L’addio al maestro dell’ “immateriale”

manoel-de-oliveiraIl Festival Internazionale Onde Mediterranee, con il suo Presidente Giancarlo Velliscig, desidera ricordare il grande Maestro del cinema del '900, Manoel de Oliveira, spentosi il 2 aprile, a 106 anni, nella sua casa di Oporto.

Nato a Porto l'11 dicembre 1908, nonostante i suoi 106 anni continuava a essere considerato il più grande regista e sceneggiatore che il Portogallo avesse mai avuto. Fino agli ultimi giorni aveva scelto di stare dietro la cinepresa: aveva infatti festeggiato il 106° compleanno con l'uscita in patria del suo ultimo cortometraggio, O Velho do Restelo (Il vecchio di Restelo), presentato all'ultima Mostra di Venezia.

Nel 2004, pochi giorni prima di ricevere il "Leone d'Oro" alla carriera a Venezia, de Oliveira fu ospite del Festival del Cinema Mediterraneo di Grado, organizzato da Onde Mediterranee, dove ritirò il premio Città di Grado e presenziò, al Parco delle Rose, alla proiezione di "Um filme felado" (Un film parlato), nel quale aveva diretto John Malkovich, Catherine Deneuve, Irene Papas e la nostra Stefania Sandrelli. Uno dei tanti capolavori in quasi ottant'anni di cinema.

Uomo di cultura, ma anche grande buongustaio e bon vivant (buongustaio), Manoel Cândido Pinto de Oliveira apprezzò molto la visita gradese, dove soggiornò per circa una settimana, accompagnato dal nipote Ricardo Trêpa (anche interprete del suo film "Il Quinto Impero - Ieri come oggi").

Il suo più recente lungometraggio, "Gebo e l'ombra", la cui protagonista è Claudia Cardinale, è del 2012 ma il maestro portoghese, fino all'ultimo, non si è mai separato dalla macchina da presa.

«Il cinema è immateriale - raccontava. - La macchina da presa, la sala, lo schermo, sono materiali, ma le immagini sono immateriali. Quando dico che il cinema è anche teatro, voglio dire che il teatro è la rappresentazione della vita, mentre il cinema è anche la rappresentazione della vita ma in questo senso è sempre teatro, perché riproduce l’essenza stessa della vita: le convenzioni. Se mi tolgo il cappello per salutare, questa è una convenzione, una cortesia, ma se esulo dalla convenzione, questo gesto non ha più alcun significato. Le convenzioni rappresentano la vita sia nel cinema che nel teatro».