Le motivazioni della sentenza che assolse De Luca: le sue parole non sono un reato

L'articolo 21 della Costituzione italiana che tutela la libertà d'espressione è uscito vincitore dal processo che vedeva lo scrittore Erri De Luca opposto alla società italo-francese Ltf per le dichiarazioni rilasciate in un paio di interviste a proposito della linea ad Alta Velocità (Tav) tra Torino e Lione. La causa intentata dall'azienda esecutrice di progetto e opere preparatorie si opponeva alla facoltà di esprimere un'opinione avversa: le motivazioni della sentenza di assoluzione (19 ottobre scorso) uscite oggi spiegano la conclusione del processo.

Il diritto a poter esprimere un'idea, anche forte, va distinta infatti dalla possibilità che possano essere compiuti reati nella realtà. De Luca aveva affermato, più di due anni or sono, che fosse giusto ostacolare la Tav: l'accusa dei pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino era quella di aver "istigato a sabotare e a danneggiare il cantiere Tav". Il tribunale ha creduto alla difesa che in aula lo scrittore ha fatto delle parole finite nelle interviste: Erri De Luca aveva spiegato il significato del verbo "sabotare" in un'accezione utilizzata da personaggi ben più celebri di lui, come Nelson Mandela e Mahatma Gandhi. "La Tav va ostacolata, - aveva affermato - impedita e intralciata, quindi sabotata per la legittima difesa della salute, del suolo, dell'aria e dell'acqua di una comunità minacciata".

Il giudice di Torino, Immacolata Iadeluca, spiega che è giusto condannare soltanto "in caso di condotte che presentano una forza di persuasione tale da poter stimolare nel pubblico la commissione di altri delitti del genere". Il riferimento è agli attacchi alla linea ferroviaria che, dal 2011, si erano ripetuti all'incirca per una cinquantina di volte. Lo scrittore napoletano, secondo il giudice Iadeluca, non ha provocato "attualmente e concretamente il pericolo di adesione a un programma illecito". Non si erano verificate infatti altre azioni da parte di No Tav o altri gruppi nel periodo successivo alle dichiarazioni rese pubblicamente da De Luca: le frasi 'incriminate' non avevano quindi modificato la situazione.

"L’elemento della concretezza del pericolo", si legge nelle motivazioni della sentenza, che "è la linea di demarcazione tra libertà di pensiero e istigazione" è venuto a mancare. E, di conseguenza, ogni possibile reato, compresa l'istigazione a delinquere.