L’assurda verità dell’Inps: le pensioni pubbliche pagate dai precari

L'Inps, l'Istituto previdenziale, fatica a digerire il "boccone amaro" dell'Inpdad (la fabbrica di pensioni pubbliche) e per il quarto anno di fila annuncia un bilancio in perdita. Il disavanzo stimato per il 2015 (5,65 miliardi di euro), infatti, corrisponde quasi perfettamente col passivo della ex gestione dei dipendenti pubblici, in perenne deficit strutturale. Dal 2012 si è provveduto al ripiano dei disavanzi accumulati ma solo per i dipendenti dello Stato, mentre la cassa per i dipendenti degli enti locali (Regioni, Province e Comuni) è ancora un buco nero con un patrimonio netto negativo da 48 miliardi di euro. Secondo quanto dichiara il Civ (organo di vigilanza dell'Inps), questa situazione è il risultato "dell'effetto delle pensioni di anzianità concesse in passato con requisiti molto bassi”.

Lo squilibrio si è andata via via aggravando ma viene la lontano, e data da almeno un decennio. A livello generale le pensioni pubbliche arrivano a 65 miliardi di euro, un quarto dell'intera spesa previdenziale, a fronte del pagamento di 2,8 milioni di pensioni su un totale di 20 milioni. Lo squilibrio risulta evidente: per pagare poco più di un decimo delle pensioni si spende un quarto del totale. Ne risulta un valore medio molto più alto di quello pagato nel settore privato (almeno il 50%), come se non bastasse, oltre ad essere più generose spesso tali pensioni sono di anzianita e, quindi, con livelli più bassi di contribuzione.

A tutto questo si aggiungono i fondi di categoria (fondo elettrici, telefonici, trasporti, ecc.) tutti in rosso e assorbiti dall'Inps, che contribuiscono a erodere l'avanzo (9,4 miliardi) del fondo principale dell'Inps, quello dei lavoratori dipendenti che, di fatto, paga i conti per tutti. Almeno per ora.

Considerando che l'Inps copre l'intero sistema del Welfare, pagando le pensioni di invalidità e sociali (prive di entrate contributive), il castello della previdenza italiana sembra destinato a crollare, schiacciato dal peso dei propri debiti. Di fatto tutto resta in piedi grazie ai contributi dei giovani o più precisamente dei parasubordinati (i precari per eccellenza, ndr), una gestione che attualmente ha molti iscritti e pochi pensionati. Questo gli consente, per ora, di avere avanzi di gestione molto elevati (5,2 miliardi nel 2015) e un ingente patrimonio in cassa (oltre 100 miliardi), sufficiente a coprire i deficit di tutte le altre casse. Si tratta di un paradosso destinato a finire, dato che prima o poi anche i precari dovranno prima o poi iniziare ad incassare quanto stanno oggi versando (il condizionale è d'obbligo). (G.S.)