Las Vegas: Una strage tutta a stelle e striscie

Quanto avvenuto a Las Vegas non è un attentato di matrice terroristica, ma è una strage tutta made in Usa. Non solo perchè la drammatica azione si è svolta in una delle città simbolo degli States ma perchè tutta la dinamica sprizza “americanità”. Il concerto di musica country, il grattacielo da cui ha sparato l'attentatore, ma soprattutto l'enorme disponibilità di armi da guerra in mano al 62enne pensionato Stephen Paddock, al quale,  anziché collezionare canne da pesca, le scellerate norme americane hanno consentito di raccogliere 42 fra pistole e fucili alcuni dei quali mitragliatori. Nella sua abitazione la polizia ha recuperato anche migliaia di munizioni e dell'esplosivo. Secondo alcuni media Usa che citano esperti di armi, il killer avrebbe utilizzato un "grilletto a manovella' per aumentare il numero di colpi esplosi. Un marchingegno del genere - spiegano - è facilmente acquistabile online e permette di sparare circa 700 colpi al minuto, dunque oltre dieci al secondo. Una potenza di fuoco tale che la canna del mitragliatore era diventa incandescente innestando per il fumo e calore il sistema d'allarme della camera d'albergo che ha consentito alal polizia di individuare la camera dalla quale si sparava. Incredibile come è noto il bilancio della strage, 59 persone morte e ben 529 ferite. Un record diabolico di cui andranno fieri i produttori di armi Usa. "Non sappiamo come avremmo potuto prevenire questa strage", ha spiegato lo sceriffo, Joseph Lombardo, ricordando che prima dell'attacco di domenica sera Paddock non aveva fatto nulla che potesse insospettire le autorità, dimenticando che l'acquisto di decine di armi e di migliaia di proiettili, fossimo ad esempio stati in Europa, avrebbero fatto scattare più di un campanello d'allarme. Questa constatazione dovrebbe far riaprire negli Usa la discussione sulla libera vendita di fucili e pistole ed invece i titoli di produttori di armamenti hanno registrato un rialzo a Wall Street perchè vi sembrerà assurdo ma i matti come quelli di Las Vegas diventano un viatico per l'acquisto di altre armi dato che gli “appassionati” sospettano l'arrivo di una possibile stretta e si danno agli acquisti preventivi. E' stata Hillary Clinton a puntare il dito contro la potentissima lobby americana delle armi e anche il fondatore di Facebook, Zuckerberg, ha chiesto maggiori controlli. Ma la Casa Bianca non dà seguito alle polemiche. "C'è un tempo e un luogo per il dibattito politico, ma non è ora", taglia corto la portavoce Sarah Sanders. E poi aggiunge: "Il presidente è un convinto sostenitore del secondo emendamento (che garantisce ai cittadini di possedere armi, ndr) e adesso non ha altro da aggiungere.
Ma chi era Stephen Paddock, nato il 9 aprile del 1953. Ufficialmente era un tranquillo e più che benestante pensionato. Dal 2013 era proprietario di una casa in un complesso residenziale per over 55 a Mesquite, alle porte di Las Vegas, ma in passato aveva vissuto in Texas e California. In realtà era suo padre ad aver avuto una vita spericolata, era infatti un rapinatore di banche. Si chiamava Benjamin Hoskins Paddock e per anni era stato nella lista dei criminali più ricercati dall'Fbi dopo una rocambolesca fuga da un carcere federale del Texas dove stava scontando una condanna a vent'anni, per lui la diagnosi era quella di "psicopatico" con "tendenze suicide". Ma il figlio Stephen invece aveva vissuto una vita tranquilla, certo frequenti le visite a Las Vegas dove trascorreva giorni nei casinò degli alberghi grazie anche alla sua situazione finanziaria agiata tanto che non solo aveva un brevetto da pilota, ma possedeva due aerei.
Neppure le parole del fratello Eric servono per capire quanto avvenuto nella testa di Stephen, secondo cui "non era assolutamente un fissato per le armi”. Eric ha raccontato che il fratello non aveva alcuna affiliazione politica o religiosa e "non c'era alcuna indicazione che potesse fare una cosa del genere. Era uno normale. Qualcosa deve essere successo, deve aver perso la testa, siamo scioccati". Paddock aveva una compagna, Mary Lou Danley, 62 anni, cittadina australiana di origini asiatiche che in un primo momento era stata segnalata come possibile complice dato che il killer aveva usato un documento della donna per registrarsi. Lei invece si trovava all'estero edè stat immediatamente scagionata, anche se forse potràa contribuire alla comprensione di quanto avvenuto. Intanto ancora decine di persone lottano negli ospedali fra la vita e la morte