Le polemiche fra Trieste e Udine su “Repubblica delle Idee”

L'Assostampa del Friuli Venezia Giulia ha diffuso una lettera aperta “inviata” virtualmente all'ingegner Carlo De Benedetti, imprenditore ed editore del gruppo Espresso-Repubblica e di conseguenza padrone dei due quotidiani locali superstiti “cucinati” in regione. Siccome siamo convinti, ma speriamo di essere smentiti, che i giornali locali appartenenti al “gruppo” sopracitato difficilmente decideranno di pubblicare la posizione polemica, lo facciamo noi nella parte “free” del nostro giovane giornale web, perchè possano leggere anche i non abbonati.

A scrivere la lettera aperta che polemizza sulla organizzazione della manifestazione “Repubblica delle idee” svoltasi la scorsa settimana ad Udine, è un giornalista e politico triestino, Pierluigi Sabatti. Per chi non lo conoscesse, si legge nel suo profilo nel sito web della Lista civica “Trieste Cambia”: “Sono nato nel 1950. Laureato in legge. Ho fatto il giornalista per quarant’anni principalmente al Piccolo, ma ho collaborato con le radio libere, quando sono nate, poi con la Rai e con giornali nazionali e stranieri. Mi sono occupato di politica estera, di minoranze e di confini. Ho scritto un paio di libri e di commedie. A spingermi in politica, a sostegno di Cosolini sindaco, è stato “Progetto Comune”, gruppo nato spontaneamente per contribuire a cambiare la nostra città”.

Insomma Pierluigi Sabatti è quello che, semplificando, si potrebbe etichettare come un intellettuale di sinistra.

Nella sua lettera, che rischia di aprire una polemica inevitabilmente di campanile, Sabatti scrive: “Ingegner De Benedetti, l’aver organizzato a Udine le giornate della “Repubblica delle idee” dedicate alla multiculturalità mi ha stupito perché se c’è una città in questa regione in cui la multiculturalità è di casa da secoli quella è Trieste. Non faccio questioni di campanile, ma di tradizioni. Le ricordo che il Friuli celebrerà, con fondi regionali, la “Fieste Patrie dal Friul” che non mi sembra multi ma mono-culturale. Mi è stato anche detto che si è scelto il capoluogo friulano, e il suo giornale “Messaggero Veneto”, perché non ci sono le tensioni sindacali che invece si avvertono a Trieste. Ebbene, ingegnere, si è chiesto perché a Trieste c’è un così forte disagio, da far temere per la riuscita di una manifestazione del giornale-corazzata del suo gruppo editoriale? Evidentemente no. Eppure dovrebbe sapere che si sta smantellando un giornale nato nel 1881. Fondato da un geniale giovanotto di 21 anni, che aveva dovuto sin dai 14 mantenere la famiglia per la morte del padre. Un giovane che è stato un sostenitore della causa italiana e che perciò è diventato senatore del Regno. Anche se in vecchiaia, la sua origine ebraica, l’ha costretto a perdere” i suoi privilegi e il giornale. Caro ingegnere, l’aver realizzato qui la manifestazione (o anche altre iniziative) avrebbe sostenuto questo giornale, insieme magari a qualche investimento (i risultati economici del suo gruppo mi sembra che consentano qualche “larghezza”), nel rispetto di una storia che dura da 134 anni e in cui la città si riconosce. La politica che il suo gruppo sta facendo riguardo al Piccolo mi pare stia dando pessimi risultati, come la perdita di copie e di ruolo che si estendeva anche oltre i nostri confini. La prego di riflettere su queste considerazioni di un vecchio redattore del Piccolo, affezionato al suo giornale e alla sua città”.

Ora, al di là delle questioni di campanile, che anche se Sabatti nega sono evidenti, la questione è molto più seria delle solite e stucchevoli diatribe fra Trieste e il Friuli che ci hanno stancato non poco. Il problema non è evidentemente la lamentela sulla scarsa attenzione dell'ingegner De Benedetti al più antico blasone giornalistico regionale, ma quella ben più seria relativa al rischio che il quotidiano Il Piccolo venga ulteriormente ridimensionato e con lui il pluralismo informativo. Ma diciamo di più, il problema riguarda la libertà di stampa e la democrazia in questa regione. E' notorio e per alcuni versi comprensibile, in una logica meramente industriale legata al profitto, che il gruppo Espresso stia attuando un progetto di pianificazione delle sue strutture su scala regionale. É iniziato con la tipografia unica a Villesse, che ha goduto del discutibile appoggio economico della Regione in epoca Renzo Tondo e sta proseguendo in era Serracchiani, con buona pace dei paladini della libertà di espressione, quelli del “siamo tutti Chalie Hebdo”, attraverso un progressivo strangolamento di quello che appare il figlio più debole. Il Piccolo appunto, in una logica che alla fine potrebbe portare alle ulteriori “sinergie” che in realtà sono una surrettizia unificazione di fatto delle due testate. Insomma una operazione di “camouflage” partita da tempo e che magari attraverso il mantenimento formale dei loghi e delle testate, difficilmente delle direzioni, nasconderà una perdita di autonomia, esattamente come quella già avvenuta sul piano nazionale, visto che sia il Messaggero Veneto che Il Piccolo ricevono le pagine precotte a Roma. Il problema quindi è serio, non solo per i giornalisti del quotidiano triestino che rischiano di essere sempre di più ridotti in numero e marginalizzati nei contenuti, ma lo è per gli stessi colleghi friulani e per l'intero settore dell'informazione regionale ormai ridotto nella sua offerta pluralistica, fra ridimensionamenti e chiusure. Se non ci sarà la consapevolezza che ormai nel settore editoriale nessuno è più garantito, la battaglia democratica sul mantenimento di una informazione libera da condizionamenti, rischia di essere persa prima di iniziare. Per questo riteniamo che soprattutto alcuni toni di contrapposizione presenti nella lettera del collega Sabatti, cui va però il merito di aver aperto la discussione, sono sbagliati. E' solo una questione di tempo, ma se non vi sarà una inversione di tendenza il problema non sarà Trieste contro Udine, ma saremo tutti omologati al pensiero unico e alla gestione delle notizie che calerà dall'alto, come nei tempi più oscuri del secolo scorso. Catastrofismo? Difficile crederlo, in ogni caso aprire una riflessione su questo sarebbe opportuno, noi per quanto nelle possibilità del nostro giovane mezzo editoriale lo faremo certamente. "Repubblica delle idee" poteva essere un buon palcoscenico per discutere di queste cose, ma sarebbe stato come chiedere a Landrù di parlare delle sue mogli.

Fabio Folisi