, purtroppo, strumentalizzato dalle classi borghesi dirigenti, riuscì in breve a demolire. Ma l'esperienza del cooperativismo nato in questa terra prima che da ogni altra parte, lasciò un segno profondo nella storia civile del Paese, conferma di una mentalità friulana non così “gregaria” e sottomessa come si pensa. Ricordiamo che in quei territori esistevano, per esempio, cooperative che producevano energia elettrica; la più grande fra queste fu smantellata dai fascisti che fecero poi nascere la Sade, sostituita in tempi più recenti dall'Enel.
Alla fine della guerra, però, la maggior parte della popolazione carnica “illuminata” fu costretta ad emigrare di nuovo lasciando alle forze politiche dominanti, come la Democrazia Cristiana, un territorio debole e provato al quale fu dato, causa politiche distorte e interessate, il colpo di grazia.
Ma a noi piace ricordare la Carnia come il territorio di libertà più grande che l'Italia abbia mai visto. Ci piace ricordare che il 26 settembre 1944, 115 persone tra contadini, operai, e perfino 23 donne, fecero nascere in questa regione un vero governo civile.
E ci piace ricordare che tre anni più tardi, anche grazie a questa straordinaria esperienza, furono ben 7 gli ispirati deputati friulani che parteciparono ai lavori della Costituente: Mauro Soccimarro, Giacomo Pellegrini, Giovanni Cosattini, Gino Pieri, Giuseppe Ernesto Piemonte, Luigi Gasparotto, Fausto Pecorari.