L’Expo è una grande occasione. Non riduciamolo all’Expo della vanità

Tour_Eiffel_et_le_Globe_CélesteDell'Expo di Parigi del 1900, se ne parla ancora oggi.
Superò i 50 milioni di visitatori e molti dei monumenti che ancora oggi sono una grande attrazione, come il Museo d'Orsay, il Ponte Alessandro III, la Gare de Lyon, il Grand Palais e La Ruche, furono costruiti per l'occasione.
Perfino i fratelli Lumière trionfarono con il loro cinematografo.
Il motivo di questa fama ormai in odor di leggenda è molto semplice: la manifestazione avveniva all' “alba dei tempi” con un futuro davanti carico di promesse. Il tema stesso, “bilancio di un secolo”, fu la celebrazione di una Francia repubblicana ormai stabile, uscita più forte che mai da un XIX secolo segnato da insurrezioni, miserie, tumulti, guerre e dalla Comune di Parigi, che aveva dato il colpo finale alla capitale.
Quello di Parigi fu, in sintesi, l'Expo della speranza.
Come sarà, invece, l'Expo di Milano del 2015? Quello di un Italia che, come tutti i Paesi, si trova “al tramonto dei tempi” con un futuro invisibile e scarsamente immaginabile? 03-padiglione-italia-expo-nemesi
Dovrà dare il meglio di sé, perché la sua speranza è una sfida certamente più difficile. E il tema che ha scelto, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” è anche la sfida del mondo intero. L'Esposizione universale, 184 giorni su una superficie di un milione di metri quadri, è la più grande occasione che possa capitare a un Paese per rimettere in moto i gangli della sua economia. E nel caso specifico di Milano, in quest'epoca globale l'occasione è diventata di tutti. Perché globali sono i temi trattati e universali le emergenze da affrontare. Sostenibilità e rispetto del pianeta, nutrimento dell'uomo e della terra, biodiversità, sicurezza ed educazione alimentare.
L'occasione dell'Italia e grande, perché come ha fatto notare con sarcasmo la vignetta di Ellekappa apparsa oggi su Repubblica: “Expo il grande racconto del cibo, perché per due miliardi di persone il cibo è solo un racconto”, Milano potrà essere galeotta per la nascita di strategie serie e ragionate per salvare milioni di persone dalla fame. E altrettante, dalla crisi.
Bisogna infatti fare molta attenzione: allestire babilonie sfarzose potrebbe essere inutile e costoso se non si è fortemente motivati a risolvere i problemi della crisi economica mondiale che stanno alla base. Gli Expo come quello di Milano hanno senso se il dibattito sarà seriamente motivato da tutte le parti che intervengono, e seriamente divulgato. Se mancherà lo sforzo, anche politico, di fare finalmente qualcosa per la disastrosa situazione in cui versa il pianeta, c'è il rischio che l'Expo abbia la stessa utilità di una gioiellerie di Bulgari nel mezzo di una favelas.
Non è passato inosservato il commento di Roberto Mangabeira Unger, ministro delle questioni strategiche del governo di Dilma Rousseff, filosofo e già docente alla facoltà di legge di Harvard, in un'intervista di Roberto Riva per “Il Venerdì”; a proposito dell'Expo Unger ha affermato: «Expo? Questi eventi sono secondari. Ma il loro significato dipende dal contesto storico in cui si verificano. Se il paese è in sviluppo, se sta costruendo un'immagine di sé, allora possono contribuire. Ma se questi eventi sono usati per mascherare la confusione nazionale e fare del Paese un parco per il divertimento dei turisti, allora è un disastro».
Il filosofo ha perfettamente ragione. Parigi nel 1900 era pronta a decollare, dando una nuova immagine di sé al mondo. L'Italia, che oggi è come dire il mondo intero, nella crisi è ancora immersa; per noi tutti risalire dalle sabbie mobili è difficile, ma l'Expo, più che un paio di ali, potrebbe essere davvero l'energia motrice per muovere i primi passi verso il cambiamento. Sarebbe frustrante e deleterio fallire in una simile occasione. expo2015-640x240
L'Italia, dunque, se la dovrà giocare davvero bene. Il programma degli incontri è interessante anche se passato in secondo piano: al proposito, e inevitabile lanciare una feroce critica al comportamento avuto fino ad oggi dai mass media.
L'immagine che da mesi stanno dando di questo evento è davvero riduttiva e frivola. Sembra quasi si sia architettato l'Expo della vanità, del consumismo e del presenzialismo; niente stupore, dunque, se intorno a Milano sono accampati i pericolosi “guasta feste” dalle sigle più svariate: block, riot, casseur, antiautoritaristi, Sexsta international e via dicendo.
E questo perché, attorno all'Esposizione Universale, fino ad oggi abbiamo visto gravitare scandali e scandaletti, stelle e stelline (ma non quelle della minestra), presenzialisti e star televisive, ricettari blasonati, architetti, design, e la nuova categoria dei professionisti da reality, i giudici dei numerosissimi talent show per cuochi, parrucchieri, stilisti e cantanti. E questo lo scenario che la stampa sembra aver preferito evidenziare.
Abbiamo visto arrivare attori hollywoodiani (Di Caprio, Brosnan), cantanti rock (Tina Turner) invitati da Giorgio Armani alla prima del Nabucco alla Scala, come se la rubrica di amici dello stilista che imperò sul set di Dallas, possa interessare gli agricoltori del Burundi, paese tra i più affamati al mondo che ha speso un milione di Euro per essere presente a questo che, causa i media nazionali, sembra un “party mondano”.
Roberta Armani Leonardo DiCaprio Tina Turner e Giorgio ArmaniLa stampa, che da troppo tempo è diventata pigra, interessata e strumentale, come sempre dribbla l'impegno a favore del divertimento, del lucro e delle notizie da odiens. Insomma, questo Expo fino ad oggi è apparso soltanto come una festa esclusiva dove trionfa il messaggio consumistico, basta guardare lo spazio dedicato ai gadget o alle pagine sugli abiti fatti con il cibo dai grandi stilisti. Per carità, anche questo fa muovere l'economia, ma come sempre i riflettori hanno puntato soltanto sugli aspetti marginali, sugli ospiti motivati dalla “voglia di inseguire “La grande bellezza” come, guarda a caso, ha titolato Repubblica oggi, più ammirata che polemica.
Ecco che in tutto questo fasto ben propagandato, il vero protagonista dell'evento, il cibo, è passato in secondo piano. In questi ultimi mesi avremmo preferito vedere i mass media, giornali, televisioni e web, impegnarsi in interviste sull'agricoltura e sulla nutrizione nel mondo. Avremmo preferito vedere dibattiti televisivi tra economisti, agricoltori e ministri.
Speriamo che ora, a evento iniziato, l'attenzione si sposti, finalmente, là dove dev'essere.  bd385d00-aaf3-11e4-a3b3-d5a4dc41b095_Schermata-2015-02-02-alle-16-52-39
E questo perché, ad esempio, preferiremmo che il mondo intero conoscesse gli esisti del convegno sul riso, piuttosto di come “cade” la pannocchia cucita sul pube di una modella.